La situazione in Libano si complica ulteriormente con l’escalation delle operazioni militari israeliane contro Hezbollah, sostenuto storicamente dall’Iran. Con l’aumentare delle tensioni, la Repubblica Islamica si trova ad affrontare un dilemma: intervenire attivamente in supporto dei suoi alleati o mantenere un atteggiamento di moderazione per salvaguardare la propria stabilità? Le dichiarazioni rilasciate dai leader iraniani sottolineano una crescente preoccupazione, indicando che l’Iran non rimarrà indifferente di fronte a ulteriori atti di aggressione, ma la realtà geopolitica gioca un ruolo cruciale nelle scelte strategiche di Teheran.
La riluttanza di teheran a intervenire
Teheran sta affrontando una situazione complessa, in cui la minaccia di un intervento militare diretto contro Israele potrebbe danneggiare la sua credibilità. Secondo un ex comandante dei Guardiani della Rivoluzione, le minacce verso Israele senza azioni concrete possono mettere in pericolo la reputazione internazionale della Repubblica Islamica. La preoccupazione è che un approccio aggressivo in risposta alle operazioni israeliane possa minacciare la sopravvivenza dell’Iran stesso, riducendo così la sua influenza in Medio Oriente e indebolendo le alleanze esistenti.
Nonostante la posizione di moderazione, il governo iraniano ha ribadito più volte che non rimarrà inerte di fronte a un’ulteriore escalation del conflitto. Abbas Araghchi, capo della diplomazia iraniana, ha espresso la necessità di sanzioni contro Israele, rispondendo alle crescenti ostilità nella regione. La situazione si è intensificata, specialmente dopo l’attacco israeliano a Gaza, e Hezbollah ha risposto attaccando il nord di Israele per sostenere Hamas.
La leadership di Hezbollah ha subito ingenti perdite, il che ha messo in luce la fragilità della situazione. Le recenti esplosioni dei cercapersone di Hezbollah e la successiva distruzione delle comunicazioni hanno reso il gruppo particolarmente vulnerabile. Questo scenario ha portato a una pressione interna all’Iran, dove alcuni settori dell’establishment chiamano a una risposta più decisa.
Un presidente iraniano più conciliatorio
In un contesto delicato come quello attuale, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, eletto a luglio, ha adottato un atteggiamento che sembra più conciliatorio rispetto ai suoi predecessori. Parlando da New York, Pezeshkian ha dichiarato il suo desiderio di non provocare instabilità nell’area, sottolineando l’importanza della pace. Le sue affermazioni, di un atteggiamento pacifico nei confronti di Israele, non sono state ben viste da tutti i settori conservatori e oltranzisti in Iran.
Tra le dichiarazioni del ministro degli Esteri iraniano, è stato affermato che Hezbollah ha la capacità di difendere se stesso e il Libano. Queste parole, che sembrano moderare la percezione di un Iran pronto a entrare nel conflitto, si inseriscono in un quadro più ampio di preoccupazioni legate alle potenziali conseguenze di un eventuale conflitto aperto con Israele. La comunità iraniana è già stressata dalle sanzioni economiche, e un’ulteriore escalation potrebbe portare a ripercussioni anche sul fronte interno.
I leader iraniani navigano quindi tra la necessità di mantenere l’influenza nella regione e il rischio di coinvolgimento diretto in un conflitto che potrebbe amplificare le problematiche interne e internazionali. Le posizioni recenti suggeriscono un maggiore interesse per il dialogo e la diplomazia, piuttosto che per l’escalation militare.
Le limitate opzioni militari dell’iran
Nonostante gli appelli di Hezbollah per un attacco diretto contro Israele, l’Iran ha mostrato una certa riluttanza. Funzionari iraniani, compresi quelli del governo, si sono trovati a discutere le limitazioni delle opzioni militari disponibili, sottolineando che un intervento diretto potrebbe non garantire una deterrenza efficace. L’analisi delle perdite subite da Hezbollah e dell’impatto delle operazioni israeliane non possono essere ignorati.
Il conflitto in corso ha portato a centinaia di morti e ha costretto migliaia di persone a lasciare le proprie abitazioni in Libano. Le pressioni su Hezbollah risultano crescenti, ma l’analisi geopolitica suggerisce che l’Iran, che ha investito notevoli risorse in questo alleato, non è disposto a tradirlo di fronte a una così forte crisi. Questo investimento, realizzato in oltre tre decenni, evidenzia il desiderio di Teheran di mantenere un baluardo contro l’influenza occidentale e israeliana.
Sotto la guida della Guida Suprema Ali Khamenei, le decisioni strategiche rimangono concentrate, e ad oggi l’Iran ha sostanzialmente mantenuto una retorica di protesta piuttosto che intrapreso azioni militari dirette. Ricordando il conflitto del 2006 tra Israele e Hezbollah, in cui Teheran fornì assistenza significativa al gruppo, Khamenei ha fatto presente che la morte di alti ufficiali di Hezbollah non mette fine alla resistenza del Partito di Dio. Con una delegazione di risorse umane formate al livello necessario, Hezbollah si è strutturato per affrontare le perdite con preparazione e risolutezza.
Ultimo aggiornamento il 28 Settembre 2024 da Armando Proietti