Il rapporto Svimez sull’economia del Centro Italia segnala una battuta d’arresto per le Marche nel primo semestre del 2025. Mentre la media regionale cresce intorno all’1,8%, le Marche restano a zero percento, un dato che scuote i riflettori sul tessuto produttivo e sociale marchigiano. I fondi europei del Pnrr e i 14 miliardi per la ricostruzione post terremoto non hanno finora prodotto gli effetti sperati. Queste cifre spingono alcuni rappresentanti politici a chiedere un immediato cambio di rotta.
Dati svimez e il confronto con il centro italia: le Marche fuori dal gruppo
Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ha pubblicato un rapporto che mette a confronto le dinamiche economiche delle regioni del Centro Italia. I numeri mostrano che la crescita media del Centro Italia si attesta all’1,8%, mentre le Marche registrano un tasso di crescita economica nullo. Questo dato indica una stagnazione che pesa sulla capacità di sviluppo della regione.
Il rapporto coinvolge vari indicatori, dall’occupazione al PIL regionale e dagli investimenti pubblici a quelli privati. Sebbene il Pnrr abbia stanziato ingenti risorse, la loro destinazione e utilizzo sulle Marche non hanno ancora sortito effetti tangibili. Anche i fondi destinati alla ricostruzione successiva ai terremoti che hanno colpito il territorio sembrano non aver innescato un vero rilancio. Il risultato è un quadro di incertezza economica che si riflette anche sull’occupazione e sul quotidiano delle imprese locali.
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La posizione di matteo ricci sullo sviluppo regionale e l’uso dei fondi pubblici
Matteo Ricci, europarlamentare e candidato alla presidenza della regione Marche, ha espresso la sua delusione di fronte ai numeri Svimez. Ricci sottolinea come la destra, che ha votato contro i fondi del Pnrr, abbia avuto un ruolo negativo nel bloccare la crescita. La sua analisi punta a evidenziare l’importanza di sfruttare al meglio i finanziamenti pubblici per rilanciare la regione.
Secondo Ricci, la stagnazione non è un destino ineluttabile ma un segnale di un sistema che necessita di rinnovamento profondo. Non basta solo aspettare che arrivino altri fondi, serve un cambio di marcia nella gestione delle risorse e una nuova strategia per rendere le Marche competitive. L’esponente democratico sostiene che la regione deve diventare più forte, più conosciuta e più protagonista in Italia, soprattutto nel settore del turismo, in particolare quello culturale che in queste zone ha un grande potenziale ancora inespresso.
Le proposte per la rinascita economica marchigiana: turismo, innovazione e manifattura
Ricci mette nero su bianco alcune linee guida per far uscire le Marche dalla stagnazione. Il primo punto è far crescere il turismo, puntando soprattutto sulle ricchezze culturali e artistiche della regione. Castelli, musei, eventi culturali potrebbero attrarre un pubblico più ampio se gestiti in modo più efficace e promossi con una strategia condivisa.
Il secondo punto riguarda l’innovazione. In particolare, Ricci suggerisce di applicare tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale nelle attività manifatturiere tipiche della regione. Questo intervento potrebbe aumentare la produttività e aprire nuovi mercati. Inoltre, occorre sostenere l’imprenditoria sostenibile e aiutare gli artigiani e imprenditori locali a esportare i loro prodotti, valorizzando così il patrimonio industriale ed artigianale marchigiano sul piano internazionale.
Oggi, le imprese della regione faticano a emergere in un mercato sempre più globalizzato. Ricci chiama quindi a un impegno collettivo, unendo politica, imprese e cittadini, per trasformare le Marche in un luogo che non solo resiste alle difficoltà, ma prova a crescere mediante idee concrete e strumenti realistici. Il cambiamento appare indispensabile per proteggere il tessuto economico e sociale della regione.
Il contesto socioeconomico e la sfida per il futuro delle Marche
Non è un caso che il dibattito pubblico sulle Marche ruoti intorno alla capacità di attrarre investimenti, creare lavoro e sostenere i settori tradizionali senza rinunciare a nuove opportunità. La regione, infatti, si trova a un crocevia critico: da un lato conserva antiche tradizioni manifatturiere, dall’altro deve affrontare sfide globali come la digitalizzazione e i mutamenti del mercato del lavoro.
Il terremoto del 2016 ha lasciato segni profondi sulle comunità locali, la ricostruzione segue tempistiche lunghe e complesse. I 14 miliardi stanziati per questa emergenza non si sono tradotti ancora in una ripresa solida e percepibile. Questo crea un clima di attesa teso, dove imprenditori e cittadini chiedono risposte concrete.
Il rischio è che le Marche restino ai margini del tessuto economico nazionale, non riuscendo a compiere quel salto necessario per diventare punto di riferimento anche per settori emergenti. Nel corso del 2025, diventerà essenziale supervisionare da vicino gli sviluppi e capire se le risorse pubbliche sono effettivamente impiegate a favore di progetti concreti, capaci di generare posti di lavoro e crescita evidente.
Si prepara quindi una stagione decisiva per la regione, dove la gestione di fondi, la valorizzazione del territorio e la capacità di innovare determineranno il futuro economico e sociale delle Marche negli anni a venire.