Il film “l’amore che ho” porta in sala la vita di rosa balistreri, una voce essenziale della cultura popolare siciliana e una donna che ha sfidato il patriarcato attraverso la musica e la parola. Diretto da paolo licata, il biopic racconta un pezzo importante della storia italiana e delle battaglie sociali del secondo dopoguerra, mettendo al centro la figura di rosa come simbolo di forza e passione. La pellicola è approdata al 42° torino film festival e arriva nelle sale otto maggio 2025, accompagnata dalle musiche di carmen consoli, che conosce bene l’universo della cantante siciliana.
Rosa balistreri: da origine umili a simbolo di ribellione culturale e femminile
Rosa balistreri nasce in una famiglia poverissima, senza risorse culturali nel senso tradizionale, ma con una forza che la spinge a imparare a leggere e scrivere da sola. La sua formazione si sviluppa in modo spontaneo ed è alimentata da incontri con intellettuali come dario fo, andrea camilleri, franca rame e renato guttuso. Questi scambi le aprono la strada per un rapporto con la cultura ufficiale italiana, pur mantenendo salde le radici nella tradizione popolare siciliana.
Rosa non si limita a cantare, diventa voce di chi non ha potere. Si schiera contro la mafia, sostiene i diritti dei lavoratori, lotta contro le ingiustizie sociali e il dominio patriarcale. Il suo impegno prende corpo anche nei concerti che assumono la forma di veri e propri comizi con la chitarra. Attraverso le sue canzoni, porta avanti temi di ribellione e resistenza, rendendo la musica strumento di lotta sociale.
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Nonostante le difficoltà, tra cui esperienze di carcere e tragedie personali, rosa non si piega. Rimane una figura energica, capace di trasmettere la dignità di chi guarda la vita senza arrendersi ai soprusi. La sua storia è anche racconto di un’epoca e di un contesto culturale in cui le donne lottano per il riconoscimento e la libertà.
L’amore che ho: dall’omaggio letterario al grande schermo
Il film “l’amore che ho” prende spunto dall’omonimo romanzo di luca torregrossa e racconta la vita di rosa attraverso quattro diverse attrici, che interpretano la cantante nelle varie fasi. Lucia sardo, donatella finocchiaro, anita pomario e martina ziami si alternano per restituire una visione complessa e sfaccettata della donna-artista.
La sceneggiatura, firmata da paolo licata insieme a maurizio quagliana, heidrun schleef e antonio guadalupi, focalizza l’attenzione sugli anni cruciali tra sessanta e ottanta. È un periodo di forti tensioni sociali e culturali, in cui l’italia attraversa momenti di grande fermento politico. Le battaglie di rosa si intrecciano con eventi e figure che rappresentano la lotta contro molte forme di oppressione.
Il titolo del film è anche quello di una canzone di rosa, “l’amuri ca v’haiu”, che riassume la forza emotiva delle sue parole e della sua musica. Qui emerge il dualismo tra amore e violenza, fragilità e coraggio, che ha caratterizzato la sua esistenza. Il racconto si concentra sia sui sentimenti intensi che sulle forti contraddizioni di una figura in bilico tra luce e ombra.
I protagonisti del film e il contributo musicale di carmen consoli
Tra gli interpreti principali spicca la presenza di tania bambaci, che interpreta angela, figlia di rosa, e vincenzo ferrera, nei panni di emanuele, padre della cantante. Donatella finocchiaro, oltre a prestare il volto a rosa giovane, sottolinea l’importanza di questa figura come modello per le nuove generazioni. Ricorda come la cantante abbia saputo trasformare il dolore in arte, contrastando il patriarcato e le sue imposizioni.
Lucia sardo descrive rosa come una donna inserita in una società che rimane dominata da meccanismi patriarcali, riferendo episodi personali come il bullismo subito dal figlio per via di un’educazione diversa e più rispettosa. La riflessione punta sulla difficoltà delle donne e degli uomini a uscire dagli schemi tradizionali.
Carmen consoli firma le musiche del film. La cantautrice conosce bene rosa balistreri e ne ha fatto un punto di riferimento artistico e umano. Il suo lavoro musicale accompagna immagini e parole, dando spessore alle emozioni e sottolineando l’intensità del racconto. La presenza di consoli al progetto rafforza la continuità tra la cultura popolare e l’attualità della musica impegnata.
L’attenzione al contesto culturale, sociale e familiare in cui rosa si muove rende “l’amore che ho” un progetto che va oltre il semplice omaggio. È una ricostruzione che mette in luce tensioni, passioni e contraddizioni di un’epoca in cui la musica è stata un veicolo potente per le trasformazioni sociali, contribuendo a ricordare una voce che ancora oggi parla forte alle nuove generazioni.