La direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha portato a termine una confisca di beni per un valore complessivo di circa 800 mila euro. Il provvedimento definitivo, emesso dalla Corte d’appello di Catanzaro e reso irrevocabile dalla sentenza della Corte di Cassazione di febbraio 2025, riguarda quattro persone condannate per reati connessi all’attività criminale della ‘ndrangheta nel territorio di Crotone.
Il ruolo della direzione investigativa antimafia di catanzaro
La dda di Catanzaro ha svolto un ruolo decisivo nel contrasto alle cosche della ‘ndrangheta, in particolar modo rispetto all’operazione denominata “Profilo Basso”. Questa azione investigativa ha permesso di inchiodare i protagonisti coinvolti in una serie di attività illecite legate alle organizzazioni criminali del Crotonese. La confisca dei beni è stata disposta non solo per colpire economicamente i soggetti condannati, ma anche per indebolire le strutture finanziarie su cui si basano le attività delle cosche.
I beni confiscati includono proprietà immobiliari, veicoli, conti correnti e altri asset considerati “beni rifugio”, identificati grazie a indagini dettagliate. Questo tipo di provvedimento consente di interrompere il legame tra uomini della criminalità organizzata e le risorse economiche accumulate illegalmente. L’azione giudiziaria si fonda su un lavoro sinergico tra magistratura e forze dell’ordine impegnate nel contrasto alla criminalità mafiosa nella Calabria.
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Accuse e condanne emerse dall’operazione “profilo basso”
I quattro soggetti coinvolti sono stati giudicati irreversibilmente colpevoli di una serie di reati gravi. Tra le imputazioni figurano associazione a delinquere semplice con finalità mafiose, emissione di fatture false, trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio aggravato dall’agevolazione mafiosa. Questi crimini hanno favorito economicamente le cosche locali di San Leonardo di Cutro e Roccabernarda, due centri nevralgici nel Crotonese.
Le condotte illecite degli indagati hanno permesso la costituzione di un complesso sistema di imprese “fantasma”, definite nel linguaggio investigativo come “cartiere”. Queste società fittizie emettevano fatture per operazioni inesistenti a favore di altre aziende complici. In tal modo venivano create coperture false per evadere ingenti somme dovute allo stato come imposte sui redditi e Iva. A queste condotte si aggiungeva anche la richiesta e l’ottenimento di rimborsi fiscali risultanti da crediti inesistenti, per sostenere economicamente la rete criminale.
Le implicazioni finanziarie e legali della confisca
La confisca di beni per circa 800 mila euro non rappresenta soltanto una misura punitiva, ma anche una mossa strategica per interrompere i flussi finanziari che alimentano la ‘ndrangheta in Calabria. Gli asset sequestrati spaziano da patrimoni immobiliari a rapporti bancari complessi, passando per beni mobili e altre forme di tutela patrimoniale che venivano utilizzate per nascondere e proteggere ricchezze frutto di attività illecite.
Il provvedimento definitivo della Corte d’appello ha ricevuto l’ultimo sigillo con la sentenza della Cassazione, confermando la gravità dei fatti contestati e confutando ogni ricorso presentato dagli accusati. Con questa decisione si ribadisce la linea dura dello stato contro la criminalità organizzata calabrese, non limitandosi alla repressione dei reati ma andando a colpire il cuore economico delle cosche.
Impatto sull’attività di riciclaggio e autoriciclaggio
Allo stesso tempo, la sentenza pone un limite netto all’attività di riciclaggio e autoriciclaggio in grado di alimentare la crescita delle organizzazioni mafiose. Questi strumenti finanziari fittizi usati per occultare proventi illeciti vengono disarmati, contribuendo a limitare l’espansione del controllo criminale su imprese e territorio. L’azione a Catanzaro conferma la determinazione delle istituzioni a contrastare ogni forma di infiltrazione mafiosa nell’economia legale.
La confisca a carico dei quattro individui colpisce una porzione consistente del patrimonio accumulato grazie alle attività illecite emerse durante il processo. Restano attivi gli accertamenti su eventuali ulteriori risorse e collegamenti con altri soggetti coinvolti nel sistema criminale. Le indagini sulla rete delle cosche di San Leonardo di Cutro e Roccabernarda proseguono senza sosta, mentre il bilancio giuridico di “Profilo basso” segna una tappa rilevante nella lotta alla ‘ndrangheta calabrese.