La procura di Milano ha concluso le indagini sull’incidente che il 24 novembre 2024 è costato la vita a Ramy Elgaml, 19 anni. La posizione penale è aperta sia per Fares Bouzidi, amico e conducente dello scooter, sia per il carabiniere che inseguiva il mezzo con l’auto di servizio. Entrambi rischiano un processo per la morte avvenuta durante la fuga per le vie milanesi. La vicenda mette al centro il delicato equilibrio fra la responsabilità del fuggitivo e le modalità di un inseguimento in città che ha avuto esito tragico.
Le contestazioni dei pm a fares bouzidi e al carabiniere
Secondo l’accusa, Fares Bouzidi avrebbe causato direttamente l’omicidio stradale. Il giovane guidava il T-Max privo di patente e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Dopo essersi sottratto a un controllo richiesto dai carabinieri, ha imboccato strade trafficate con velocità che in alcuni tratti superavano i 120 chilometri orari, con comportamenti pericolosi, come la guida senza casco e contromano. Il momento dello scontro è avvenuto in via Ripamonti, dove una manovra improvvisa ha fatto collidere lo scooter con la gazzella in inseguimento.
Accusa al carabiniere durante l’inseguimento
Il carabiniere alla guida della gazzella è invece accusato di aver violato le regole di prudenza e diligenza previste dal codice della strada. I pm evidenziano come il militare abbia mantenuto una distanza pericolosamente ridotta dal T-Max, mai superiore a 1,5 metri, durante un inseguimento durato circa otto minuti. La velocità della gazzella nel tratto finale si aggirava attorno ai 55 chilometri orari. La distanza ravvicinata e la durata dell’inseguimento, secondo l’accusa, hanno aumentato il rischio di collisione e ridotto la capacità di reazione di entrambi i conducenti.
Leggi anche:
La consulenza tecnico-cinematica disposta in sede di indagine aveva invece concluso che il comportamento del carabiniere era stato corretto. Tuttavia, nel mirino dei pm resta proprio l’approccio adottato durante l’inseguimento, giudicato imprudente. Da notare che l’amico di Ramy, già condannato per resistenza a pubblico ufficiale, è anch’egli coinvolto nella vicenda e rischia il rinvio a giudizio.
Dettagli dell’incidente e dinamica dell’inseguimento
L’inseguimento tra la gazzella e il T-Max è durato circa otto minuti, snodandosi per diverse strade di Milano. Fares Bouzidi, in fuga dopo essersi rifiutato di fermarsi al controllo, ha spinto il mezzo a velocità elevate. L’assenza del casco e la conduzione del motociclo con due persone a bordo hanno aumentato la pericolosità della situazione.
Il momento dello scontro
L’episodio chiave si è verificato all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, dove Bouzidi, raggiungendo una velocità intorno ai 55 chilometri orari, ha effettuato una svolta repentina a sinistra e subito dopo una manovra improvvisa a destra verso una rampa pedonale. Questa azione ha provocato l’urto con la gazzella. L’impatto ha fatto scivolare lo scooter, proiettando Ramy contro un semaforo. Subito dopo il ragazzo è stato investito dall’auto dei carabinieri.
L’accusa ritiene che anche il carabiniere abbia contribuito all’incidente per non aver mantenuto la distanza di sicurezza necessaria a evitare la collisione. Lo scenario è complesso, con responsabilità condivise ma distinte fra la guida spericolata del T-Max e le modalità di inseguimento adottate dal militare.
la reazione di Romano La Russa sulla richiesta di rinvio a giudizio
Romano La Russa, assessore regionale alla Sicurezza della Lombardia, ha espresso forte critica verso la decisione dei pm di chiedere il rinvio a giudizio per il carabiniere. In una nota ha definito la richiesta “inaccettabile” e ha sottolineato la correttezza dell’operato del militare, già valutato positivamente dalla consulenza tecnica della procura.
L’assessore ha manifestato stupore rispetto al dietrofront dei pm, che ora accusano il carabiniere di aver tenuto una distanza troppo ridotta dalla moto e per la durata prolungata dell’inseguimento. Ha ricordato come un carabiniere abbia il dovere di fermare un veicolo in fuga, mettendo in guardia da quella che definisce una possibile “pregiudiziale ideologica”.
La Russa ha sperato che il giudice per le indagini preliminari non accolga la richiesta di rinvio a giudizio, giudicandola senza fondamento e scorretta nei confronti delle forze dell’ordine. La questione apre un dibattito sul confine fra dovere di intervento ed eventuale responsabilità nelle strade cittadine durante inseguimenti ad alta tensione.
Profilo del procedimento e possibili sviluppi
Con la chiusura dell’inchiesta, la posizione di Fares Bouzidi e del carabiniere sarà valutata dal Gip che deciderà se disporre il rinvio a giudizio. Il documento d’accusa riconosce una colpa specifica per l’amico del 19enne, accusato di guida sotto effetti di droghe, senza patente e fuga prolungata a velocità pericolose. Per il militare viene invece ipotizzata una colpa generica per non aver rispettato la distanza al volante dell’auto di servizio.
Lo scenario giudiziario resta aperto e delicato, con due versioni di responsabilità e un episodio che ha segnato la città. Le indagini e le consulenze tecniche saranno determinanti per stabilire il percorso processuale. L’opinione pubblica e le istituzioni attendono il prosieguo della vicenda per capire il peso delle azioni di entrambi i protagonisti. Le decisioni future potrebbero influenzare l’approccio a inseguimenti simili nelle aree urbane.