L’antimicrobico resistenza rappresenta un fenomeno sempre più preoccupante che coinvolge la salute pubblica su scala mondiale. Quando i batteri sviluppano resistenza agli antibiotici disponibili, le opzioni terapeutiche si riducono drasticamente, rendendo le infezioni comuni potenzialmente letali. Massimo Andreoni, direttore scientifico della SIMIT e professore emerito di Malattie infettive presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, ha recentemente partecipato a un talk per discutere le gravi implicazioni di questo problema e l’urgenza di investire in ricerca e innovazioni farmacologiche.
La gravità dell’antimicrobico resistenza
La resistenza antimicrobica si configura come una delle principali sfide per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Secondo le stime, se non saranno adottate misure efficaci, entro il 2050 il fenomeno potrebbe trasformarsi nella prima causa di morte a livello globale, con oltre 8 milioni di decessi annui, di cui 2 milioni direttamente attribuiti all’AMR. Andreoni sottolinea che la resistenza non colpisce solo un’area geografica specifica, ma costituisce un problema pandemico che richiede un approccio coordinato e innovativo per affrontare le sue cause e conseguenze.
Attualmente, la disponibilità limitata di antibiotici “reserve”, utilizzabili solo in casi estremi per limitare la diffusione della resistenza, solleva la questione della necessità di sviluppare farmaci nuovi ed efficaci. La ricerca nel campo della scoperta di nuovi antimicrobici è una sfida complessa, e i progressi sono stati lenti. Andreoni avverte che esistono già germi resistenti a questi antibiotici di riserva, rendendo imperativo il progresso nella ricerca per garantire che ci siano nuove opzioni terapeutiche disponibili.
La ricerca di nuove molecole
Un ostacolo significativo nella corsa contro l’AMR è la difficoltà di sviluppare nuovi antibiotici efficaci. Ogni volta che emerge un nuovo ceppo di batteri resistenti, la ricerca si trova a dover affrontare il complesso compito di identificare e sviluppare molecole in grado di combattere tali infezioni. Andreoni evidenzia che trovare un farmaco che funzioni contro i batteri multiresistenti non è solo arduo, ma richiede anche tempo e investimenti sostanziali.
Inoltre, una volta identificati e sviluppati, gli antibiotici efficaci devono essere utilizzati con cautela. A differenza di molti altri farmaci, gli antibiotici di riserva non possono essere ampiamente prescritti per evitare che i microbi sviluppino una nuova resistenza. Questo approccio unico disincentiva le aziende farmaceutiche a investire nella ricerca e nello sviluppo di nuovi antimicrobici, creando una situazione in cui la domanda supera nettamente l’offerta.
L’importanza della cooperazione globale
La lotta contro l’antimicrobico resistenza è considerata una priorità a livello di sanità pubblica globale, con eventi significativi, come il G7 in programma ad Ancona, che si concentrano su queste problematiche. Durante questo incontro, i leader mondiali discuteranno le varie strategie adottate per fronteggiare l’AMR e cercheranno soluzioni condivise. La posizione dell’Italia è particolarmente critica: il Paese presenta uno dei più alti tassi di infezione correlati a germi multiresistenti in Europa, insieme a frequenti pratiche inappropriate nell’uso di antibiotici.
Andreoni sottolinea la necessità di un coordinamento tra le nazioni per affrontare la resistenza antimicrobica ed evidenzia che l’importantissima raccolta di dati e il monitoraggio delle infezioni da germi multiresistenti rappresentano un passo fondamentale in questa direzione. Solo attraverso sforzi cooperativi e una strategia di ricerca ben orchestrata sarà possibile invertire questa tendenza e garantire la salute pubblica per le future generazioni.
Ultimo aggiornamento il 25 Settembre 2024 da Donatella Ercolano