In italia pochi padri usufruiscono di congedi per la cura dei figli, tra i più brevi in europa secondo il rapporto sosef

In italia pochi padri usufruiscono di congedi per la cura dei figli, tra i più brevi in europa secondo il rapporto sosef

Il rapporto sosef 2025 evidenzia come in italia i congedi di paternità siano tra i più brevi in europa, con un basso tasso di occupazione femminile e barriere sociali che limitano il coinvolgimento dei padri.
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Il rapporto SOSEF 2025 evidenzia come l'Italia, rispetto a Spagna e Portogallo, offra congedi di paternità più brevi e abbia un basso tasso di occupazione femminile, mantenendo modelli familiari tradizionali che limitano il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli. - Gaeta.it

Le condizioni italiane per i padri che vogliono occuparsi dei figli fin dalla nascita restano limitate rispetto ad altri Paesi europei. Il rapporto sosef, presentato nel 2025, fornisce dati precisi sulle differenze tra italia, spagna e portogallo riguardo a congedi parentali e occupazione femminile. Il documento mette in luce una situazione stagnante in italia, dove le barriere sociali e normative impediscono un coinvolgimento più ampio dei papà nella vita familiare.

Il confronto sui congedi di maternità e paternità in italia e dintorni

Il rapporto sosef, presentato oggi a roma, evidenzia che l’italia ha il congedo di paternità più breve tra i paesi del sud europa considerati. Le neomamme italiane hanno diritto a circa 21 settimane di congedo maternità, mentre i padri possono usufruire soltanto di 10 giorni lavorativi, equivalenti a due settimane. La spagna, invece, assegna ai padri 16 settimane di congedo, quasi il doppio rispetto all’italia. Questo divario impatta sulle possibilità pratiche per i papà di partecipare attivamente alla cura dei figli sin dai primi giorni di vita.

Il ruolo dell’occupazione femminile

Sul fronte dell’occupazione femminile, l’italia mostra un tasso del 53% nel 2024, quello più basso tra i paesi analizzati. Questa disparità riflette non solo condizioni lavorative meno favorevoli per le donne, ma contribuisce anche a mantenere una divisione sessuale tradizionale dei compiti familiari. In altre parole, meno madri lavorano fuori casa e meno padri vengono incentivati a prendersi carico della cura dei figli.

Barriere sociali e normative che frenano il coinvolgimento paterno

Nel corso della conferenza stampa presso l’ordine dei giornalisti, la sociologa annina lubbock e l’antropologa barbara vatta, entrambe del centro per la salute di bambine e bambini , hanno sottolineato i fattori che bloccano in italia una diffusione più equa della partecipazione paterna. Si tratta di barriere sociali radicate che mantengono modelli tradizionali di genitorialità e ruoli di genere nei nuclei familiari.

Quali sono gli ostacoli principali

Tra questi ostacoli rientrano normative rigide sul congedo di paternità e la mancanza di incentivi reali per i padri a interrompere il lavoro per seguire i figli. Inoltre, il contesto lavorativo spesso non offre condizioni flessibili, scoraggiando il ricorso ai congedi da parte degli uomini. Le società spagnola e portoghese hanno invece adottato politiche più favorevoli, come congedi più lunghi e misure che promuovono la condivisione del lavoro domestico e di cura.

La sociologa lubbock ha evidenziato come l’italia sia rimasta “ferma” rispetto a questi temi. Lo schema tradizionale in cui la madre svolge la maggior parte del lavoro domestico e il padre resta il principale sostegno economico resiste in molte famiglie. Queste dinamiche incidono sulla crescita sociale e culturale, rallentando l’evoluzione di ruoli familiari più equilibrati.

Conseguenze per le famiglie e la società italiana nel 2025

Le limitazioni italiane in tema di congedi e partecipazione paterna influenzano non solo l’organizzazione della vita familiare ma anche le prospettive di parità di genere sul lavoro e a casa. Quando ai padri viene riconosciuta una presenza ridotta nella cura dei figli, il carico ricade quasi interamente sulle madri, condizionando le scelte professionali e personali delle donne.

Il tasso di occupazione femminile basso, combinato con congedi paterni brevi, suggerisce una struttura sociale che rallenta il raggiungimento di equilibri più giusti tra uomini e donne anche nelle responsabilità familiari. Il rapporto sosef 2025 conferma come la distanza da paesi come spagna e portogallo rimanga ampia, sia in termini di diritti che di pratiche quotidiane.

Nel contesto attuale italiano, emergono segnali di maggiore sensibilità al tema, ma gli ostacoli culturali e strutturali permangono. Una revisione delle politiche sul congedo di paternità, unita a interventi per favorire ambienti di lavoro più flessibili, potrebbe rappresentare la via per una partecipazione paterna più diffusa. Finché queste trasformazioni restano lente, molte famiglie italiane devono affrontare una gestione della cura ancora fortemente sbilanciata verso le madri.

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