La burocrazia pesa sulle Pmi italiane con un costo annuo di almeno 80 miliardi di euro

La burocrazia pesa sulle Pmi italiane con un costo annuo di almeno 80 miliardi di euro

Le piccole e medie imprese italiane perdono 80 miliardi di euro all’anno a causa della burocrazia complessa e lenta della pubblica amministrazione, con forti differenze regionali e confronti sfavorevoli in Europa.
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Le piccole e medie imprese italiane perdono ogni anno 80 miliardi di euro a causa della burocrazia complessa e dei lunghi tempi della pubblica amministrazione, con forti differenze regionali e un impatto negativo su competitività e organizzazione aziendale. - Gaeta.it

Le piccole e medie imprese italiane si trovano a fare i conti con una burocrazia che sottrae ogni anno almeno 80 miliardi di euro al sistema produttivo. La complessità delle norme e i lunghi tempi richiesti dalla pubblica amministrazione rallentano molte attività, rappresentando un ostacolo significativo per lo sviluppo economico. Questo quadro emerge dall’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre e da diverse ricerche europee che mettono in luce differenze tra regioni e confronti con altri paesi.

Il peso della burocrazia sulle pmi italiane

L’appesantimento burocratico grava in modo consistente sulle piccole e medie imprese, drenando risorse economiche fondamentali. L’Ufficio studi della Cgia quantifica in almeno 80 miliardi di euro la cifra sottratta annualmente dal sistema delle Pmi a causa delle procedure burocratiche. Questo dato deriva dalla somma delle incombenze amministrative che le imprese devono affrontare, spesso senza la possibilità di semplificare o delegare.

Le norme si sono accumulate nel corso dei decenni mentre i tempi di attesa per ottenere permessi e autorizzazioni restano molto lunghi, posizionandosi tra i più elevati in Europa. Questo sistema crea rallentamenti, impedendo alle aziende di reagire rapidamente ai cambiamenti del mercato e di investire in modo efficace. La complessità normativa impatta inoltre sull’organizzazione del lavoro in azienda, costringendo molti imprenditori a destinare parte del personale esclusivamente alle attività burocratiche.

Il disegno di legge e l’abrogazione delle norme obsolete

Il governo ha proposto un disegno di legge per abrogare più di 30.700 norme promulgate tra il 1861 e il 1946. Questo intervento mira a ridurre del 28% il numero di regole vigenti che ancora oggi complicano la vita degli imprenditori e dei cittadini. La cancellazione di queste vecchie leggi rappresenta un primo passo per snellire il quadro normativo, ma non incide sui problemi strutturali legati all’inefficienza della pubblica amministrazione.

Le difficoltà rimangono evidenti, soprattutto nel rapporto con gli uffici pubblici che continuano a presentare differenziali importanti rispetto ai partner europei. I tempi richiesti per le pratiche amministrative non si riducono significativamente e ciò limita la capacità di crescita e di investimento delle aziende. È evidente che occorre un intervento più ampio e profondo per migliorare concretamente la gestione normativa e amministrativa.

Confronti europei sulla burocrazia e l’organizzazione delle imprese

Un’analisi della Banca Europea degli Investimenti nel 2024 ha raccolto dati su quanto personale le imprese debbano destinare per affrontare gli obblighi burocratici. In Italia, il 90% delle aziende conferma di avere lavoratori impegnati con queste incombenze, una percentuale superiore a quella di Francia , Germania e Spagna . Il dato più rilevante riguarda la quota di imprese che dedica oltre il 10% del proprio personale solo a rispettare norme e procedure: in Italia si parla del 24%, contro il 14% di Francia e Spagna e l’11% della Germania.

Questi numeri sottolineano come la burocrazia non costituisca solo un ostacolo finanziario, ma anche un freno organizzativo concreto per le imprese italiane. Dedicare una parte così consistente di risorse umane a svolgere funzioni burocratiche è un grave problema per la competitività, soprattutto quando altrove, nel resto d’Europa, la percentuale è notevolmente inferiore.

Le differenze regionali nella qualità della pubblica amministrazione

Uno studio dell’università di Göteborg ha valutato nel 2024 la qualità istituzionale in 210 regioni europee, mettendo in evidenza la posizione delle regioni italiane. Il Friuli Venezia Giulia è la prima regione italiana in classifica, piazzandosi al 63° posto a livello europeo. Seguono la Provincia autonoma di Trento , la Liguria e la Provincia autonoma di Bolzano . Nel confronto, le regioni del sud Italia mostrano una situazione molto più critica: Puglia al 195° posto, Calabria al 197°, Molise al 207° e Sicilia all’ultimo posto, 208°.

Le differenze evidenziano come la burocrazia e la lentezza negli uffici pubblici si manifestino in modo molto più marcato nelle regioni meridionali. Qui inefficienze di organizzazione e lunghe attese rappresentano un freno significativo non solo per le imprese ma anche per i cittadini, aumentando la frustrazione e riducendo la fiducia nei servizi pubblici.

Punti di forza e criticità della pubblica amministrazione italiana

La Cgia di Mestre riconosce che in Italia esistono ambiti della pubblica amministrazione in cui il funzionamento è riconosciuto e apprezzato a livello internazionale, come la sanità, la ricerca scientifica, l’università e la sicurezza. Questi settori rappresentano punte di eccellenza che si distinguono rispetto ad altri paesi, e non mancano esempi virtuosi sul territorio nazionale.

Nonostante questo, il funzionamento complessivo dello Stato appare spesso sovraccarico e lento. La situazione peggiora nelle regioni del sud, dove si accentuano i ritardi e le inefficienze diventano “tratti caratteristici” della macchina amministrativa. Ciò provoca costi elevati per cittadini e imprese, aggravando le difficoltà nel rapportarsi con uffici pubblici poco reattivi e spesso insufficientemente organizzati.

La mancanza di servizi efficienti e con costi sostenibili mette a dura prova chi vive e lavora in Italia, alimentando un senso di disagio attorno a una pubblica amministrazione che fatica ad aggiornarsi e a gestire flussi complessi in un contesto in rapido cambiamento. Questo problema resta una delle sfide più urgenti per il paese nel 2025.

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