La recente vicenda che ha coinvolto Edoardo Bove, centrocampista della Fiorentina, ha riportato alla ribalta l’importanza della prevenzione delle malattie cardiovascolari, un tema di crescente rilevanza che colpisce tanto il settore sportivo professionistico quanto quello amatoriale. La Fondazione Cesare Bartorelli è in prima linea nel sostenere la ricerca in questo campo vitale, consapevole che le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte a livello mondiale.
L’attività sportiva in Italia e il ritorno post-pandemia
In Italia, oltre un quarto della popolazione pratica regolarmente attività sportiva, superando la percentuale registrata prima della pandemia, che nel 2019 si attestava al 23,4%. Questo aumento di interesse per lo sport spinge la Fondazione Cesare Bartorelli, un ente del Terzo Settore, a investire nella ricerca e nello sviluppo di programmi dedicati alla salute del cuore. La Fondazione si propone di finanziare progetti innovativi che si concentrano su malattie cardiovascolari, considerandole una problematica che interessa milioni di cittadini.
Il Presidente della Fondazione, prof. Antonio Bartorelli, sottolinea l’importanza di affrontare situazioni come quella di Bove per approfondire la conoscenza del cuore e del sistema circolatorio durante l’attività fisica. Le ricerche in questo ambito possono fornire dati preziosi per migliorare la salute, sia per gli atleti professionisti che per le persone comuni che desiderano migliorare il proprio benessere. Comprendere la reazione del cuore allo sforzo fisico offre spunti significativi per affrontare patologie come ipertensione, aritmie e insufficienza cardiaca.
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Il ruolo della Fondazione nella prevenzione delle malattie cardiache
La Fondazione Bartorelli ha come obiettivo principale quello di promuovere studi approfonditi sulla salute cardiovascolare, mirando in specifico a identificare anomalie potenzialmente letali che potrebbero colpire anche atleti apparentemente in salute. Il prof. Daniele Andreini, Vicepresidente della Fondazione, evidenzia come il “modello italiano” di screening pre-competitivo possa rivelarsi cruciale. Questo approccio prevede l’indagine su atleti, anche molto giovani, per scoprire eventuali anomalie cardiache, riducendo così incidenti fatali durante lo sport.
Il fatto che il sistema sanitario italiano riesca a ridurre la mortalità improvvisa nello sport con un rapporto di 1 su 1.500.000 atleti, rispetto a 1 su 100.000 in altri paesi, rappresenta un traguardo significativo. La Federazione Medico Sportiva Italiana ha attuato misure preventive che hanno dimostrato di avere impatti positivi nel contenere incidenti cardiaci tra atleti e praticanti sport.
L’importanza degli screening cardiaci mirati
Un aspetto cruciale sottolineato da Bartorelli è l’importanza di studi specifici per identificare anomalie coronariche che, pur passando inosservate nella popolazione generale, potrebbero avere effetti devastanti negli sportivi. Il riconoscimento delle problematiche cardiache prima che emergano complicazioni serie è fondamentale non solo per gli atleti di alto livello, ma anche per chi inizia a praticare sport abitualmente.
L’adozione di screening cardiaci mirati contribuisce a garantire una maggiore sicurezza durante l’attività fisica, promuovendo una cultura della prevenzione che può salvare vite umane. Sostenere la ricerca in questo settore rappresenta un passo importante verso una migliore salute pubblica e l’abbattimento di rischi legati alle attività sportive.