Liliana Segre, cittadina onoraria di Vercelli e testimone della Shoah, è recentemente al centro di un dibattito rovente, in gran parte alimentato dai social network. Le parole forti del sindaco Roberto Scheda, durante la Giornata della Memoria, hanno messo in evidenza l’intolleranza e l’odio che circondano la figura di Segre, una situazione che richiede una risposta decisa dalla comunità .
Il contesto dell’odio sui social
Nel corso delle celebrazioni organizzate dalla Prefettura, dal Comune e dalla Provincia di Vercelli nella sinagoga di via Foa, il sindaco Scheda ha denunciato l’odio che permea i social media. Ha definito questo fenomeno un “cancro comunicativo, sociale e culturale” della nostra società . I social sono diventati un terreno fertile per attacchi vigliacchi contro segnalazioni come quella di Segre, che è stata bersaglio di insulti e minacce. Questo comportamento risulta inaccettabile e richiama l’attenzione sulla necessità di difendere le figure che hanno vissuto tragedie immense e di cui la società deve riconoscere il valore.
Riferimenti alla storia e alla cultura
Il primo cittadino ha sottolineato che di recente è uscito un film che racconta la vita di Segre, intitolato ‘Liliana‘. Questo progetto cinematografico si inserisce in un momento storico delicato, in cui la figura della sopravvissuta alla Shoah viene sfruttata in modo vile da chi ignora o distorce la realtà storica. Scheda ha indicato che l’odio diretto nei confronti di Segre è alimentato da una frustrazione verso la politica attuale, accostando la sua identità alle origini dell’attuale primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Questo accostamento è stato strumentalizzato per giustificare insulti che non solo mancano di rispetto alla Segre, ma si pongono in aperto contrasto con i valori fondamentali di dignità e rispetto.
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La battaglia per la memoria
La testimonianza di Liliana Segre va ben oltre la sua persona; è un simbolo della lotta contro l’oblio della tragedia della Shoah. Durante l’intervento, il sindaco ha fatto riferimento alle parole di Primo Levi, che avvertiva della persistenza dell’infezione dell’odio anche dopo che la peste si era spenta. È un invito a non abbassare mai la guardia, a non permettere che questa narrazione tossica si diffonda ulteriormente, specialmente tra le nuove generazioni. Gli appelli a mantenere vivo il ricordo dell’orrenda realtà che avvenne nei campi di concentramento sono una chiamata all’azione per tutti. La storia deve insegnare e influenzare le future generazioni.
L’auspicio è che eventi come la Giornata della Memoria non siano solo commemorazioni, ma anche spunti di riflessione e azione concreta per combattere l’ignoranza e il pregiudizio, fornendo ai giovani gli strumenti necessari per instaurare una società più giusta e rispettosa della diversità . La sfida è quella di evitare che l’odio continui a insinuarsi tra le pieghe della comunicazione contemporanea, promuovendo una cultura dell’accoglienza e del dialogo.