L’esame di maturità del 2025 ha scelto come tema principale l’indignazione, collegata al mondo dei social network. Marco Camisani Calzolari, esperto di intelligenza artificiale e cybersicurezza, ha commentato la traccia definendola attuale e capace di far riflettere gli studenti su un fenomeno che ormai coinvolge molti. Secondo lui, l’indignazione spesso si riduce a un gesto rapido e superficiale, come mettere un like o usare un hashtag, senza generare un impatto reale. Eppure, in certi casi, può scatenare eventi concreti, ma anche trasformarsi in odio e violenza, soprattutto se non accompagnata da consapevolezza.
L’indignazione social come gesto automatico e le sue implicazioni
Oggi, l’indignazione diffusa sui social appare spesso come un riflesso immediato davanti a certe notizie o eventi. Questo comportamento si manifesta con azioni semplici, quelle che non richiedono sforzi, come il cliccare su un “like”, condividere un post o aggiungere hashtag di protesta. Tali azioni però difficilmente si traducono in cambiamenti reali o in impegni duraturi.
Marco Camisani Calzolari sottolinea come questa modalità sia quasi diventata una routine per molti utenti online, spingendo a una indignazione di superficie piuttosto che a una partecipazione attiva. Il rischio in questi casi è che l’indignazione diventi uno sbattere di parole e simboli, senza un seguito concreto. Non a caso, questa dinamica tende a trasformare un tema serio in un semplice rumore di fondo sull’internet, spesso destinato a svanire dopo poche ore.
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Esempi concreti di movimenti nati dall’indignazione
Non sempre però l’indignazione resta confinata al virtuale. Ci sono esempi in cui diventa motore di manifestazioni pubbliche di protesta capaci di coinvolgere comunità e istituzioni. Camisani Calzolari cita alcuni casi come le manifestazioni contro il turismo di massa a Venezia e Genova.
In queste città, le preoccupazioni iniziate come discussioni online sono sfociate in presidi, incontri e richieste concrete. Anche i gravi femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula hanno mosso reazioni forti, dal web alle strade. Questi episodi dimostrano che l’indignazione vissuta con consapevolezza può creare segnali chiari e costruttivi nella società.
Il rischio di passare dall’indignazione all’odio e al razzismo
Dietro l’apparente spontaneità dell’indignazione digitale si nasconde un problema serio e spesso sottovalutato. Se gli utenti non si fermano a riflettere o a gestire le emozioni con equilibrio, l’indignazione può rapidamente prendere una piega violenta. Insulti, minacce e forme di razzismo trovano terreno fertile proprio in quelle reazioni emotive non ponderate.
Camisani Calzolari richiama l’attenzione sul fatto che spesso chi lancia messaggi aggressivi online pensa di non avere responsabilità, testimoniando un vuoto di responsabilità comune nel mondo digitale. Questa divulgazione di odio non rappresenta solo un problema sociale, ma genera conseguenze per i gruppi più vulnerabili e mina il dialogo democratico.
Indignazione come cultura o veleno sociale
Secondo Camisani Calzolari, il valore concreto dell’indignazione si misura nella sua capacità di generare riflessioni e discussioni utili per la società. L’indignazione deve tradursi in cultura democratica, ovvero in una spinta alla partecipazione informata e rispettosa.
Quando invece rimane solo un flusso di rabbia incontrollata, diventa fonte di divisione, ripetizione di stereotipi e alimenta sentimenti tossici. Nella prova di maturità, gli studenti sono invitati a distinguere questi aspetti e a mostrare consapevolezza sul potere e i rischi dell’indignazione.
Il loro compito è raccontare una realtà complessa, fatta di gesti social piccoli ma capaci, se ben indirizzati, di incidere sul presente, e di reazioni impulsive che possono degenerare. L’indignazione resta un tema centrale, capace di scuotere sia il mondo online che quello reale, per questo va affrontata con attenzione e responsabilità.