La piccola dernière e il racconto di Fatima tra fede, identità e omosessualità nel cinema francese

La piccola dernière e il racconto di Fatima tra fede, identità e omosessualità nel cinema francese

Il film La petite dernière di Hafsia Herzi racconta il conflitto interiore di Fatima, giovane francese di origini algerine, tra fede musulmana e scoperta dell’omosessualità, evidenziando temi di identità e doppia appartenenza.
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Il film *La petite dernière* di Hafsia Herzi racconta il delicato conflitto interiore di Fatima, giovane francese di origini algerine, tra fede musulmana e scoperta della propria omosessualità, offrendo una rara prospettiva su identità, religione e doppia appartenenza culturale. - Gaeta.it

Il film la petite dernière si focalizza su Fatima, una giovane francese di origini algerine alle prese con una scissione interiore. Fatima è una ragazza musulmana praticante, studentessa modello e appassionata di football. Il suo percorso racconta la difficoltà di conciliare la scoperta della propria omosessualità con le rigide regole della religione che segue. Questo lavoro cinematografico porta sullo schermo una questione attuale e spesso ignorata. Fatima vive un conflitto profondo e rappresenta una voce rara nel cinema contemporaneo francese.

Il contesto del film e la carriera di hafsia herzi

La petite dernière è il terzo film diretto e interpretato da Hafsia Herzi, attrice conosciuta soprattutto per il ruolo in Cous cous di Abdellatif Kechiche, che fece discutere al festival di Venezia vincendo il Leone d’argento. Herzi prosegue con questa opera a raccontare storie di giovani donne che vivono forti tensioni culturali e sociali. Il film ha ricevuto ampi applausi al festival di Cannes 2025, dove Herzi ha partecipato nella sezione principali del concorso, tra sole sette registe su ventidue titoli. Questo dato riflette una timida evoluzione verso una maggiore presenza femminile al Festival e nel cinema europeo in generale.

Un nuovo ruolo per Hafsia herzi e altre registe a Cannes

Herzi si muove oggi anche nel ruolo di regista, categoria in cui si trovano sempre più storie dirette da donne che si mettono dietro la macchina da presa raccontando narrazioni spesso legate a tematiche di genere e identità. Cannes ha visto sul red carpet altre attrici diventate registe, come Kristen Stewart, presente con The chronology of water, adattamento di un libro autobiografico che parla di trauma e rinascita. Anche Scarlett Johansson ha portato a Cannes Eleonor the great, suo debutto alla regia tratto da temi di resilienza femminile. Questi esempi indicano un mutamento in atto nell’industria. La strada è lunga, ma ora le cineaste sono oltre l’interpretazione e partecipano attivamente a producendo contenuti che parlano alle loro esperienze.

Il ritratto di Fatima: fede, famiglia e orientamento sessuale

La storia di Fatima, personaggio interpretato da Nadia Melliti, esplora con sensibilità il rapporto tra religione e omosessualità. La ragazza vive nella Francia contemporanea ma non dimentica le radici algerine ereditate dalla famiglia. Fatima prega, indossa il velo, e si dedica agli studi mentre affronta le aspettative tradizionali, come il matrimonio e i figli, suggeriti dal suo fidanzato. Lei però non sente questo percorso come un destino certo.

La sua identità si complica con la consapevolezza della propria attrazione verso le donne. Un incontro decisivo con una infermiera coreana scopre una dimensione nuova di se stessa, aprendo un dibattito interno sull’amore e la fede. Fatima si scontra con il vincolo della dottrina religiosa che condanna l’omosessualità, e con lo stesso tempo vorrebbe affermare la propria libertà affettiva. Questa tensione guida l’intero racconto mostrando quanto sia complessa la vita di chi vive in due mondi con valori spesso in conflitto.

Vita quotidiana e doppia appartenenza

La pellicola lascia emergere il dolore e l’isolamento che accompagnano molte ragazze o ragazzi nati in Francia da famiglie immigrate, soprattutto se queer e praticanti. Lo sguardo segue anche il quotidiano di una giovane donna che si prepara all’esame di maturità, si lava e prega nella propria stanza, e vive una famiglia tradizionale che spera in un futuro convenzionale per lei. Fatima rappresenta così una fetta poco raccontata della società francese, figlia di migrazione e di una generazione in cerca di un posto autentico.

La presenza femminile e i temi sociali al festival di cannes 2025

Al festival di Cannes 2025 cresce la presenza di registe donne con lavori che indagano questioni intime e sociali. Oltre a Hafsia Herzi, il concorso include Julia Ducorneau con Alpha, la spagnola Carla Simon con Romeria e la giapponese Chie Hajakawa con Renoir. Ci sono anche la tedesca Masha Schilinski che presenta Sound of falling, la britannica Lynne Ramsay con Die my love e l’americana Kelly Reichardt con The mastermind.

L’offerta delle cineaste si concentra spesso su temi di trauma, autodeterminazione e riscatto. Le loro opere mostrano giovani donne che lottano interiormente o affrontano condizioni difficili ambientali o familiari. Questo cambio di rostro all’interno delle competizioni internazionali segna l’emergere di narrazioni femminili più dirette e riconosciute in ambito cinematografico.

Una spinta ancora in crescita

Le registe spesso gestiscono la produzione in prima persona, anche in Italia, come dimostrano i recenti David di Donatello, dove correranno numerose film diretti da donne. Seppur senza numeri da capogiro, la frequenza di queste presenze e storie segnala un cambiamento che comunque non ha ancora raggiunto livelli equilibrati. Cannes e altri festival continuano a rappresentare scenari dove questa spinta femminile affermare la sua visibilità attraverso racconti di vite complesse e temi di società.

Il valore letterario e sociale di una storia radicata nell’esperienza

La petite dernière si basa sull’omonimo romanzo di Fatima Daas. La pellicola traduce in immagini il racconto di una ragazza che si interroga sulla propria identità e spiritualità. Il film non è solo un ritratto individuale, ma rappresenta le difficoltà e le discriminazioni vissute da chi si trova tra due culture diverse e da chi affronta il tabù dell’omosessualità nel contesto musulmano.

La regista Hafsia Herzi, che ha ottenuto due premi César come attrice, porta sullo schermo una storia che tocca temi sensibili con attenzione senza scandalismi. La scelta di Nadia Melliti per il ruolo di Fatima dà forza al film, grazie a una performance capace di sottolineare le contraddizioni interiori, senza perdere credibilità o coinvolgimento.

Vita quotidiana e domande sul futuro

Il film mostra momenti di vita quotidiana, come pregare, vestirsi con il velo, frequentare la scuola. E pone domande sul futuro e sulla libertà di amare al di fuori delle aspettative sociali e religiose. Il racconto prende forma in un ambiente urbano, dove immigrazione, fede e desideri personali si intrecciano.

Questa opera si inserisce in un contesto di cinema contemporaneo che cerca di dare voce a storie spesso trascurate. Offre uno sguardo su un’esistenza segnata dal conflitto tra identità multiple e da una realtà sociale che può essere difficile da affrontare per molte giovani donne.

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