L'età del padre ha un impatto significativo sul successo della fecondazione in vitro, dice uno studio internazionale

L’età del padre ha un impatto significativo sul successo della fecondazione in vitro, dice uno studio internazionale

Uno studio internazionale presentato all’Eshre 2025 a Parigi evidenzia come l’età paterna oltre i 45 anni riduca il successo della fecondazione in vitro e aumenti il rischio di aborto spontaneo.
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Uno studio internazionale presentato all’Eshre 2025 dimostra che l’età paterna oltre i 45 anni riduce le probabilità di successo della fecondazione in vitro, aumentando aborto spontaneo e diminuendo nascite vive, anche usando ovuli giovani, evidenziando l’importanza di considerare l’età maschile nelle valutazioni di fertilità. - Gaeta.it

L’idea che gli uomini possano avere figli a qualsiasi età continua a essere messa in discussione da nuove evidenze scientifiche. Un’indagine internazionale, presentata al congresso Eshre 2025 a Parigi, ha dimostrato che la qualità degli spermatozoi e l’età del padre influenzano sensibilmente l’esito dei trattamenti di fecondazione in vitro, anche quando si usano ovuli di donatrici giovani. Il lavoro ha confrontato i risultati ottenuti da coppie con uomini sotto e sopra i 45 anni, evidenziando variazioni importanti nei tassi di aborto spontaneo e di bambini nati vivi.

Lo studio e la metodologia adottata per isolare l’effetto dell’età paterna

Fra il 2019 e il 2023, sei centri in Italia e Spagna hanno raccolto dati su 1.712 cicli di donazione di ovociti, tutti con caratteristiche simili per concentrare l’attenzione sull’età del padre. Per evitare interferenze legate all’età o qualità delle uova, tutte provenivano da giovani donatrici con un’età media di 26,1 anni. Anche le donne riceventi erano di età media di 43,3 anni, ma si è considerato solo il primo trasferimento singolo di blastocisti per ciascun ciclo. Gli uomini sono stati divisi in due gruppi: quelli fino a 45 anni e quelli oltre i 45.

Risultati chiave dello studio

I risultati indicano che la fecondazione e lo sviluppo embrionale cominciavano in modo simile nei due gruppi, ma dai primi giorni di gestazione la situazione è cambiata. I tassi di aborto spontaneo sono stati del 23,8% nei padri oltre i 45 anni, contro il 16,3% osservato nei più giovani. Anche il numero di bambini nati vivi ha mostrato una differenza notevole: 35,1% nei più anziani contro il 41% nei papà più giovani. Questi dati confermano l’importanza di capire l’influenza dell’età maschile sulla riuscita del trattamento, in modo indipendente dai fattori materni.

I meccanismi biologici che legano l’età del padre alla qualità degli spermatozoi

Maria Cristina Guglielmo, embriologa e direttrice del laboratorio a Taranto, ha spiegato le cause di queste differenze. Con l’età, i processi cellulari negli uomini subiscono mutamenti che portano a un aumento degli errori nel DNA spermatogoniale, cioè nelle cellule che generano gli spermatozoi. Questi errori si traducono in un maggior numero di mutazioni e in anomalie cromosomiche, chiamate aneuploidie, che compromettono lo sviluppo dell’embrione.

In parallelo si osservano altri danni al DNA degli spermatozoi, come una frammentazione più elevata e alterazioni nella metilazione, un meccanismo epigenetico fondamentale per la regolazione genica. Questi fattori combinati incidono sulla capacità dello spermatozoo di avviare una gravidanza sana. L’effetto sull’embrione spiega l’aumento degli aborti e la diminuzione delle nascite vitali nei padri più anziani.

Implicazioni per le cliniche di fertilità e l’informazione ai pazienti

Secondo Guglielmo, è necessario un cambiamento nell’approccio adottato dalle cliniche di fertilità. Fino ad oggi, l’attenzione principale è stata sulla madre e sulla qualità degli ovuli, senza considerare con precisione come l’età del partner maschile influisca sulle probabilità di successo e sui rischi. Questo studio indica che anche l’età paterna va inserita nelle valutazioni preliminari e nelle consulenze rivolte alle coppie.

Migliorare l’informazione agli uomini

Le strutture dovrebbero informare meglio gli uomini sui rischi collegati ad una paternità tardiva e sulle potenziali conseguenze anche nel caso di tecniche avanzate come la donazione di ovociti. A livello pratico, i futuri studi promossi dal gruppo internazionale si concentreranno sullo studio dettagliato del danno al DNA spermatico, dello stress ossidativo e delle modifiche epigenetiche, con l’obiettivo di individuare possibili interventi o strategie di prevenzione.

Le prospettive sui rischi per la salute dei bambini concepiti con padri anziani

Non bastano i numeri relativi al successo della fecondazione per capire l’impatto dell’età paterna. Crescono le prove che correlano la paternità tardiva a un aumento di disturbi neurologici nei figli nati. Per questo sono già pianificati studi su larga scala per seguire a lungo termine i bambini nati da donazione di ovuli con padri over 45. In queste ricerche si ridurranno al minimo gli effetti materni per mettere in evidenza gli impatti esclusivi dell’età maschile.

Commenti sullo studio

Commentando il lavoro, Carlos Calhaz-Jorge, ex presidente dell’Eshre, ha sottolineato l’importanza di valutare con attenzione i risultati in fase di consulenza per coppie con uomini maturi. Secondo lui, distinguere ulteriormente tra uomini di 45-55 anni e oltre i 55 anni potrebbe aiutare a definire meglio i problemi legati all’età. Lo studio invita quindi a non sottovalutare l’età del padre quando si pianifica una gravidanza assistita.

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