La dinamica dell’incidente e i rischi nelle fosse fognarie

La dinamica dell’incidente e i rischi nelle fosse fognarie

a un anno dalla tragedia di casteldaccia che ha causato la morte di cinque operai della quadrifoglio srl, nessun miglioramento nelle condizioni di sicurezza sul lavoro e indagini ancora in corso
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Un anno dopo la tragedia di Casteldaccia, dove cinque operai sono morti per inalazione di gas tossici, le condizioni di sicurezza sul lavoro non sono migliorate e le indagini procedono senza risultati concreti, mentre la famiglia chiede giustizia e maggior tutela. - Gaeta.it

morti sul lavoro a casteldaccia dopo un anno nessun miglioramento nelle condizioni di sicurezza

La tragedia di Casteldaccia, avvenuta il 6 maggio dello scorso anno, ha portato alla luce gravi mancanze nelle misure di sicurezza sul lavoro. Cinque operai sono morti a causa di un’inalazione letale di gas in un impianto fognario. Nonostante la risonanza iniziale del caso, la situazione non è cambiata e familiari ancora lamentano l’assenza di risposte concrete. Questo articolo ripercorre i fatti, le reazioni della famiglia e lo stato delle indagini in corso.

Quel drammatico giorno a Casteldaccia, in provincia di Palermo, cinque operai della ditta Quadrifoglio srl sono stati sopraffatti da gas tossici all’interno di una vasca di raccolta liquami profonda circa cinque metri. Tre lavoratori si erano calati nel locale con il compito di eseguire lavori di manutenzione per conto dell’azienda municipalizzata AMAP. Dopo pochi scalini, cominciarono a perdere i sensi, probabilmente a causa di una concentrazione di idrogeno solforato dieci volte superiore ai limiti di sicurezza. Nel tentativo di soccorrerli, due colleghi scesero, ma anche loro rimasero intrappolati. Il sesto operaio, invece, riuscì a salvarsi uscendo in superficie dopo aver inalato il gas.

Rischi e carenze

Il gas sprigionato dai liquami rappresenta un rischio grave e poco gestito in questo tipo di interventi. Dai periti coinvolti nell’indagine è emerso che nessuno degli operai presenti indossava maschere o dispositivi respiratori adeguati. Mancava inoltre una formazione specifica sulle procedure di sicurezza, fatta eccezione per un solo lavoratore. La situazione era aggravata dai valori di solfiti e solfuri nelle acque fognarie ben oltre i limiti fissati dalla legge, mettendo a rischio chiunque si trovasse nei locali sotterranei.

Le parole di gaspare giordano e il peso del lutto famigliare

Gaspare Giordano, figlio di Ignazio, uno degli operai morti nell’incidente, racconta il modo in cui la famiglia ha appreso la tragedia e come il dolore oggi persiste intatto, a distanza di un anno. Sua madre si era recata in azienda per avere notizie e aveva ricevuto la notizia della morte del marito con freddezza, senza nessuna forma di riguardo umano. Gaspare stesso tornò da Siracusa e riuscì solo a vedere il padre per un attimo, mentre l’ambulanza lo portava via.

Ricordi e dolore

La tragedia ha stravolto la famiglia. Ignazio Giordano aveva 59 anni e lavorava ogni giorno, ma al suo impegno si univa una forza morale che teneva insieme la sua famiglia. Gaspare ricorda come fosse l’unico punto di riferimento: “Ci dava coraggio, ci spingeva a provare”. Racconta inoltre dei momenti semplici, come gli scherzi e le risate che aveva con il padre, mentre si scambiavano il turno di lavoro. Il vuoto lasciato dalla sua perdita è enorme e la speranza che si possa migliorare la sicurezza sul lavoro rimane ancora lontana.

Lo stato delle indagini e la mancanza di progressi concreti

La procura di Termini Imerese ha avviato un’inchiesta per omicidio colposo plurimo. Sono stati iscritti nel registro degli indagati rappresentanti di diverse società coinvolte, tra cui l’amministratore unico di Tek, il direttore dei lavori e responsabile della sicurezza di AMAP e il titolare della Quadrifoglio. I punti salienti dell’indagine riguardano il rispetto e l’applicazione delle misure di sicurezza e la catena degli appalti.

Assenza di aggiornamenti

Nonostante le indagini attive, si registrano lunghi silenzi e nessuna comunicazione ufficiale sulle conclusioni o sui provvedimenti presi. Nemmeno la recente proposta di legge per la sicurezza sul lavoro è arrivata a una approvazione, mentre altre priorità politiche hanno assorbito l’attenzione, come nel caso del ponte di Messina. La famiglia Giordano denuncia che le promesse iniziali non sono state mantenute e che la vigilanza sugli ambienti di lavoro resta inadeguata. Anche episodi recenti, come traslochi effettuati senza incombono sulle persone sottostanti, confermano la carenza di controlli stringenti.

Il peso di un anno di dolore e la richiesta di tutela

A un anno dalla morte di Ignazio Giordano e dei suoi colleghi, il ricordo è vivo e il dolore forte. Gaspare Giordano e i suoi familiari vivono una realtà segnata da assenza e silenzi. Il loro riferimento è stato portato via da una fatalità che avrebbe potuto essere evitata con misure più attente. Anziché vedere un cambiamento, registrano che tutto resta come prima, con rischi ancora evidenti sul posto di lavoro.

Le parole di Gaspare si chiudono con l’amara constatazione di una sicurezza ancora lontana: “Lavorare è un diritto, tornare a casa è un obbligo”. Un monito che non vuol essere solo personale ma richiama l’attenzione di chi deve garantire condizioni dignitose per tutti i lavoratori. Nel cronoprogramma di interventi ancora da attuare, questo caso richiede risposte tempestive e azioni decisive per impedire nuove tragedie simili.

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