Giulio Aristide Sartorio ha lasciato un segno indelebile nell’arte italiana dell’inizio del Novecento grazie a un ciclo decorativo monumentale pensato per la Biennale di Venezia del 1907. Dopo più di un secolo, le sue opere tornano protagoniste a Ca’ Pesaro con una mostra che ricostruisce il contesto storico e artistico di quell’evento unico. Questa esposizione, in programma dal 16 maggio al 28 settembre 2025, riaccende l’interesse sul simbolismo e le correnti artistiche coeve a Sartorio, con uno sguardo sulla cultura europea di quel periodo.
Il progetto monumentale per la biennale del 1907: il poema della vita umana
Nel giugno 1906 Antonio Fradeletto, segretario generale della Biennale, ha incaricato giulio aristide sartorio di realizzare un imponente ciclo decorativo per il salone centrale dell’evento del 1907. Sartorio, allora affermato pittore romano, ha accettato la sfida. Il progetto prevedeva la rappresentazione del “poema della vita umana” tramite una serie di 14 scene che univano mitologia classica e visioni simboliche. In una lettera scritta a Natale dello stesso anno, l’artista ha descritto alcune di queste immagini vibranti, dove figure mitologiche come liocorni, pantere bacchiche, cariatidi e personificazioni dell’invidia, dell’amore e della fortuna si intrecciano lungo una narrazione visiva complessa.
Le quattordici scene di sartorio
Le quattordici scene, una volta completate, misuravano complessivamente circa 230 metri quadrati e raccontavano la lotta tra forze contrapposte come castità e lussuria, vita e morte, amore e dolore. Per realizzare quest’opera in soli nove mesi, Sartorio ha utilizzato una tecnica pittorica che accelerava i tempi: una miscela di cera, acquaragia e olio di papavero, scelta per la sua rapidità di asciugatura. Tale scelta rifletteva l’urgenza e la portata straordinaria del progetto, pensato per diventare un punto focale della Biennale.
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La mostra a ca’ pesaro: un tuffo nell’arte simbolista e nelle collezioni veneziane
Nel 1909, poco dopo l’esposizione, il re d’Italia ha destinato il ciclo decorativo di Sartorio a Ca’ Pesaro, che oggi ospita la mostra “giulio aristide sartorio. il poema della vita umana”. L’evento è curato da matteo piccolo ed elisabetta barisoni ed è ospitato negli spazi espositivi del secondo piano della galleria internazionale d’arte moderna. La rassegna ripropone in modo fedele la storica esposizione dei Giardini della Biennale del 1907, accompagnando il visitatore con un allestimento che ripercorre anche il clima culturale di quell’epoca attraverso le opere di artisti europei vicini al pensiero simbolista.
La mostra accoglie quadri e sculture di maestri del tempo come auguste rodin e max klinger, oltre a opere di henri fantin-latour, ettore burzi e galileo chini. Attraverso questi interventi, la mostra rende palpabile l’intreccio tra simbolismo e realismo. Non mancano riferimenti alle avanguardie nascenti, qui ancora impregnate di un’eco simbolista e mitologica. Ca’ Pesaro offre così una cornice ideale per ripercorrere quel momento di passaggio, esprimendo un’idea di arte pubblica come sogno collettivo e riflessione sulla condizione umana.
La carriera di sartorio tra pittura di paesaggio e collaborazioni culturali
Giulio aristide sartorio è ricordato soprattutto per i cicli decorativi e le grandi opere ad affresco, ma la mostra a Ca’ Pesaro mette in luce anche altri aspetti della sua produzione artistica. Nato nel 1860, Sartorio ha sviluppato la propria arte sull’incontro tra paesaggio e mito, ispirandosi sia all’arte mediterranea che a influenze nordiche. Prima del poema della vita umana, aveva già realizzato importanti commissioni alla Biennale del 1903 e all’Esposizione Internazionale del Sempione del 1906.
Sartorio ha speso anni in viaggi e studi all’estero, in particolare in Inghilterra, dove ha incontrato le opere di burne-jones, rossetti e morris, pilastri dell’estetica preraffaellita che hanno influenzato le sue scelte stilistiche. Ha inoltre collaborato con gabriele d’annunzio, che ha contribuito alla realizzazione del ciclo per la Biennale, conferendo una dimensione letteraria e mitologica ai temi affrontati. La sua capacità di fondere pittura, poesia e teatro si riflette soprattutto in queste opere monumentali che raccontano l’esistenza umana con toni drammatici ma anche simbolici.
Suggestioni culturali e artistiche
L’incontro con la corrente preraffaellita e la collaborazione con d’Annunzio sottolineano il carattere poliedrico della sua ricerca, che trova nel mito uno strumento per meditare sull’uomo e sulla storia.
Dal restauro alla documentazione scientifica: la conservazione del poema della vita umana
Il ciclo decorativo di Sartorio ha affrontato il passato recente un importante intervento conservativo tra il 2018 e il 2019. Il restauro, finanziato da Chanel attraverso Art Bonus, ha permesso di riportare all’originario splendore le 14 grandi scene e di raccogliere un’ampia documentazione scientifica sullo stato di conservazione e sulle tecniche pittoriche adottate dall’artista. La miscela di cera e oli aveva preservato l’opera da un deterioramento rapido, ma nel tempo erano comunque emersi problemi dovuti a umidità e invecchiamento.
L’intervento ha consolidato i colori e le superfici, restituendo le nuances originarie e la forza espressiva del ciclo. Le analisi sul materiale pittorico hanno confermato le scelte tecniche innovative di Sartorio e hanno fornito chiavi importanti per future strategie di conservazione. Questo lavoro ha reso accessibile al pubblico un’opera dal valore storico e artistico notevole, permettendo di apprezzare fino in fondo il pensiero e la mano dell’artista.
Un percorso nell’arte europea tra simbolismo e collezioni capesarine
La mostra a Ca’ Pesaro non si limita a giulio aristide sartorio, ma si apre a una narrazione più ampia sulle tendenze artistiche europee ai primi anni del Novecento. Le sale accanto al ciclo principale accolgono opere di artisti provenienti dalla scuola belga, ma anche da Germania, Austria, Inghilterra e Svezia. Questi autori, parte del primo padiglione internazionale ai Giardini della Biennale, esprimono un’eco comune tra simbolismo e realismo, con sfumature che anticipano i movimenti d’avanguardia.
In questo viaggio si incontra anche il capolavoro “giuditta II” di gustav klimt, che dal 1910 fa parte delle collezioni civiche di Ca’ Pesaro. L’opera del pittore viennese segna il passaggio dalla decorazione figurativa all’arte moderna, mettendo in dialogo il simbolismo con altri linguaggi. La mostra riesce così a rendere tangibile il quadro di fermento e scambio culturale che ha animato la Biennale e la scena artistica dell’epoca, raccontando una stagione cruciale dell’arte occidentale attraverso le opere e le storie di questi protagonisti.