Italiani in fuga da teheran in azerbaigian dopo raid missilistici israeliani

Italiani in fuga da teheran in azerbaigian dopo raid missilistici israeliani

Raffaele Mauriello e altri italiani lasciano Teheran dopo bombardamenti israeliani, attraversando difficili controlli al confine con l’Azerbaigian; la situazione politica iraniana resta incerta e preoccupante per la regione.
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Raffaele Mauriello, professore italiano a Teheran, è fuggito con altri connazionali verso l’Azerbaigian a causa dei bombardamenti israeliani sulla città, in un clima di alta tensione politica e militare che minaccia la stabilità regionale. - Gaeta.it

Raffaele Mauriello, professore all’università di Allameh Tabatabai a Teheran da più di 20 anni, ha lasciato la capitale iraniana insieme ad altri 28 connazionali in una fuga notturna verso l’Azerbaigian. La decisione è arrivata dopo una serie di bombardamenti israeliani, con missili caduti in quartieri residenziali e un attacco vicino alla residenza dell’ambasciatrice italiana a Farmaniye. Il trasferimento è stato organizzato e supportato dall’ambasciata italiana. L’esodo si è svolto in un clima di tensione altissima, con difficoltà al confine e paure tra le famiglie coinvolte.

La situazione a teheran durante i raid missilistici israeliani

Negli ultimi giorni, Teheran ha vissuto un clima di forte tensione a causa dei bombardamenti israeliani che hanno colpito soprattutto zone residenziali come piazza Tajrish e viale Vali-e Asr. Tra queste, una delle più gravi è stata l’attacco vicino alla residenza dell’ambasciatrice italiana, con un missile caduto a pochi metri dall’edificio. Mauriello racconta di aver visto con i propri occhi edifici scoperchiati con missili ancora incastrati, e di conoscere persone, tra professori universitari, coinvolte direttamente negli attacchi, con alcune vittime.

In città, nonostante la gravità degli eventi, la popolazione non ha manifestato forme di caos estremo. Molti abitanti hanno lasciato Teheran durante il primo giorno di festa di sabato, la settimana lavorativa iraniana parte infatti di sabato e molti hanno approfittato per allontanarsi. La percezione diffusa tra la popolazione era quella di un possibile accordo con gli Stati Uniti, una speranza che si è però infranta con l’escalation dei raid.

Il percorso notturno verso l’azerbaigian e le difficoltà al confine

La partenza degli italiani si è svolta di notte. Alle 6.30 del mattino si sono radunati davanti alla residenza dell’ambasciatrice Paola Amadei, sotto un attacco missilistico che ha colpito proprio vicino a loro causando un boato forte e momenti di panico. Il viaggio verso l’Azerbaigian è durato quasi 24 ore e ha richiesto un attraversamento a piedi del confine fra i due Paesi.

Al confine, le difficoltà sono state maggiori del previsto anche a causa di rapporti tesi tra Iran e Azerbaigian. Le persone sono state controllate una per una dalle autorità locali, in un’atmosfera che Mauriello paragona al film il “Ponte delle spie”. Oltre agli italiani, al confine c’erano altri gruppi di stranieri di nazionalità cinese, messicana e giapponese. Gli italiani sono arrivati a Baku alle 4 del mattino e sono stati accolti dall’ambasciatore Luca Di Gianfrancesco.

Le prospettive politiche iraniane e la preoccupazione per il futuro

Mauriello spiega che a Teheran nessuno si aspettava attacchi israeliani, soprattutto con un clima che faceva pensare a un avvicinamento diplomatico agli Stati Uniti. Si sognava la riapertura dell’ambasciata americana, chiusa a seguito della rivoluzione islamica del 1979. Ora invece la realtà mostra uno scontro diretto, con Tel Aviv che chiede esplicitamente un cambio di regime in Iran.

Il professore segnala però un quadro complesso, avvertendo che un cambio di governo non necessariamente andrà nella direzione voluta dall’Occidente. Secondo lui, a reggere il Paese in questo momento sono i Guardiani della Rivoluzione e l’esercito, che potrebbero prendere il potere in caso di crisi politica. Questa eventualità, commenta, ricorda ciò che accadde in passato in Turchia e Pakistan, con regimi militari.

L’ipotesi di un regime guidato dall’esercito iraniano preoccupa perché potrebbe risultare ancor più ostile a Israele e all’Occidente. L’attuale percorso rischia di compromettere la possibilità di un accordo graduale sul nucleare, con risultati potenzialmente più pericolosi e inaspettati. Le scelte in gioco rappresentano un rischio alto per tutta la regione, con tensioni destinate a durare ancora per molto.

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