In sud sudan un appello alla pace e all’educazione alla nonviolenza prima delle elezioni 2026

In sud sudan un appello alla pace e all’educazione alla nonviolenza prima delle elezioni 2026

La situazione in Sud Sudan resta critica tra violenze e povertà, mentre monsignor Christian Carlassare invita chiesa e scuole a promuovere la nonviolenza e l’educazione alla pace per un futuro migliore.
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Monsignor Christian Carlassare denuncia la grave crisi in Sud Sudan, invitando chiesa e scuole a promuovere la pace e la nonviolenza tra le nuove generazioni, in un contesto di conflitti, povertà e tensioni politiche. - Gaeta.it

La situazione in Sud Sudan resta critica con le tensioni politiche e sociali che aumentano in vista delle elezioni previste nel 2026. Il vescovo comboniano di Bentiu, monsignor Christian Carlassare, interviene per denunciare il clima di conflitto che attraversa il paese e per richiamare l’importanza di costruire la pace partendo dalle nuove generazioni. Questo messaggio si rivolge soprattutto alla chiesa e alle scuole, chiamate a promuovere una cultura di nonviolenza per superare le divisioni. Vediamo nel dettaglio le riflessioni e gli appelli del presule nel contesto sud sudanese.

Le notizie dal sud sudan: tra progetti di sviluppo e attacchi a popolazioni civili

Nel suo messaggio, monsignor Carlassare evidenzia con chiarezza il contrasto tra alcune iniziative positive e la realtà drammatica vissuta dalle popolazioni. Negli ultimi tempi, si sono registrati lavori per la costruzione di pozzi, la realizzazione di strutture per l’ospitalità e l’ampliamento di alcune classi scolastiche, interventi che aprono spiragli per migliorare le condizioni di vita. Questi segnali, però, convivono con la violenza che continua a colpire molte zone del paese. In particolare sono segnalati bombardamenti aerei contro territori abitati da civili, spesso sotto l’amministrazione di rappresentanti dell’opposizione. Questi attacchi causano vittime innocenti e alimentano un clima di terrore diffuso. Non a caso, il vescovo ricorda di essere rimasto lui stesso gravemente ferito in un agguato del 2021, episodio che testimonia la pericolosità del momento. La situazione rimane dunque tesa, con difficoltà nell’assicurare sicurezza e stabilità.

Uno sguardo sulla nonviolenza: l’accusa contro il potere che alimenta il conflitto

Dal punto di vista del presule, il paese sembra volontariamente intrappolato in un ciclo senza fine di conflitti e crisi umanitarie. L’aumento incontrollato di armi, la scelta di alimentare divisioni e la prevalenza di pregiudizi impediscono ogni processo di conciliazione sociale. Carlassare scrive che questa dinamica fa parte di una “regola del potere”, dove tutto è subordinato al mantenimento dello status quo a costo della sofferenza umana. Il governo e le forze in campo sembrano privilegiare una pace apparente, sostenuta dalla forza militare piuttosto che da un dialogo autentico. Proprio per questo il vescovo invita a una scelta radicale: uscire da questo modello di pace imposta, per abbracciare quella vera, proposta dal vangelo, che parte dalla nonviolenza. L’invito è a osare in maniera concreta questa via, oggi più necessaria che mai, per frenare la diffusione della violenza e offrire ai sud sudanesi una prospettiva diversa.

Povertà e speranza: il volto dei più deboli nel conflitto sud sudanese

Monsignor Carlassare richiama l’attenzione sulle persone più vulnerabili del paese, spesso dimenticate in mezzo alle lotte politiche. Seguendo un insegnamento di papa Leone, il vescovo mette a fuoco le cause nascoste dietro il conflitto, smascherando le menzogne e gli interessi che lo alimentano. Il conflitto blocca ogni prospettiva di futuro, costringendo intere comunità a vagare in cerca di sicurezza che non arriva. In questa condizione, i più colpiti sono i poveri, sempre più marginalizzati e con scarso accesso ai diritti fondamentali. Carlassare definisce irrealistico pensare che la speranza possa basarsi sul potere e sul possesso materiale. Ricorda che tutti i sud sudanesi sono poveri sotto molti aspetti, anche se non lo ammettono. Il vescovo sottolinea come il fratello povero non vada visto come un nemico, ma come una persona che, nonostante le difficoltà, mantiene la propria umanità guardando a Dio. Questa dimensione di solidarietà nasce nelle condizioni più dure e rappresenta una forma di speranza concreta per affrontare le sfide del futuro.

Il ruolo della chiesa e della scuola nell’educare alla pace

L’appello più forte del vescovo Carllassare riguarda l’impegno a costruire la pace attraverso l’educazione, in particolare quella rivolta ai giovani. Serve una presenza di “pastori di pace” capaci di promuovere il perdono e abbattere le barriere create dal conflitto all’interno delle comunità. La chiesa ha un compito cruciale per aiutare a superare le relazioni basate sul contrasto, trasmettendo valori di nonviolenza e giustizia. Per fare questo bisogna denunciare con chiarezza la diffusione delle armi, il reclutamento forzato di giovani e ogni forma di violenza. Importante è dare visibilità alle esperienze di chi, in mezzo alle tensioni, ha scelto la via della nonviolenza come strada da seguire, specialmente tra i ragazzi. L’uso dei media diventa allora strumento per raccontare storie di superamento del conflitto e per diffondere messaggi di speranza. Lo sviluppo umano e sociale, con l’accesso a risorse essenziali come acqua e servizi sanitari, va sostenuto come parte di questo percorso. La scuola deve diventare un luogo dove imparare a convivere, rispettare i diritti umani e costruire una cittadinanza attiva. Senza la partecipazione della catechesi che offre una visione alternativa, il cammino resta incompleto. Il vescovo ammette che è un lavoro lungo e impegnativo, ma necessario per offrire alle nuove generazioni la possibilità di una vita diversa.

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