La terra santa sotto assedio: riflessioni sul dolore e la crisi umanitaria a gaza

La terra santa sotto assedio: riflessioni sul dolore e la crisi umanitaria a gaza

La situazione a Gaza è segnata da sofferenza, privazioni e violenze che colpiscono civili di ogni età; il vicario della Custodia di Terra Santa denuncia la crisi umanitaria e l’assenza di pace reale.
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L'articolo offre una testimonianza diretta sulla drammatica situazione a Gaza, evidenziando sofferenze diffuse, privazioni estreme e la difficile ricerca di pace in una Terra Santa profondamente ferita. - Gaeta.it

La situazione a Gaza vive una fase drammatica, fatta di sofferenza diffusa e privazioni profonde. Tra fame, malattie e violenze, la popolazione locale affronta difficoltà che vanno al di là dei conflitti tradizionali. Le parole scorrono pesanti in questo contesto: guerra, pace, sacrificio, ma il significato reale si misura nei fatti che arrivano dal terreno. A raccontare questa realtà è il vicario della Custodia di Terra Santa, che in queste riflessioni offre uno sguardo intimo e diretto sui giorni più duri che si sono vissuti e su ciò che resta da fronteggiare.

Tra guerre e pace: un concetto sfuggente nella terra santa

Il termine “guerra” evoca immagini di eserciti contrapposti, spesso con squilibri evidenti in armi e mezzi. Però, così come la definizione tradizionale si riferisce a chi vince e chi perde, nella Terra Santa questo schema si sbriciola. Qui, infatti, la sofferenza si estende a chiunque, senza distinzione di nazionalità, religione o colore della pelle. La pace, invece, non è semplice assenza di conflitto ma un equilibrio fatto di diritti riconosciuti e obblighi condivisi.

La regione attraversa un dolore difficile da quantificare. Famiglie che piangono più di un figlio, persone incapaci di mangiare o ricevere cure mediche, e chi resta in attesa di informazioni su ostaggi imprigionati da mesi. Nelle parole del vicario si percepisce la pesantezza di questa realtà, in cui la normalità è cancellata da un contesto di violenze e privazioni.

Il sacrificio che torna ogni anno ma senza festa a gaza

Nel 2025, come ogni anno, molte comunità musulmane si preparano a celebrare la festa del sacrificio, memoria del gesto di Abramo disposto a sacrificare il figlio per fede in Dio. Nel corso dello scorso anno, proprio in coincidenza con questa ricorrenza, era da poco trascorso l’ottavo mese dal terribile 7 ottobre 2023, quando un’escalation ha crudelmente colpito Gaza. La tradizione vuole che l’agnello, animale simbolo di dolcezza e innocenza, venga condiviso in famiglia e offerto anche ai più poveri.

La situazione odierna a Gaza rende questa pratica impossibile. Il vicario racconta di una terra in cui manca persino il necessario per affrontare la giornata: cibo, acqua potabile, medicine e perfino teli per avvolgere i morti. Nessun agnello da donare, nessuna festa luminosa da vivere. La povertà è totale e ogni giorno si reinventa come una lotta per la sopravvivenza.

Tra vite spezzate e focolari distrutti: la crudezza della vita quotidiana a gaza

Il racconto prosegue con immagini forti. Nei giorni dedicati al sacrificio, spesso considerati feste di gioia e riunioni familiari, a Gaza si allineano morti e disperazione. Chi soccorre, offre cibo; chi attacca, continua a seminare morte. Mentre si prospettano nuovi confini e strade che dividono, si impone l’abbandono delle case ridotte in macerie. Il termine «focolare» – sottolinea il vicario – non è casuale ma scelto dal presidente Sergio Mattarella per indicare il centro della vita familiare che sta scomparendo.

La devastazione ha un impatto che rompe il tessuto sociale. Il sacrificio qui non è più una scelta spirituale ma una realtà forzata dalla sopravvivenza. Soprattutto colpisce l’età più fragile: i bambini. Per loro, la guerra non esiste come decisione o postura politica. Semplicemente, si trovano a subire la morte e la violenza senza possibilità di scelta.

La parola pace difficile da ritrovare in un conflitto senza scampo

Con il conflitto che si protrae, la speranza di pace appare lontana. Il vicario richiama alla necessità di parole che diventino azioni giuste e concrete. Il richiamo alla verità che supera le menzogne e alla giustizia che va oltre le promesse senza seguito sono messaggi che emergono dalla testimonianza diretta.

La condizione a Gaza non può essere riassunta in termini di guerra convenzionale. A definirla così si rischia di mascherare la complessità di una tragedia che coinvolge civili senza difesa, senza appoggi e con diritti fondamentali negati. Di fronte a questa emergenza, ciò che resta è registrare la realtà di una popolazione intera priva di scelta, schiacciata tra la fame e le bombe.

Lo sguardo del vicario della Custodia di Terra Santa rivela una Terra Santa ferita, con un dolore che attraversa confini e popoli. In questi giorni si assiste a un dolore troppo grande e senza fine certo, che sale dal suolo e dal cielo della Striscia, e si trasforma in una dura chiamata di attenzione per chi legge e vuole capire la fragilità di questa regione martoriata.

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