L’Italia si conferma il paese europeo con la popolazione più anziana e mostra un invecchiamento più rapido rispetto al resto d’Europa. Al primo gennaio 2024, l’età media degli italiani ha superato i 48 anni, un dato ben al di sopra della media europea. Questo fenomeno apre nuovi interrogativi sulla qualità della vita, la pianificazione sociale e finanziaria, e spinge a riflettere sulle risorse necessarie per gestire una società che vive più a lungo ma con nuove esigenze.
Il dato sull’età media in europa e la posizione dell’Italia
Secondo i numeri pubblicati da Eurostat, l’età media in Italia al primo gennaio 2024 è arrivata a 48,7 anni. Questo punto di osservazione colloca il paese come il più anziano in tutta l’Unione europea. Per avere un paragone, la media europea si attesta intorno ai 44,7 anni, mentre dieci anni fa l’Italia registrava una media di 44,7. Nei dieci anni dal 2014 al 2024 l’età media italiana è salita di 4 anni, un aumento sostanziale se confrontato con l’incremento di poco più di due anni osservato nel complesso europeo.
Dietro all’Italia seguono la Bulgaria e il Portogallo con una media di circa 47,1 anni, e la Grecia con 46,9. Si tratta di una tendenza che coinvolge più paesi oltre il solo contesto italiano. Questo processo di invecchiamento non è un fenomeno isolato ma rientra fra i megatrend sociali che stanno rimodellando la struttura demografica dei paesi europei e mondiali negli ultimi decenni.
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L’attenzione alla qualità della vita nella longevità
Il National Innovation Centre for Ageing, con base nel Regno Unito, ha segnalato come già oggi oltre due miliardi di persone nel mondo abbiano più di 50 anni. Il potere di acquisto di questa fascia di popolazione supera i 30 mila miliardi di dollari, una cifra che mette in evidenza l’importanza economica associata all’allungamento della vita.
Non si tratta più solo di misurare l’aspettativa di vita in anni, ma di valutare con altrettanta attenzione la qualità di ogni anno vissuto. La Harvard Business Review Italia ha discusso di come la sfida attuale sia legata alla longevità sana. Il focus si sposta sulla prevenzione, con una strategia che mira a modificare i fattori di rischio e quelli protettivi fin dalla prima età adulta. Il passaggio è notevole: contare solo gli anni non basta, serve guardare alla salute, alle condizioni fisiche e mentali che permettono di vivere quel tempo in modo soddisfacente.
In questo contesto assume importanza il concetto di “longevity literacy”, ovvero la capacità di comprendere le implicazioni di una vita più lunga, specialmente in relazione alla pianificazione finanziaria per il pensionamento. Negli Stati Uniti, una ricerca del TIAA Institute e del Global Financial Literacy Excellence Center ha rivelato che circa un terzo degli adulti sottovaluta l’aumento reale dell’aspettativa di vita, mentre circa un quarto ne ignora del tutto le dinamiche.
Le iniziative di unicredit per educare alla longevità
Nel panorama italiano, alcune realtà hanno preso l’impegno di approfondire e divulgare questi temi, tra cui UniCredit, che ha promosso ricerche e strumenti per comprendere meglio la longevità. Durante il primo Longevity Economic Forum, organizzato in collaborazione con il National Innovation Centre for Ageing del Regno Unito e Fidelity International, sono stati presentati dati e analisi su come la vita media in Europa evolverà nei prossimi decenni.
Secondo questi studi, la speranza di vita media nel continente potrebbe aumentare di 4,5 anni entro il 2050. Tuttavia, la speranza di vita in buona salute crescerà solo di poco più di 2 anni, raggiungendo poco più di 67 anni, accentuando così un divario significativo tra durata della vita e qualità di vita. Guardando ancora più avanti, oltre il 2050, si prospetta la possibilità che molte persone possano raggiungere i 100 anni o più. Questo significherebbe aggiungere quasi 30 anni di vita potenziale oltre l’attuale aspettativa.
UniCredit ha sviluppato due indicatori proprietari per descrivere il fenomeno: il Longevity Index e l’Empowered Living Indicator . Il primo misura la capacità dei sistemi sanitari, sociali e infrastrutturali di sostenere una vita più lunga e in salute; il secondo valuta aspetti più soggettivi, come il benessere percepito, la qualità delle relazioni, la libertà e la soddisfazione personale. Curiosamente, in alcuni paesi europei i risultati dei due indicatori divergono molto: ci sono nazioni con ottime infrastrutture ma un livello di benessere personale più basso, mentre altre meno attrezzate mostrano una maggiore contentezza a livello individuale.
Come si colloca l’Italia nel contesto della longevità
Italia figura al 14° posto su 30 paesi analizzati nel Longevity Index, segnalando una discreta preparazione nel sostenere vite lunghe ma in buona salute. Tuttavia emergono specifiche criticità. Il primo problema riguarda l’attività fisica: solo il 26,7% degli adulti italiani pratica con regolarità esercizio aerobico contro la media europea del 44,3%.
Le disuguaglianze regionali, con differenze marcate tra nord e sud del paese, contribuiscono a creare fragilità, insieme a problemi psicologici non trascurabili. In media, la speranza di vita in buona salute alla nascita in Italia è di circa 70,7 anni, un valore inferiore di quasi un anno se messo a confronto con i paesi nordici europei.
Il tasso di partecipazione a programmi di formazione continua da parte degli adulti fra i 25 e i 64 anni è molto basso, appena il 29,7%, rispetto a una media europea intorno al 46%. Questi indicatori evidenziano margini di miglioramento nelle abitudini quotidiane e nell’accesso alla formazione.
Non mancano però dati positivi. La speranza di vita complessiva in Italia è fra le più alte d’Europa e il 43,1% degli over 65 si dichiara in buona o ottima salute, risultato superiore rispetto al dato medio europeo, che si attesta al 39,6%. Nonostante ciò, l’Empowered Living Indicator colloca l’Italia al 28° posto, segno che il riconoscimento individuale della propria qualità di vita non è sufficientemente diffuso.
Il rinnovamento degli stili di vita e la nuova economia della longevità
L’Osservatorio su stili di vita e tempo libero, promosso da UniCredit, mostra come l’allungamento della vita stia modificando il modo in cui le persone interpretano il tempo libero e le priorità personali. Il calcolo delle ore potenziali di tempo libero di una vita di 100 anni supera le 270 mila ore, uno spazio che può essere dedicato alla cura della salute, alle relazioni e alla realizzazione personale.
Stanno emergendo concetti come la “Joy Renaissance”, basata su esperienze che stimolano sensazioni, emozioni e legami sociali. Anche la “Petgevity” sottolinea come il ruolo degli animali da compagnia sia divenuto centrale nel benessere affettivo e rigenerativo degli individui.
In parallelo, si sviluppa una nuova economia che si fonda sul benessere di lungo termine: nuovi consumi e servizi nascono per rispondere alle esigenze di chi vive più a lungo e vuole farlo con qualità. Le richieste riguardano prodotti per la salute, programmi di pianificazione non lineare della vita e servizi orientati alla persona.
L’esperienza del Longevity Economic Forum spinge a considerare strategie concrete per accompagnare la società in questa trasformazione. Gli operatori, i decisori e i cittadini sono coinvolti in un cambiamento dove la longevità non è solo un dato demografico, ma un punto di partenza per riflettere su come organizzare le nostre comunità future.