La questione della parità di genere sul lavoro resta un tema cruciale in Italia, soprattutto nelle regioni meridionali come la Calabria. Di recente, Uni, l’ente nazionale di normazione, ha organizzato un incontro in collaborazione con la Regione Calabria e Fincalabra per affrontare il divario tra donne e uomini nelle opportunità professionali. L’evento ha posto l’accento sulla certificazione di genere come strumento tecnico per favorire l’equità nei contesti lavorativi e ha illustrato le iniziative regionali volte a sostenere questa trasformazione.
La regione calabria e il bando per la certificazione di genere tra le imprese locali
Fortunato Varone, direttore generale del dipartimento Lavoro della Regione Calabria, ha sottolineato l’impegno della regione attraverso un bando da circa tre milioni di euro destinato alle piccole e medie imprese che intendono ottenere la certificazione di parità di genere. Finora, sono pervenute oltre 300 domande, con quasi 270 imprese finanziabili. Varone ha spiegato che il bando rappresenta un tentativo concreto di cambiare il modo di pensare la cultura aziendale regionale, premiando chi implementa politiche di inclusione e parità.
Investimento simbolico e pratico
Questo investimento assume un valore simbolico e pratico, perché mira a modificare l’approccio tradizionale al lavoro e favorire la partecipazione femminile più attiva. L’amministrazione regionale ha inoltre fatto sapere che, qualora le risorse stanziate si esaurissero, è pronta a stanziare ulteriori fondi. In effetti, questa iniziativa si inserisce in un quadro più ampio di politiche attive per l’occupazione, che non si limita a incentivare le assunzioni ma va oltre, promuovendo la cultura della parità e una diversa organizzazione del lavoro che tenga conto di esigenze di genere.
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Il ritardo dell’Italia nella parità di genere secondo il global gender gap
I dati presentati durante l’incontro hanno indicato che l’Italia si posiziona all’87° posto su 146 paesi nella classifica mondiale del Global gender gap, pubblicata dal World Economic Forum. Questo posizionamento conferma un problema radicato, che porta a una distanza significativa tra uomini e donne nel mondo del lavoro, sotto diversi punti di vista: opportunità, accesso alle posizioni di responsabilità e salario.
Secondo le proiezioni attuali, serviranno circa 134 anni per colmare questo divario. Il dato, oltre a suonare allarmante, dimostra quanto lento sia stato il progresso in termini di inclusione e parità. Elena Mocchio di Uni ha evidenziato come la certificazione per la parità di genere possa spingere avanti l’agenda dei diritti sul lavoro, offrendo al contempo alle aziende una guida tecnica per costruire ambienti più equi. La risposta al sistema di certificazione è stata rilevante: entro la fine del 2024, oltre 8mila organizzazioni hanno ottenuto il riconoscimento.
Il progetto avviato in Calabria prevede un tour in altre regioni italiane per diffondere strumenti e buone pratiche. L’approccio tecnico di Uni porta un metodo standardizzato, ma flessibile, che può adattarsi alle diverse realtà produttive, stimolando il cambiamento culturale.
Benefici concreti della certificazione di genere per il mercato del lavoro calabrese
L’impatto del bando e delle certificazioni in Calabria si è subito fatto sentire. Secondo lo studio condotto da Confartigianato, l’occupazione femminile nel 2024 è cresciuta del 3,1% rispetto a solo 0,7% per gli uomini. Un dato che racconta di un’effettiva apertura delle imprese locali verso forme di lavoro più inclusive. La certificazione non si limita a rappresentare un attestato, ma ha portato con sé una serie di misure pratiche rivolte a migliorare l’integrazione delle donne.
Indicatori della certificazione di genere
In particolare, Uni esamina 33 indicatori suddivisi in sei aree fondamentali: cultura e strategia aziendale, governance, processi delle risorse umane, opportunità di crescita e inclusione, equità nella retribuzione e tutela della genitorialità con la conciliazione vita-lavoro. Per ottenere il certificato, un’impresa deve soddisfare almeno il 60% degli indicatori.
Tra le sfide principali resta l’equità salariale: molte aziende private ancora pagano le donne in media il 10% in meno rispetto ai colleghi uomini. Questo divario retributivo è segnalato come uno degli ostacoli più difficili da superare per raggiungere una parità reale. La certificazione rappresenta un incentivo a monitorare e ridurre queste differenze.
Esperienze di aziende e istituzioni calabresi nel promuovere la parità di genere
Durante l’incontro, alcune realtà imprenditoriali regionali hanno condiviso le loro esperienze concrete nell’applicazione delle politiche di inclusione promosse dalla Regione. Fortunato Amarelli e Santo Scarpelli hanno raccontato come nelle loro aziende si sia lavorato attivamente per creare ambienti che favoriscano la partecipazione femminile e offrano strumenti per bilanciare lavoro e responsabilità familiari.
Il loro racconto ha mostrato che oltre ai numeri, è il cambiamento culturale che può sostenere la parità. È emerso che adottare criteri certificati aiuta a mantenere il focus sulle azioni evidenti e sulla verifica dei risultati. L’esperienza calabrese diventa così un modello da osservare e replicare in altre regioni italiane, con l’obiettivo di rimuovere barriere storiche e di ruolo.
L’evento ha rilanciato la certificazione come uno strumento concreto per ridurre il divario di genere, promosso da enti pubblici e imprese sensibili, ma destinato a scuotere la realtà lavorativa italiana nel suo insieme.