La regione Lazio sta valutando una modifica normativa che rischia di ridurre l’autonomia urbanistica dei comuni più grandi, Roma inclusa. Un emendamento inserito nella legge 171 sull’urbanistica prevede di trasferire alla regione le decisioni sulle varianti urbanistiche, togliendo questa competenza ai comuni con almeno 50 mila abitanti. Le opposizioni hanno espresso forte preoccupazione, evidenziando come tale scelta modifichi un equilibrio raggiunto recentemente fra enti locali e regione, mettendo in discussione il ruolo di città capoluogo, soprattutto quello della Capitale.
La modifica alla legge 171 e l’emendamento che limita le autonomie comunali
La legge 171 sul governo del territorio è attualmente all’esame del Consiglio regionale del Lazio. Nel testo è stato inserito un emendamento particolare, che riguarda la gestione urbanistica degli enti locali maggiori, in pratica i comuni sopra i 50 mila abitanti. Questa norma vorrebbe far rientrare sotto il controllo diretto della Regione Lazio la competenza sulle varianti urbanistiche, quindi le modifiche ai piani regolatori comunali. Roma, come capoluogo e città con una popolazione ampiamente superiore a questa soglia, sarebbe tra i soggetti più coinvolti da questa novità.
Il provvedimento manca di una spiegazione chiara che giustifichi questa inversione rispetto alla situazione attuale. Toccherebbe a Roma perdere la possibilità di decidere autonomamente modifiche urbanistiche, limitando il suo potere decisionale. Anche altri capoluoghi di provincia e città che superano i 50 mila abitanti dovrebbero passare sotto la gestione regionale per queste pratiche. I consiglieri delle opposizioni in Consiglio evidenziano che una linea simile potrebbe rallentare e complicare la gestione del territorio, creando disagi amministrativi e riducendo la capacità di rispondere alle esigenze locali.
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Le reazioni delle opposizioni e la difesa dell’autonomia romana
I capigruppo di opposizione in Consiglio regionale, rappresentanti di diverse forze politiche come Italia Viva, Pd, Cinque Stelle e Avs, hanno immediatamente contestato questa scelta. In una nota congiunta hanno definito l’emendamento come “una stortura” e “profondamente regressiva”. La critica principale riguarda la mancanza di coerenza rispetto a un percorso che fino al 2022 aveva riconosciuto una maggiore autonomia a Roma nelle questioni urbanistiche. Quest’ultimo passo, secondo gli oppositori, rappresenta un attacco diretto all’autonomia locale e al ruolo di capitale europea svolto da Roma.
Il gruppo di opposizione sottolinea anche come tornare a un controllo regionale così stretto sulle varianti urbanistiche possa compromettere l’efficienza della macchina amministrativa. Roma dispone di strumenti e risorse per gestire in modo più rapido e mirato queste questioni. La legge nazionale, evidenziano, sostiene la devoluzione di poteri ai comuni capoluogo, e questa norma regionale sembra andare in controtendenza rispetto a quel quadro. La richiesta è chiara: serve il ritiro dell’emendamento prima che venga approvato. Ricordano pure che è necessario vigilare affinché siano rispettati i poteri e l’autonomia di Roma, che non devono essere ridotti senza un valido motivo.
Il contesto istituzionale e lo scenario urbanistico nella regione lazio
Nel corso degli ultimi anni, il rapporto tra Regione Lazio e comuni, in particolare con Roma, ha vissuto momenti di confronto e confronto sulle competenze urbanistiche. Già nel 2022 un accordo aveva fissato un equilibrio più favorevole alle autonomie locali, riconoscendo il diritto a Roma di gestire in modo più indipendente le varianti ai piani regolatori. Questo aveva permesso alla Capitale di svolgere un ruolo più incisivo nelle trasformazioni urbanistiche sul proprio territorio.
Scenari urbanistici e implicazioni politiche
Questa novità sembra destinata a cambiare di nuovo le regole del gioco, affidando nuovamente alla Regione la supervisione e l’approvazione delle modifiche urbanistiche. Roma, città caratterizzata da una complessa realtà territoriale, ha bisogno di risposte flessibili e rapide che, secondo le critiche, potrebbero essere rallentate da un controllo centralizzato. Lo scenario urbanistico regionale si potrebbe così complicare, anche per le altre città di dimensioni medie coinvolte. Questa misura fa discutere non solo per i suoi aspetti tecnici, ma anche per le implicazioni politiche che comporta, soprattutto in vista delle esigenze di sviluppo e pianificazione del territorio regionale nel 2025.