Lo scontro fra due visioni contrapposte all’interno della Repubblica islamica si è accentuato negli otto giorni di conflitto con israele. Da un lato, la vecchia guardia clericale si presenta ancora disponibile a trattare sul nucleare con gli Stati Uniti. Dall’altro, la nuova generazione militare dei pasdaran spinge per una linea molto più intransigente. Questo cambio di potere in Iran proietta il paese verso una trasformazione profonda, con effetti imprevedibili sulla stabilità regionale e sulla sicurezza internazionale.
Il nuovo ruolo dei pasdaran e il declino della prima generazione clericale
L’Iran sta vivendo un passaggio di potere deciso, in cui la “seconda generazione” che affonda le radici soprattutto nell’apparato militare dei pasdaran sta soppiantando la prima leva clericale della rivoluzione del 1979. Questa prima generazione, oggi molto ridotta e indebolita, non riesce più a mantenere il controllo sulla politica nazionale. Lo abbiamo capito negli ultimi giorni di guerra con israele, quando le tensioni interne sono esplose e il sistema politico ha mostrato crepe profonde.
Il ruolo di ali khamenei
Il ruolo della Guida Suprema Ali Khamenei, già molto influente, si sta trasformando in un simbolo più che in un centro di potere concreto. In effetti, quasi tutte le leve istituzionali ed economiche sono ormai dominio dei pasdaran, la cui “seconda generazione” ha preso la scena con maggiore decisione. Questi militari hanno interesse a un sistema di governo più autoritario e blindato, capace di resistere alle pressioni esterne e interne. La trasformazione non era voluta in modo così traumatico dal clero, che avrebbe preferito un passaggio morbido. Eppure, la guerra e le tensioni hanno accelerato ogni processo di cambiamento.
Leggi anche:
Divisioni profonde sul futuro nucleare e fallimento negoziati con gli stati uniti
Il conflitto interno iraniano si riflette in modo netto sulla questione nucleare. Negli ultimi mesi, i negoziati con gli Stati Uniti in Oman avevano dato speranze, ma si sono interrotti bruscamente. Lo “scontro generazionale” emerge qui chiaramente: la prima generazione, rappresentata da Khamenei e da alcune figure del governo, mostra una certa apertura al dialogo. Questa ala moderata ha spinto fino all’ultimo per quei colloqui, cercando di legare il paese a impegni che potessero alleggerire le sanzioni.
Dall’altra parte, i pasdaran hanno fatto invece prevalere la linea dura, respingendo ogni mediazione. La posizione intransigente di Washington, prima disponibile a discutere su un livello limitato di arricchimento dell’uranio, poi divenuta massimalista, ha chiuso ogni porta. Il risultato è stato confermare un bivio: o l’Iran cede a condizioni che percepisce umilianti e rischia l’instabilità interna oppure sceglie la dura repressione e una ridefinizione del potere politico.
Questo ultimo scenario appare più probabile. Il regime vuole evitare una crisi di legittimità, temendo proteste e sommosse se mostrasse debolezza. L’introduzione della legge marziale o misure simili appare uno strumento per mantenere saldamente il controllo.
Le prospettive di instabilità e assenza di una reale opposizione interna
Nonostante la crisi e la sofferenza della popolazione, in Iran non si vede all’orizzonte una rivolta in grado di cambiare il quadro politico. La maggior parte dei cittadini vorrebbe un cambiamento in senso democratico, ma le forze politiche organizzate mancano. I movimenti di protesta sono in gran parte spontanei, disorganizzati, destinati a spegnersi rapidamente quando la repressione si fa sentire.
Anche la diaspora e le opposizioni all’estero appaiono divise e poco influenti nel contesto interno. Un intervento militare esterno potrebbe modificare questa situazione, ma un’azione di terra straniera allo stato attuale sembra altamente improbabile.
Questa situazione stabilisce un terreno favorevole alla “seconda generazione” militare per consolidare il potere, mentre la prima generazione clericale perde gradualmente peso e riferimento.
La morte di khamenei e il passaggio a un nuovo assetto politico
Un evento destinato a segnare il destino dell’Iran sarà la morte della Guida Suprema Ali Khamenei, oggi 86enne. La sua scomparsa potrebbe sancire il definitivo passaggio di potere ai pasdaran, che potrebbero avviare una revisione costituzionale simile a quella vista dopo la morte di Khomeini.
Possibili cambiamenti costituzionali
Un’emenda potrebbe ridurre ulteriormente il ruolo della guida, trasformandola in organo simbolico e trasferendo poteri decisivi a un esecutivo presidenziale gestito dai militari. Questo modello avvicinerebbe l’Iran a regimi autoritari tradizionali come quelli di Egitto e Pakistan, mantenendo solo formalmente la “repubblica islamica”, ma modificandone profondamente la natura del potere.
Questa svolta segnerebbe anche un cambio nella politica interna ed estera del regime, con i pasdaran pronti a usare tutto il loro peso per rispondere alle sfide e alle minacce esterne.
Le conseguenze regionali del nuovo iran pasdaran-centrico
L’ascesa dei pasdaran al vertice del paese avrà ripercussioni importanti sulla sicurezza del Medio Oriente. La prima generazione ha sempre rappresentato un limite al programma nucleare, alimentato anche dalla fatwa di Khamenei che vieta la bomba atomica.
La nuova classe dirigente militare vede invece l’arma nucleare come deterrente fondamentale per rispondere alle pressioni esterne, in particolare nei confronti di israele. Quattro giorni fa, il parlamento iraniano ha presentato una proposta per uscire dal trattato di non proliferazione, un gesto senza precedenti che sfida direttamente la posizione della guida suprema e mostra i contrasti in seno al regime.
Se questa linea dovesse prevalere, la regione vedrebbe un’accelerazione verso la nuclearizzazione, con Arabia Saudita e altri paesi pronti a sviluppare propri programmi atomici. Un’escalation che metterebbe in crisi gli assetti consolidati e la stabilità di paesi come israele.
Del resto, gli accordi di Abraham, nati per migliorare i rapporti tra israele e alcuni stati arabi, non garantiscono a Tel Aviv sicurezze assolute. La diffidenza verso gli alleati regionali è alta e la politica locale potrebbe mutare in modo rapido e inatteso.