Italiani evacuati dall’iran dopo l’attacco israeliano: timori e difficoltà nei ritorni

Italiani evacuati dall’iran dopo l’attacco israeliano: timori e difficoltà nei ritorni

24 italiani evacuati dall’Iran dopo l’attacco israeliano, rientrati in Italia via Azerbaigian; la Farnesina organizza nuovi convogli attraverso Armenia, Turchia e Turkmenistan per garantire sicurezza e assistenza.
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Un gruppo di 24 italiani è tornato in Italia dopo essere fuggito dall’Iran a seguito dell’attacco israeliano, attraversando corridoi difficili in paesi confinanti con il supporto della Farnesina. - Gaeta.it

Sono tornati in Italia con la sensazione di aver lasciato dietro di sé un paese scosso, tra il fragore dei missili e l’angoscia per chi è rimasto a Teheran. Tra loro, 24 italiani fuggiti dall’Iran dopo l’attacco israeliano del 13 giugno, arrivati a Malpensa attraverso il corridoio dell’Azerbaigian. Le storie raccontano di notti insonni, paure profonde e comunicazioni interrotte, mentre le vie di fuga restano difficili e incerte.

I flussi dai paesi vicini: corridoi di fuga e nuovi arrivi in italia

Il passaggio attraverso i paesi confinanti è al centro degli sforzi diplomatici italiani per garantire assistenza e protezione agli italiani presenti in Medio Oriente. Il gruppo sbarcato a Malpensa ha percorso un viaggio di circa 9 ore partendo dai confini iraniani fino alla capitale dell’Azerbaigian, dove si è unito a rappresentanti dell’ambasciata prima di raggiungere l’aeroporto per il volo verso l’Italia.

La Farnesina segnala l’intenzione di organizzare nuovi convogli presto, puntando a rotte alternative per raggiungere zone più sicure. Armenia, Turchia e Turkmenistan sono considerati passaggi strategici in questa rete di soccorso. Anche chi si trova in Israele deve raggiungere i confini terrestri per ripartire verso l’Europa. Un volo charter proveniente da Sharm el Sheikh, in Egitto, porterà nelle prossime ore 140 italiani a Verona, a testimonianza della complessità e varietà degli itinerari seguiti per tornare in sicurezza.

Questi movimenti rivelano, al tempo stesso, le difficoltà sul terreno e la necessità di risposte tempestive per chi si trova improvvisamente al centro di un conflitto armato. Le operazioni proseguono, mentre gli arrivi si susseguono tra attese e paure mai del tutto superate.

L’angoscia per i familiari rimasti in iran tra blackout e isolamento

Il clima resta teso anche dopo l’arrivo in Italia. Un pensiero ricorrente tra chi è riuscito a scappare è rivolto ai parenti e amici ancora a Teheran o in altre città iraniane, dove le comunicazioni sono spesso interrotte. Fatemeh non ha più notizie dei genitori, perché le linee internet risultano bloccate e le fonti energetiche funzionano a singhiozzo. L’assenza di contatti diretti alimenta un senso di solitudine e ansia diffusa. Questa situazione non riguarda solo lei ma tanti altri esuli. Ad esempio, Pega e Shirin, studentesse universitarie a Roma di origine iraniana, raccontano dell’allarme cresciuto soprattutto dopo gli attacchi degli Stati Uniti. Pega ha perso il contatto con la sorella da giorni e molte amiche iraniane non risultano più raggiungibili nemmeno attraverso app come whatsapp.

Le comunicazioni via mail o messaggi si fanno rare e intermittenti. Shirin ha ricevuto un messaggio dalla madre solo pochi giorni fa, nonostante gli sforzi per mantenere un filo di dialogo. Questa interruzione della rete isolata dal mondo pesano non solo sul piano emotivo ma anche sull’organizzazione di eventuali evacuazioni o aiuti. Molti pensano ad organizzare spostamenti o a cercare vie di fuga alternative, ma le restrizioni politiche e le tensioni limitano le possibilità reali di movimento.

La difficile uscita dall’iran: tra paura e attese ai confini

Dopo l’esplosione dei missili, molti sono riusciti a lasciare Teheran e le città limitrofe verso i confini più sicuri. L’itinerario ha spesso previsto il passaggio in Azerbaigian, da cui poi si sono mossi verso l’Italia. Il viaggio non è stato semplice: lunghe ore di scavo sulle strade, attese ai valichi e timori continui per gli eventuali nuovi attacchi. Fatemeh Sakhtemani, architetta iraniana di 36 anni, ha raccontato di aver sentito l’esplosione vicino all’ambasciata proprio mentre aspettava un pullman, l’immagine simbolo delle condizioni in cui si trovavano i civili. La notte trascorsa in campagna nei dintorni di Teheran è stata “davvero paurosa” per lei e il figlio di 18 mesi.

Le procedure di evacuazione hanno richiesto un’organizzazione precisa da parte della Farnesina, presente all’arrivo dei gruppi a Baku con rappresentanti dell’Ambasciata italiana. Le difficoltà non sono mancate, anche per via delle restrizioni e della situazione politica sempre più tesa nei paesi di confine. La rete di soggiorno temporaneo e poi il trasferimento verso gli aeroporti sono stati fasi cruciali. Il prossimo convoglio verso l’Italia potrebbe partire già lunedì prossimo attraverso rotte alternative come Armenia, Turchia e Turkmenistan, offrendo un’opportunità ad altri italiani bloccati in Iran.

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