Il richiamo alla compassione e all’umanità ha occupato il centro dell’attenzione di papa Leone XIV durante la catechesi del 28 maggio 2025. Riflettendo sulla parabola del Buon Samaritano, il pontefice ha ribadito come la pratica religiosa non garantisca di per sé un atteggiamento compassionevole o umano. Questa visione trova un’eco profetica nei testi giovanili di Joseph Ratzinger che più volte sottolineava la necessità di una testimonianza umana e autentica della fede cristiana, specie in tempi segnati dalla secolarizzazione e dai mutamenti sociali profondi. Le parole di entrambi indicano una missione chiara: essere innanzitutto umani, capaci di cura e attenzione verso l’altro, senza erigere barriere o atteggiamenti di superiorità.
L’insegnamento di leone XIV sulla parabola del buon samaritano
Durante la catechesi proposta mercoledì 28 maggio 2025, papa Leone XIV si è soffermato su uno dei passi più noti del Vangelo di Luca, la parabola del Buon Samaritano. Ha evidenziato come nelle relazioni quotidiane emergano le scelte che definiscono chi siamo realmente. La parabola mostra due ministri del Tempio di Gerusalemme che ignorano un uomo ferito abbandonato ai bordi della strada, mentre chi interviene e offre aiuto è un samaritano, figura tradizionalmente esclusa dalla comunità ebraica. Questa contrapposizione mette in luce un dato essenziale: la religiosità formale non assicura una vera risposta di compassione. Al contrario, la cura verso il prossimo è una questione innanzitutto umana. Leone XIV ha sottolineato che essere ministri di Dio o praticanti religiosi non protegge dall’indifferenza e che la vera fede si manifesta nella capacità di lasciarsi vulnerabilmente coinvolgere dalla realtà e dalle sofferenze altrui. Questa attenzione all’altro senza pregiudizi diventa così la strada per vivere e testimoniare il Vangelo stesso.
Don joseph ratzinger e le riflessioni sulla società secolarizzata
Già nel 1959, Joseph Ratzinger, all’epoca giovane docente all’università di Bonn, affrontava con precisione i cambiamenti culturali e sociali connessi alla crescente secolarizzazione. Nel suo saggio “I nuovi pagani e la Chiesa” affrontava il tema della testimonianza cristiana in un mondo meno affidato a riferimenti religiosi espliciti. Definiva il cristiano come “un uomo gioioso in mezzo agli altri” e prossimo soprattutto dove non si può applicare il semplice concetto di fratellanza cristiana. L’essere testimoni non significava imporre la fede con forzature o prediche, ma mostrare un’indole aperta, un atteggiamento umano autentico e attraente. Ratzinger sottolineava la necessità di evitare un atteggiamento di superiorità o aggressività verso i non credenti. Più che un predicatore insistente, il cristiano doveva essere un compagno di viaggio, un volto capace di suscitare interesse con gesti concreti di vicinanza e rispetto. Questa prospettiva mostrava già una chiave per resistere all’indebolimento della cristianità occidentale: la rinascita non nasceva dall’esclusione ma dalla condivisione umana e dalla compassione.
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La missione cristiana tra umanità e testimonianza vivente
Nel contesto attuale, riconosciuto come un periodo di profonde trasformazioni culturali e sociali, le parole di Leone XIV e le intuizioni di Ratzinger si intrecciano in una stessa linea di pensiero. La missione cristiana assume una dimensione che supera il semplice rito o adesione dottrinale. Consiste nel prendersi cura delle persone al di là di qualsiasi distinzione o giudizio. Il cristiano deve essere capace di aprirsi all’altro e cogliere le esigenze umane che si manifestano nelle situazioni concrete di fragilità. La testimonianza più autentica nasce da questa umanità vissuta. Spesso, proprio chi è considerato “altro” o “impuro”, come il Buon Samaritano nella parabola, mostra la vera via della compassione. Ciò implica superare ogni forma di orgoglio o esclusione che può nascondersi anche dentro le comunità religiose. La pratica della fede, senza questa attenzione concreta, rischia di ridursi a un simbolo senza sostanza. Lo scenario attuale chiede quindi figure umane e aperte, capaci di accompagnare senza riserve chiunque incontrino, facendo della compassione un gesto tangibile della parola cristiana.