la popolazione in età lavorativa in italia diminuirà di quasi 3 milioni entro il 2035, scenari e conseguenze economiche

la popolazione in età lavorativa in italia diminuirà di quasi 3 milioni entro il 2035, scenari e conseguenze economiche

Le proiezioni della Cgia indicano un calo di 2,9 milioni nella popolazione in età lavorativa in Italia entro il 2035, con impatti differenziati tra regioni e settori economici chiave come turismo e moda.
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Le proiezioni demografiche indicano un calo significativo della popolazione in età lavorativa in Italia entro il 2035, con impatti differenziati sul mercato del lavoro, l’economia e le diverse regioni, soprattutto nel Mezzogiorno. - Gaeta.it

Le stime demografiche per i prossimi dieci anni evidenziano un calo significativo della popolazione in età lavorativa in italia. Nel 2025 questa fascia contava circa 37,3 milioni di persone, ma secondo la cgia le proiezioni indicano una riduzione a 34,4 milioni entro il 2035. Questa dinamica è legata al progressivo invecchiamento del paese e avrà ripercussioni su diversi ambiti economici e sociali. Le imprese, in particolare, dovranno affrontare nuove sfide legate alla carenza di giovani lavoratori, con effetti che interesseranno tutto il territorio nazionale.

Come la riduzione della popolazione attiva influenzerà il mercato del lavoro

Il calo di 2,9 milioni di lavoratori attivi colpirà tutte le regioni italiane ma avrà impatti diversi a seconda delle aree. La difficoltà di reperire giovani lavoratori si farà sentire dappertutto, con le aziende costrette a fare i conti con carenze occupazionali sempre più marcate. In particolare, le piccole imprese rischiano di ridurre gli organici perché non riusciranno a coprire i posti vacanti. Le medie e grandi aziende, invece, potrebbero gestire meglio la situazione grazie alla capacità di offrire salari più alti, orari flessibili e pacchetti di welfare aziendale. In questo modo, queste ultime realtà attireranno maggiormente i giovani, creando una polarizzazione dell’occupazione.

Il ruolo della manodopera straniera

La cgia indica che la manodopera straniera, seppur importante, non basterà a compensare questo trend negativo. Il risultato potrebbe tradursi in un rallentamento della crescita economica nazionale, con un impatto sul Pil che sarà visibile già nei prossimi anni. Accanto a questo, aumenteranno le spese legate alla previdenza, alla sanità e all’assistenza sociale, elementi che aggraveranno la pressione sui conti pubblici italiani.

Differenze territoriali: mezzogiorno e centronord di fronte al calo della forza lavoro

Il Mezzogiorno potrebbe incontrare difficoltà diverse rispetto al Centronord. Qui i tassi di disoccupazione e inattività rimangono alti, offrendo un bacino che potrebbe dare un parziale sollievo alla carenza di lavoratori, specie in settori tradizionalmente importanti come agroalimentare e turismo. Questo non significa però che la regione sarà immune dai problemi: molte aziende di dimensioni contenute fronteggeranno restrizioni sull’organico per l’impossibilità di assumere.

Nei territori del Centronord si profila un impatto meno drastico perché le imprese di media e grande taglia riescono a offrire condizioni più attrattive ai giovani. Le offerte di lavoro più competitive con condizioni economiche e benefit spingeranno la forza lavoro a preferire queste aree. Si prevede quindi uno squilibrio maggiore tra regioni, con conseguenze anche sulle dinamiche di mercato nelle varie province.

Le regioni e le province più toccate dalla contrazione demografica

Secondo i dati della cgia, le riduzioni maggiori riguarderanno il Mezzogiorno. La Sardegna subirà una perdita della popolazione in età lavorativa del 15,1%, pari a circa 147 mila persone in meno. Seguono la Basilicata , la Puglia , la Calabria e il Molise . Questi numeri indicano una contrazione molto significativa, con effetti che si rifletteranno inevitabilmente sul tessuto sociale e produttivo.

Al contrario, regioni come il Trentino Alto Adige, la Lombardia e l’Emilia Romagna evidenziano cali molto più contenuti, rispettivamente del 3,1%, 2,9% e 2,8%. A livello provinciale, il peggior calo interesserà Nuoro con un meno 17,9%, seguito da Sud Sardegna e Caltanissetta . Napoli, pur non avendo il maggior percentuale, registrerà la perdita più alta in termini assoluti, con oltre 236 mila persone in meno.

Altre province, soprattutto nelle aree del Nord, come Bologna , Prato e Parma , risentiranno molto meno del cambiamento demografico previsto. Queste differenze portano a uno scenario complesso, dove le implicazioni si distribuiscono in modo diseguale sul territorio italiano, complicando il quadro per politiche di sviluppo e sostegno al lavoro.

Le differenze sul terreno delle province italiane

Le variazioni percentuali e assolute tra province e regioni mostrano un quadro articolato che metterà a dura prova le strategie di politica del lavoro e sviluppo locale, richiedendo interventi mirati e differenziati.

Impatto sulla economia e prospettive per i settori produttivi

Il calo della popolazione attiva si tradurrà in particolare in una contrazione dei volumi d’affari di alcuni settori chiave. Immobiliare, trasporti, moda e turismo rischiano di vedere una domanda più debole, con riflessi negativi su investimenti e nuovi progetti. Questo perché la presenza di meno lavoratori significa meno consumatori attivi e meno capacità di spesa aggregata.

Qualche ambito, invece, potrebbe avvertire effetti non negativi, come il settore bancario che potrebbe risentire meno del fenomeno o addirittura beneficiarne sotto alcuni aspetti, forse legati alla maggiore complessità finanziaria che un contesto demografico più anziano comporta. Tuttavia, per la maggior parte delle attività commerciali e produttive, la riduzione del bacino di giovani lavoratori sarà un problema da affrontare con urgenza.

Le sfide del futuro passano anche da qui: meglio comprendere come il calo demografico sta già influenzando il mercato del lavoro e l’economia, per permettere alle imprese e alle istituzioni di orientarsi in tempo e contenere gli effetti negativi che si stanno manifestando.

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