Tre anni dopo il grave incidente sul ghiacciaio della marmolada, un gruppo di scienziati ha ricostruito con precisione cosa ha scatenato il crollo che ha travolto gli alpinisti presenti. Quella tragedia ha segnato la storia dell’alpinismo sulle dolomiti e causato 11 morti e diversi feriti. Lo studio, pubblicato sulla rivista natural hazards and earth system sciences, getta nuova luce sui fattori che hanno portato alla frana di oltre 70.000 metri cubi di ghiaccio a 3.200 metri di quota.
La composizione del team e l’approccio multidisciplinare alla ricerca
La ricerca è stata condotta da un gruppo di esperti provenienti da più università e istituti europei e sudafricani. Il team comprendeva glaciologi, geologi, ingegneri e geofisici, con rappresentanti dall’università di parma, padova, trieste, stellenbosch, e zurigo. A collaborare c’erano anche l’istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale e arpav.
Raccolta dati e primi risultati
Questi esperti hanno raccolto dati provenienti da rilievi di precisione, documentazione storica e modelli fisici e matematici. L’obiettivo era capire se fosse stato possibile prevedere l’instabilità che ha portato al distacco del ghiacciaio. Roberto francese, geofisico e ricercatore a parma, ha spiegato che non si è trattato di un singolo elemento scatenante. Roberto valentino, docente di geotecnica, ha sottolineato come più fattori critici abbiano agito insieme, generando una condizione instabile che ha spinto il ghiaccio a cedere.
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Dinamica del crollo e fattori esclusi dalla ricerca
Il materiale ghiacciato si è distaccato da una zona con pendenza fino a 40 gradi ed è scivolato per oltre 2,3 chilometri. Si stima che la massa abbia raggiunto velocità comprese tra 80 e 90 km/h durante la caduta. Le analisi sismiche hanno escluso la possibilità che il movimento fosse stato innescato da un terremoto: nessun evento di questo tipo è stato registrato in zona.
Cause multiple alla base del distacco
Il distacco non è stato causato da una singola causa, ma da diverse concause. Tra queste c’è stata una fusione del ghiaccio e della neve accelerata da temperature record nella primavera e nell’estate del 2022. Inoltre, l’acqua derivata dallo scioglimento si è accumulata in crepacci profondi e ostruiti, provocando pressioni idrauliche crescenti che hanno spinto dall’interno il ghiacciaio. Infine, il permafrost sotto la roccia si è degradato, riducendo la coesione tra ghiaccio e roccia e rendendo più instabile la base. La conformazione del letto roccioso, con pendenze elevate e uno strato di detriti ghiacciati poco compatto, ha favorito lo scivolamento.
L’instabilità del ghiacciaio e i rischi nelle aree alpine e andine
Il ghiacciaio marmolada ha raggiunto un punto critico. La temperatura interna era alta e la base fragile: l’acqua in pressione nei crepacci e alla base della massa di ghiaccio ha fatto il resto, innescando la spinta che ha portato al crollo. Aldino bondesan, geografo dell’università di padova, ha indicato così l’origine delle condizioni che hanno preceduto l’evento.
Frequenza dei distacchi improvvisi e impatto futuro
Questi episodi di distacchi improvvisi e massicci sono in aumento nelle regioni alpine e nelle Ande. La causa è la rapida diminuzione della massa glaciale e il deteriorarsi del permafrost. Questi fenomeni rendono più frequenti incidenti simili, con conseguenze pesanti per chi frequenta le montagne e per gli abitanti delle zone limitrofe. Il monitoraggio costante e la ricerca scientifica restano strumenti fondamentali per riconoscere situazioni a rischio e contrastare ulteriori tragedie.