Israele lancia operazione rising lion contro alti vertici militari iraniani con avvertimento diretto a un generale

Israele lancia operazione rising lion contro alti vertici militari iraniani con avvertimento diretto a un generale

Israele lancia l’operazione Rising Lion colpendo i vertici militari iraniani e invia un ultimatum a un generale tramite il Mossad, intensificando le tensioni e rischiando una nuova escalation nel Medio Oriente.
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Il 13 giugno 2025 Israele ha lanciato l’operazione Rising Lion, colpendo i vertici militari iraniani e inviando un ultimatum a un generale iraniano, segnando un’escalation nelle tensioni tra i due Paesi. - Gaeta.it

Un’avanzata azione militare ha preso il via tra Israele e Iran nelle prime ore del 13 giugno 2025. Israele ha portato a termine una serie di attacchi mirati contro importanti figure militari iraniane, nel quadro di quella che è stata chiamata operazione Rising Lion. Un audio esclusivo ottenuto dal Washington Post rivela un messaggio minaccioso e diretto rivolto a un superiore iraniano, con richieste precise e un ultimatum ben definito. Questi eventi mostrano un peggioramento delle tensioni tra i due Paesi e tracciano un quadro di rappresaglie mirate e strategiche.

Dettagli dell’operazione rising lion: colpi a vertici militari iraniani

La mattina del 13 giugno, Israele ha eseguito una serie di attacchi precisi, concentrandosi sui più alti ranghi della struttura militare della repubblica islamica. Secondo le fonti, diverse figure chiave sono state eliminate durante questa operazione chiamata Rising Lion. Tra i nomi citati ci sono Bagheri, Salami e Shamkhani, figure di rilievo nei vertici iraniani. Le azioni sono state condotte con rapidità e decisione, non lasciando margine di replica immediata.

L’obiettivo di Israele appare chiaro: colpire la leadership militare e destabilizzare la struttura iraniana, riducendo la capacità di coordinazione e risposta. Questi attacchi segnano un’escalation nel conflitto tra i due Paesi che dura da decenni e faticano a trovare una soluzione. Il piano è stato condotto probabilmente con intelligence dettagliata e tecnologia avanzata, vista la capacità di colpire obiettivi specifici nelle prime ore di un singolo giorno.

La chiamata minacciosa: un agente del mossad parla con un generale iraniano

Nelle ore immediatamente successive agli attacchi, un agente del Mossad ha contattato un generale iraniano con un messaggio duro e sibillino, registrato e pubblicato dal Washington Post. La chiamata, in perfetto persiano, comunica un ultimatum preciso: il generale ha dodici ore per fuggire con la moglie e il figlio, altrimenti verrà eliminato come gli altri. L’agente sottolinea che gli israeliani stanno tenendo sotto controllo il generale e che sono vicini quanto il battito della sua giugulare.

Il tono della comunicazione è diretto e senza ambiguità, con quel misto di minaccia e avvertimento. L’agente ricorda i nomi delle figure militari appena eliminate e chiede al generale di inviare un video in cui dissocia pubblicamente dal regime di Teheran, dichiarando di non voler sacrificare la propria vita per un governo che, secondo l’agente, ha distrutto il paese per 46 anni.

Il messaggio viene specificato con precisione anche sulla modalità: un ID Telegram verrà inviato al generale per poter mandare il video entro le ore stabilite. È evidente la pressione verso una resa o almeno una separazione dal regime, come unica possibilità di salvezza per sé e per la famiglia.

Il ruolo del generale iraniano e la situazione attuale

Non è chiaro se il generale abbia inviato il video richiesto; alcuni rapporti indicano che potrebbe essere ancora vivo in Iran. Il Washington Post segnala che la risposta del generale non è stata pubblicata o confermata. La sua posizione appare delicata: da un lato il peso del comando e la fedeltà al regime, dall’altro l’urgenza della minaccia israeliana che lo mette direttamente nel mirino.

Se il messaggio del Mossad è un segnale verso defezioni interne, potrebbe indicare che già circolano tensioni e dubbi tra le fila degli alti ufficiali iraniani. Una pubblica dissociazione rappresenterebbe una frattura importante dentro la leadership. La richiesta di un video pubblico evidenzia la volontà di Israele di usare questo episodio anche dal punto di vista dell’immagine e della propaganda, per delegittimare il regime e mostrare crepe interne.

Al tempo stesso, il fatto che continui a esistere incertezza sulla sua sorte parla della complessità e della pericolosità della situazione. Inoltre, il clima di sospetti e controlli all’interno dell’Iran rende difficile ogni movimento o comunicazione libera. La posta in gioco riguarda non solo i destini individuali, ma l’intero equilibrio regionale.

Implicazioni geopolitiche e scenari futuri per israele e iran

L’operazione Rising Lion segna un passaggio drammatico nella lunga rivalità tra Israele e Iran. Israele, colpendo direttamente i vertici militari iraniani, fa comprendere di voler agire anche fuori dei confini propri, portando la guerra in casa avversaria. Ciò può provocare ulteriori ritorsioni e rischia di alimentare conflitti più ampi nel Medio Oriente.

Il messaggio dissuasivo verso il generale iraniano mostra una nuova modalità di pressione, che mescola guerra cibernetica, intelligence e comunicazioni dirette. Questo tipo di azioni può portare a scontri sempre più complessi, anche coinvolgendo altre nazioni e alleanze regionali. Iran dal canto suo potrebbe reagire con operazioni simili o attraverso proxy presenti in paesi vicini.

La comunità internazionale segue con attenzione gli sviluppi, consapevole che ogni gesto rischia di innescare una nuova escalation. Dunque, la situazione rimane tesa e in rapido movimento con conseguenze che si dipaneranno solo nei prossimi mesi. La partita geopolitica tra questi due Paesi resta una delle più delicate del mondo contemporaneo.

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