Il governo italiano ha avviato operazioni di gestione dei centri per migranti in Albania che ora sollevano importanti questioni legali. La Cassazione, attraverso due recenti provvedimenti, ha chiesto alla Corte di giustizia dell’unione europea di pronunciarsi sulla compatibilità di queste operazioni con il diritto europeo. La decisione arriva dopo ricorsi del ministero dell’interno contro le non convalide dei trattenimenti disposte dalla Corte d’appello di Roma. Si apre così un dibattito sul rispetto delle norme europee in materia di diritti dei migranti e richiedenti asilo.
I provvedimenti della cassazione e i ricorsi del viminale
Il 2025 si apre con un passaggio giuridico rilevante riguardo ai centri per migranti di Gjader, in Albania. La prima sezione penale della corte di cassazione ha emesso due provvedimenti identici, rinviando la questione alla corte europea. Si tratta di ricorsi presentati dal ministero dell’interno, che contestano due decisioni della corte d’appello di Roma. Le corti capitoline infatti avevano negato la convalida di trattenimento a migranti trasferiti proprio dal territorio italiano ai centri in Albania.
Cambiamento di orientamento
Questa mossa segnala un cambiamento rispetto a posizioni precedenti. La Cassazione, che aveva fino a qualche mese fa equiparato i centri di detenzione di Gjader a quelli italiani, ha ora sollevato dubbi. La novità è che ha chiesto chiarimenti sulla compatibilità di tali trasferimenti con la normativa europea. La decisione arriva all’indomani di segnalazioni arrivate dalla stampa, in particolare dal Manifesto, che ha anticipato i contenuti dei provvedimenti. L’intervento della corte suprema mostra come la questione non sia ancora definita e richieda un pronunciamento da parte delle autorità europee.
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I dubbi in tema di direttive europee sul trattenimento e accoglienza
La questione fondamentale riguarda il rispetto delle direttive europee che disciplinano la materia dell’immigrazione. La cassazione ha sottoposto alla corte europea due nodi specifici, entrambi legati al centro di Gjader. Nel primo caso si tratta del trasferimento di un migrante privo di documenti, cioè con una situazione di irregolarità amministrativa. Qui si pone il dubbio se il trasferimento dall’Italia all’Albania sia compatibile con quella che viene definita direttiva rimpatri. Questa direttiva stabilisce come devono essere gestiti i rimpatri dei cittadini extracomunitari irregolari verso paesi terzi.
Direttiva accoglienza e richiedenti asilo
Nel secondo caso, più complesso, si tratta di un richiedente asilo che ha presentato domanda di protezione internazionale restando confinato all’interno del centro di Gjader. Il problema riguarda invece la direttiva accoglienza, che definisce i diritti e le modalità di accoglienza delle persone che chiedono protezione nell’Unione europea. La cassazione chiede se applicare queste direttive a una struttura posta fuori dal territorio italiano, ma sotto gestione italiana, sia legittimo. Le domande riguardano in modo centrale il concetto di territorialità, cioè il luogo nel quale si applicano le norme europee.
La questione della territorialità e le implicazioni per la politica migratoria italiana
L’elemento della territorialità rappresenta un punto cruciale del confronto giuridico che si sta svolgendo. Fino a poco tempo fa la cassazione aveva considerato i centri di Gjader come equivalenti a quelli italiani, quindi applicabili per intero le stesse norme nazionali ed europee che tutelano i migranti. Ora invece quel principio è stato messo in discussione. La differenza tra un centro situato in Italia e uno sull’altro lato dell’Adriatico, in Albania, apre un vuoto normativo.
Da un lato la gestione dei migranti in territorio albanese, pur essendo affidata all’Italia, comporta questioni riguardo l’estensione delle direttive europee. La corte di cassazione sospetta che in certi casi si possano violare norme che vietano trasferimenti arbitrari o che garantiscono determinate condizioni di accoglienza. Questo fatto si inserisce in un contesto più ampio di strategie del governo italiano volte alla cooperazione con paesi extra UE per la gestione dei flussi migratori. Le incertezze legali sollevate dalla cassazione fanno emergere un nodo che il diritto europeo dovrà chiarire per definire limiti e possibilità di questi modelli.
Impatto sulle procedure attuali
La decisione della Cassazione, in sintesi, segna una battuta d’arresto nelle procedure italiane di trasferimento di migranti in Albania. Il confronto migliore a livello europeo rischia di modificare l’assetto di pratiche che fino ad oggi hanno rappresentato un approccio concreto ma contestato nella gestione dei flussi migratori. La palla passa ora alla corte di giustizia dell’Unione, che dovrà valutare con attenzione i profili di diritto comunitario coinvolti.