La violenza di genere e i femminicidi: un anno dopo il caso di Giulia Cecchettin

La violenza di genere e i femminicidi: un anno dopo il caso di Giulia Cecchettin

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha stimolato un’importante riflessione sulla rappresentazione della violenza di genere nei media italiani, evidenziando la necessità di un linguaggio più responsabile e formazione per i giornalisti.
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La violenza di genere e i femminicidi: un anno dopo il caso di Giulia Cecchettin - Gaeta.it

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha segnato un momento cruciale nella consapevolezza collettiva riguardo alla violenza di genere in Italia. In un anno caratterizzato da una crescente attenzione su questo tema, il giornalismo ha avviato una riflessione profonda sulla rappresentazione della violenza nei media. Questa evoluzione è stata discussa da Flaminia Saccà, accademica dell’Università La Sapienza e presidente dell’Osservatorio Step, in occasione di una conferenza presso la sede della Federazione nazionale della Stampa italiana a Roma. La discussione ha evidenziato come il linguaggio e il modo di affrontare le notizie legate ai femminicidi stiano cambiando, anche se rimangono aspetti da migliorare.

L’osservatorio sulle violenze di genere: un’iniziativa recente

Fondato nel 2023, l’Osservatorio Step è il risultato di una collaborazione tra l’Università La Sapienza, le Commissioni pari opportunità di Fnsi, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Usigrai, e le Giornaliste Unite Liberi Autonome , assieme all’Università della Tuscia. L’osservatorio ha come obiettivo principale quello di monitorare come viene trattata la tematica della violenza di genere nei media. Attraverso l’analisi di un database contenente 50 mila articoli pubblicati tra il 2020 e il 2024, è stato possibile mappare le dinamiche di rappresentazione dell’argomento.

Secondo i dati emersi dallo studio, nel discorso mediatico relativo ai crimini contro le donne si notano ancora delle difficoltà nel puntare il dito contro i responsabili. Spesso se ne parla facendo uso di termini che attenuano la responsabilità, come il termine “raptus”, indicando una tendenza a minimizzare l’atto violento. Saccà ha sottolineato che, sebbene ci siano stati dei miglioramenti rispetto agli iniziali approcci dei media alla violenza di genere, ci sono ancora significativi ostacoli da affrontare.

Le statistiche sui crimini contro le donne

Il rapporto dell’Osservatorio ha rivelato che le statistiche ufficiali delineano un quadro preoccupante: il 50% delle violenze segnalate è legato a maltrattamenti in famiglia, il 35,83% agli atti persecutori, il 13,86% alle violenze sessuali, e solo lo 0,29% ai femminicidi. Tuttavia, la percezione mediatica di questi fenomeni risulta distorta. I femminicidi, per esempio, occupano una porzione significativa della narrazione pubblica, arrivando al 22,2%, seguiti da violenze sessuali e maltrattamenti domestici .

Questa assai diversa rappresentazione nei media evidenzia una necessità di un’approccio più equilibrato nella copertura delle notizie. L’osservatorio ha inoltre fatto emergere che i titoli tendono a citare frequentemente le dichiarazioni dell’aggressore o dei suoi difensori, creando una situazione di ‘himpathy’, ovvero quella forma di empatia che si sviluppa nei confronti dell’uomo violento, anziché concentrarsi sulla vittima. A tal proposito, Saccà ha fatto notare come siano molte le testate giornalistiche a riportare in modo squilibrato le notizie: Il Messaggero è risultata al primo posto per articoli pubblicati, mentre Il Secolo d’Italia risulta tra i meno attivi.

Le prospettive future e l’importanza della formazione

Il dibattito scaturito dai dati emersi dall’Osservatorio Step ha toccato anche il tema delle iniziative già messe in atto e sugli sviluppi futuri necessari per migliorare la situazione. Durante l’incontro, è stato menzionato il manifesto di Venezia, una proposta di impegno volto ad una corretta rappresentazione delle violenze di genere e a una formazione adeguata per i giornalisti. È emersa la necessità di inserire corsi specifici sulla violenza contro le donne nelle scuole dell’Ordine dei giornalisti, così come l’idea di includere domande su questo tema cruciale nell’esame di abilitazione professionale.

La quantità e la qualità della formazione dei professionisti del giornalismo sono fattori chiave per cambiare la narrazione riguardo alla violenza di genere. Con un impegno condiviso da parte di tutti gli attori coinvolti, dagli enti formativi alle redazioni, si potrà progredire verso un’informazione più sensibile e consapevole, in grado di riflettere la realtà delle dinamiche di violenza e offrire uno spazio adeguato alle vittime di raccontare le proprie esperienze.

Ultimo aggiornamento il 27 Novembre 2024 da Marco Mintillo

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