L'italia cambia posizione sulla direttiva europea contro le false dichiarazioni ambientali, nessuna maggioranza in consiglio ue

L’italia cambia posizione sulla direttiva europea contro le false dichiarazioni ambientali, nessuna maggioranza in consiglio ue

La direttiva europea Green Claims subisce un rallentamento dopo il cambio di posizione dell’Italia, con la Commissione europea che ritira la proposta per tutelare le microimprese e ricalibrare le regole contro il greenwashing.
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La direttiva europea Green Claims subisce un rallentamento dopo il cambio di posizione dell’Italia, che ha sollevato dubbi sull’impatto sulle microimprese, portando la Commissione europea a ritirare la proposta per rivederla e trovare un equilibrio tra lotta al greenwashing e tutela delle piccole aziende. - Gaeta.it

La direttiva europea sul contrasto alle false dichiarazioni ambientali, nota come Green Claims, affronta una fase critica. Dopo mesi di trattative, l’italia ha modificato la sua posizione, portando a un clima di incertezza sulle decisioni in sede europea. I co-relatori del Parlamento europeo hanno spiegato le cause di questa svolta, mentre la Commissione europea ha deciso di ritirare la proposta per la tutela delle microimprese.

Il cambio di posizione dell’italia sulla direttiva green claims

La posizione dell’Italia sul dossier Green Claims ha subito un cambiamento significativo negli ultimi giorni. Inizialmente favorevole, il nostro paese ha espresso dubbi e richieste di modifiche, complicando il percorso verso un accordo. Sandro Gozi e Tiemo Wölken, co-relatori di Parlamento europeo coinvolti nel negoziato, hanno spiegato in conferenza stampa che “l’Italia ha abbandonato la linea comune mostrata fino a poco tempo prima, creando così un assetto instabile nel Consiglio europeo.” Questa variazione ha inciso sulla capacità della maggioranza di trovare un’intesa sul mandato negoziale.

Il motivo principale dietro questo cambio riguarda l’impatto delle nuove regole soprattutto sulle piccole realtà aziendali, molto diffuse in Italia. Le nuove norme puntano a contrastare il “greenwashing”, cioè le dichiarazioni ambientali false o fuorvianti, ma rischiano di gravare con costi e oneri burocratici eccessivi sulle microimprese. La pressione di rappresentanti nazionali e associazioni di categoria ha portato il governo italiano a chiedere ulteriori valutazioni, rallentando così il processo.

Le preoccupazioni della commissione europea sulle microimprese

La Commissione europea ha dichiarato apertamente la sua preoccupazione riguardo agli effetti delle misure proposte sul tessuto imprenditoriale più fragile. Le microimprese, rappresentate da un numero vastissimo di aziende in tutta Europa, potrebbero trovarsi ad affrontare regole troppo rigide. Le norme pensate per garantire trasparenza e veridicità delle informazioni ambientali rischierebbero invece di generare oneri difficilmente sostenibili, compromettendo la sopravvivenza di molte imprese.

Lo scenario è particolarmente delicato visto che le microimprese costituiscono la spina dorsale di molte economie europee, compresa quella italiana, soprattutto nei settori artigianali e produttivi locali. La prudenza della Commissione si traduce quindi nel ritiro della proposta per rivedere e calibrare meglio le disposizioni della direttiva.

L’impatto sulle trattative in parlamento europeo e consiglio ue

I co-relatori Sandro Gozi e Tiemo Wölken hanno spiegato che il clima nel Parlamento europeo è cambiato a causa dell’assenza di una maggioranza chiara a sostegno del mandato da negoziare con il Consiglio europeo e la Commissione europea. Le divisioni emerse a livello nazionale, tra sostenitori e contrari alla versione attuale del testo, hanno reso impossibile portare avanti il negoziato. Questo ha portato la Commissione a ritirare la proposta per evitare un braccio di ferro senza fine.

Il ritiro della direttiva apre uno spazio per ricalibrare le regole, in particolare per offrire strumenti che non penalizzino microimprese, artigiani e PMI, senza però allentare la lotta al greenwashing e la salvaguardia del consumatore. Il Parlamento europeo e il Consiglio europeo dovranno ricominciare da capo i lavori, un percorso che potrebbe far slittare di mesi l’approvazione di una nuova normativa.

I rischi per la lotta al greenwashing in europa

La sospensione della direttiva rischia di rallentare la trasparenza sulle informazioni ambientali in Europa. Il fenomeno del greenwashing si è intensificato negli ultimi anni, con molte aziende che hanno diffuso dichiarazioni ingannevoli per attirare consumatori attenti all’ambiente. Le nuove regole miravano a definire criteri chiari e uniformi per evitare queste pratiche, proteggendo allo stesso tempo i migliori produttori e tutelando i cittadini.

Senza una direttiva chiara, resta un vuoto normativo che può favorire disinformazione e pratiche commerciali scorrette. Le imprese più virtuose potrebbero perdere terreno e i consumatori restano poco tutelati nel distinguere offerte realmente sostenibili da quelle di facciata. Si apre quindi un difficile equilibrio tra rigore normativo e tutela del tessuto economico più fragile.

Le prossime mosse in sede europea dopo il ritiro della proposta

Dopo l’annuncio della Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio europeo dovranno affrontare una lunga fase di revisione del testo originale. Si prevede la convocazione di nuovi tavoli tecnici in cui parteciperanno questi co-relatori e altri esperti, per elaborare una versione più equilibrata della direttiva. Questa dovrà contemperare la necessità di stringere le maglie su dichiarazioni ambientali false con la salvaguardia delle piccole imprese.

Saranno necessari studi più approfonditi sugli effetti economici delle disposizioni e un confronto con i governi nazionali per evitare ulteriori cambi di posizione o rotture nella maggioranza. La situazione resta fluida anche dopo il cambio di governo in alcuni paesi. Il percorso per una legislazione europea efficace sul Green Claims si presenta più complesso e lungo del previsto.

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