La vicenda di una donna toscana, affetta da sclerosi multipla e completamente paralizzata, ha riportato all’attenzione della Corte costituzionale italiana il tema del suicidio assistito. La donna, che ha scelto il nome di fantasia Libera, ha ottenuto il diritto al suicidio assistito ma non può assumere da sola il farmaco letale a causa delle sue condizioni fisiche. Per questo motivo si è rivolta al tribunale di Firenze chiedendo che sia il medico a somministrare il farmaco. L’udienza alla Consulta è stata fissata per l’8 luglio 2025 e riguarda la legittimità dell’articolo 579 del codice penale, norma che punisce l’omicidio del consenziente.
Il tribunale di Firenze solleva la questione costituzionale sull’articolo 579 del codice penale
Il tribunale di Firenze, chiamato a decidere sul caso di Libera, ha sollevato il 30 aprile scorso una questione di legittimità costituzionale sull’articolo 579 del codice penale. Questa norma punisce l’omicidio del consenziente, cioè chi aiuta una persona a morire con il suo consenso. Il nodo è che, secondo la legge attuale, il medico che dovesse somministrare il farmaco rischierebbe una condanna penale.
Gli avvocati di Libera, guidati da Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione Coscioni, hanno chiesto al giudice di autorizzare il medico a somministrare il farmaco ritenuto idoneo dall’Azienda sanitaria, evidenziando la necessità di sollevare l’incidente di costituzionalità. Il tribunale ha riconosciuto che la questione merita attenzione perché il divieto attuale potrebbe confliggere con alcuni articoli della Costituzione che tutelano diritti fondamentali come la libertà personale, l’eguaglianza, la libertà di autodeterminazione e la salute.
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Il caso di Libera: sclerosi multipla e richiesta di somministrazione medica del farmaco letale
Libera ha 55 anni, vive in Toscana e da tempo convive con una forma grave di sclerosi multipla che le ha tolto ogni movimento volontario. Questo impedisce qualsiasi tipo di autosomministrazione del farmaco per il suicidio assistito, anche se in Italia la legge 219 del 2017 ha regolato il consenso informato e le dichiarazioni anticipate di trattamento . Il problema concreto è che Libera può ottenere solo il farmaco, ma non prenderlo da sola. Per questo motivo i suoi legali hanno presentato un ricorso urgente al tribunale di Firenze per chiedere l’autorizzazione affinché il medico possa somministrarle direttamente il farmaco.
Libera, che ha rifiutato la sedazione profonda perché vuole restare cosciente fino alla fine, soffre notevolmente a causa dell’aggravarsi della malattia e di altre complicazioni. La sua richiesta si basa sul diritto all’autodeterminazione e sulla volontà di porre fine a una sofferenza che definisce “insopportabile”, cercando anche di preservare la propria privacy e quella della famiglia durante l’intero iter legale.
Le conseguenze per il diritto al suicidio assistito in Italia dopo l’udienza dell’8 luglio
L’8 luglio 2025 la Corte costituzionale italiana si pronuncerà sul caso di Libera e, più in generale, sulla conformità dell’articolo 579 del codice penale rispetto ai diritti dei malati che chiedono il suicidio assistito. Se la Consulta accogliesse il ricorso, si aprirebbe la strada a una modifica importante nel riconoscimento del diritto di ricevere assistenza medica anche quando la persona non può assumere da sola il farmaco.
La decisione avrà ripercussioni su casi simili e potrebbe spingere il legislatore a intervenire con una regolamentazione più chiara. Lo scenario italiano resta uno dei pochi in Europa dove il suicidio assistito è disciplinato ma con limiti pratici molto stringenti.
In attesa del verdetto, il caso di Libera rappresenta un banco di prova per comprendere in che modo le istituzioni italiane si rapportano ai diritti di chi vive condizioni di grave disabilità e vuole scegliere come e quando concludere la propria vita. I riflettori si accendono sui delicati confini tra etica, diritto e sofferenza personale.
Il ruolo dell’associazione Coscioni e la spinta per un intervento legislativo
L’associazione Coscioni segue da anni con attenzione le vicende legate al fine vita. Il segretario Marco Cappato ha commentato che l’ordinanza del tribunale di Firenze affronta una questione cruciale per il diritto all’autodeterminazione nel momento della fine della vita. La Corte costituzionale, già otto anni fa, aveva spinto il Parlamento ad intervenire con una legge chiara che contemperasse la libertà di scelta del malato e le norme penali.
La mancanza di una legge specifica pesa in casi come quello di Libera. Chi non può prendere da solo il farmaco si trova in un limbo legale, dove il supporto medico è indispensabile ma rischia di configurare un reato grave. L’associazione Coscioni e i legali coinvolti premono affinché si trovi una soluzione che consenta ai malati irreversibili o pesantemente disabili di terminare la propria vita con dignità, senza essere costretti a prolungare una sofferenza che definiscono insopportabile.
Dal punto di vista giuridico, la consultazione della Corte costituzionale si concentra sul confronto tra la norma penale e le garanzie offerte dalla Costituzione riguardo alla tutela della salute e alla libertà personale. La discussione si diramerà anche sugli aspetti etici e pratici del diritto a decidere della propria vita, specie se affidato alla persona stessa o a un medico incaricato.