Un medico associato dell’università e ex direttore dell’unità oculistica del policlinico di modena è stato coinvolto in un’inchiesta per peculato. Secondo le accuse avrebbe svolto prestazioni private senza registrarle e incassato i compensi in contanti, senza versarli o segnalarli all’ente pubblico di appartenenza. L’indagine ha portato al sequestro preventivo di circa 360mila euro da parte del nucleo di polizia economico-finanziaria di modena, su mandato della procura locale.
La scoperta del mancato registro delle visite private
L’inchiesta dei finanzieri si è innescata a seguito di controlli fiscali sul medico, che aveva comunque annotato le visite e i compensi solo sulle proprie agende personali. Il professionista era autorizzato a svolgere attività libero-professionale intramuraria ambulatoriale, cioè visite private nel proprio studio, ma in modo regolamentato e trasparente con l’ospedale. Invece, le visite sarebbero state effettuate al di fuori delle registrazioni ufficiali. Così il medico avrebbe ricevuto denaro senza far transitare alcun flusso economico verso l’ente pubblico, un comportamento che viola le convenzioni sottoscritte.
Le risultanze delle verifiche hanno fatto emergere un ammanco complessivo superiore a 360mila euro, cifra corrispondente alle somme incassate senza tracciabilità. La Procura di Modena ha quindi delegato le fiamme gialle a eseguire il decreto di sequestro preventivo per equivalente: un provvedimento cautelare finalizzato a conservare in attesa di eventuale confisca la somma sottratta al policlinico.
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Il profilo professionale coinvolto e l’attività contestata
Il medico sotto inchiesta è un professore associato universitario e ha rivestito il ruolo di direttore operativo dell’unità di oculistica del policlinico di modena. Era abilitato a svolgere visite specialistiche in regime libero-professionale, pratica regolata che prevede registrazioni formali, tracciabilità dei pagamenti e condivisione degli utili con la struttura pubblica.
La contestazione verte proprio sull’omessa documentazione delle prestazioni e sull’incasso in nero. Periodicamente il professionista annotava alcune prestazioni sulle agende cartacee, ma senza trasmetterle agli uffici amministrativi dell’ospedale né versare i relativi importi. La condotta ha determinato un danno economico concreto all’ente, in quanto risorse che sarebbero dovute entrare nelle casse pubbliche non sono state registrate.
A carico del medico è quindi scattata l’accusa di peculato, reato che si configura quando un soggetto pubblico si appropria o gestisce in modo illecito denaro o beni appartenenti all’amministrazione pubblica. L’operazione dei finanzieri ha portato al blocco delle somme ritenute oggetto di appropriazione indebita.
La procedura del sequestro preventivo e gli sviluppi sulle indagini
Il tribunale di modena, su richiesta della procura, ha disposto il sequestro preventivo per equivalente, misura che consente di vincolare patrimoni, anche mobiliari, pari all’importo oggetto di reato. Lo scopo è evitare che il danaro sparisca prima di una possibile confisca definitiva.
L’esecuzione del provvedimento è avvenuta nei giorni scorsi ad opera del nucleo di polizia economico-finanziaria di modena, che ha proceduto al blocco della cifra superiore ai 360mila euro. Le indagini sono tuttora in corso per verificare ogni dettaglio della vicenda, la posizione del medico e accertare eventuali responsabilità ulteriori.
L’inizio delle indagini e le segnalazioni fiscali
Le verifiche sono partite da una segnalazione durante il controllo fiscale, quando sono emersi scostamenti tra i redditi denunciati e i flussi contanti rilevati. La mancata comunicazione dei compensi ha rappresentato il fulcro dell’accusa, oltre alle omissioni nella rendicontazione delle visite specialistiche.
Il procedimento penale potrebbe coinvolgere anche la revisione dei contratti e delle procedure dell’attività libero-professionale intramuraria, per prevenire casi analoghi. L’ospedale e gli organi preposti monitorano la situazione in attesa di sviluppi e di eventuali chiarimenti forniti dall’indagato.
“La trasparenza nelle pratiche professionali è fondamentale per la fiducia nell’ente pubblico,” hanno commentato fonti vicine alle indagini.