La multinazionale tedesca Rheinmetall ha annunciato la cessione di circa quaranta impianti e centri di ricerca in Europa, Nord America, Cina e Giappone. Nel totale sono coinvolti più di diecimila dipendenti compresi i 430 lavoratori italiani, una parte dei quali impiegata nello stabilimento Pierburg di Lanciano. Gli addetti italiani oggi temono per il proprio futuro, mentre il sindacato Cobas lancia un allarme sul crescente orientamento dell’azienda verso la produzione militare, un cambiamento che potrebbe segnare una svolta decisiva per tutta la metalmeccanica del territorio.
La decisione di rheinmetall e l’impatto sugli stabilimenti italiani
L’annuncio di Rheinmetall è arrivato improvviso. L’azienda ha deciso di mettere in vendita stabilimenti sparsi in diversi continenti, con un riflesso pesante sulle comunità locali. In Italia, il sito Pierburg di Lanciano si trova a fronteggiare una fase di grande incertezza. I posti di lavoro a rischio sono 430 e includono anche altri impianti industriali come Teknè di Ortona, sempre nel settore metalmeccanico.
Nei fatti, la vendita di impianti significa un ridimensionamento dell’attività oppure un cambio di proprietà con possibili riflessi sulla continuità produttiva. La situazione ha creato tensione nelle comunità industriali locali, che si trovano a dover fare i conti con scenari poco chiari e una possibile riconversione produttiva. Per molte maestranze, il futuro ora dipenderà dalle trattative in corso e dalle scelte strategiche che le nuove proprietà sceglieranno di adottare.
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La posizione dei lavoratori e le preoccupazioni sociali
I lavoratori coinvolti manifestano grande preoccupazione per un possibile futuro incerto, con timori che una trasformazione industriale possa portare a perdita di posti di lavoro e indebolimento del tessuto economico locale. Le comunità di Lanciano e Ortona si preparano a monitorare con attenzione gli sviluppi.
Il ruolo del sindacato cobas e la denuncia sullo spostamento verso l’industria bellica
Già a metà maggio i Cobas della zona industriale San Salvo-Vasto avevano espresso preoccupazione pubblica durante il convegno “Dal Green Deal all’economia di guerra”. Il sindacato metteva in guardia contro la tendenza di molte aziende metalmeccaniche a dedicare investimenti crescenti al settore militare, lasciando da parte l’economia civile.
I Cobas segnalano che Rheinmetall, in particolare, sta puntando sempre più sulla produzione di mezzi militari, come si vede nella collaborazione con Leonardo per la realizzazione di un carro armato destinato a un futuro esercito europeo. Questo modello di sviluppo inedito, secondo il sindacato, si traduce in una deviazione dai tradizionali obiettivi industriali e sociali, con rischi concreti per la qualità del lavoro e la stabilità occupazionale.
La denuncia sottolinea che non è solo una questione numerica di posti di lavoro, ma una trasformazione del senso di quello che è il lavoro industriale. La scelta di rivolgersi al mondo militare implica un cambio di priorità che coinvolge aspetti economici, sociali ed etici. La richiesta è perciò di mettere in campo risposte che vadano oltre i semplici interventi assistenziali.
Un cambiamento di priorità industriali ed etiche
La spinta verso l’industria bellica rappresenta, per i Cobas, una trasformazione profonda che può incidere sulla qualità della vita lavorativa, sul senso del lavoro e sull’impegno civile delle norme produttive, con effetti potenzialmente negativi per le comunità coinvolte.
Le richieste di un piano di riconversione civile rivolto alla regione abruzzo
I Cobas hanno sollecitato la Regione Abruzzo a intervenire con misure concrete che proteggano i lavoratori e affianchino stabilimenti come Pierburg e Teknè in un percorso di riconversione industriale. Il sindacato boccia la cassa integrazione, giudicata solo una tappa verso la possibile chiusura definitiva delle aziende.
L’attenzione è rivolta a un piano che sappia indirizzare le risorse verso produzioni civili, capaci di garantire continuità lavorativa stabile e una ripresa economica durevole. Investire in armi non è visto solo come un rischio di occupazione impossibile da reggere, ma anche come un segnale che porta a sostenere o prevedere focolai di nuovi conflitti.
Il messaggio ribadito è di riflettere sulle conseguenze di un’economia che vira verso settori bellici anziché sviluppi civili e sociali. Solo così, dicono i Cobas, si può pensare a un futuro con posti di lavoro che abbiano senso anche sul piano umano e civile, non limitati a finalità esclusivamente militari o speculative.
I riflessi della strategia rheinmetall sull’industria europea
Nelle strategie di Rheinmetall si legge un andamento che interessa tutta l’Europa. La joint venture con Leonardo per il carro armato è una manifestazione chiara di come il gruppo punti a un settore in espansione, ritenuto più redditizio. Questa alleanza rappresenta un modello di sviluppo industriale che interessa anche altre aziende metalmeccaniche continentali.
Il progetto di un esercito europeo capace di utilizzare mezzi unificati e prodotti da fornitori multinazionali mostra un cambio di rotta nell’industria tradizionale. Gli effetti però si riflettono anche nelle varie comunità produttive, dove la riconversione verde e i progetti civili rischiano di essere messi da parte per privilegiare la domanda militare.
Conseguenze sulle competenze e le condizioni di lavoro
In effetti, la ricerca e lo sviluppo coinvolti in questa svolta implicano una riconfigurazione delle competenze operative e organizzative, con conseguenze sulle condizioni di lavoro e la stabilità dei posti occupati. Per molte regioni industriali, come quella di Lanciano e Ortona, tutto ciò significa un momento delicato per il loro tessuto economico e sociale, messo duramente alla prova da scelte di forza maggiore.