Le esportazioni del Lazio verso gli Stati Uniti hanno raggiunto un valore consistente nei primi tre mesi del 2025, ma l’ipotesi di dazi del 30% rischia di mettere in difficoltà settori chiave dell’economia regionale. L’analisi della Camera di commercio di Roma, basata sui dati Istat, offre un quadro dettagliato delle perdite potenziali e delle ricadute sui comparti strategici come l’aerospazio, la farmaceutica e l’agroalimentare. A Roma, l’impatto sarebbe altrettanto importante, con effetti significativi sulle imprese locali che guardano a mercati internazionali sfidanti. Questo contesto apre anche la discussione su come le aziende e le istituzioni possano rispondere al mutato scenario dei rapporti commerciali tra Europa e Stati Uniti.
Esportazioni del Lazio verso gli Stati Uniti nel 2025: cifre e settori a rischio
Nel primo trimestre del 2025 il Lazio ha esportato merci verso gli Stati Uniti per circa 1,6 miliardi di euro. Questa cifra rappresenta un volume rilevante che conferma l’importanza del mercato americano per le aziende della regione. Gli esperti della Camera di commercio di Roma hanno elaborato i dati Istat per stimare l’impatto dell’eventuale introduzione di dazi del 30% su questi scambi. Il risultato indica un possibile danno superiore ai 483 milioni di euro.
Settori più penalizzati
Tra i settori più penalizzati spicca l’industria aerospaziale, con impatti stimati intorno agli 82 milioni di euro. Questo segmento, tradizionalmente orientato all’export verso gli Stati Uniti, vedrebbe compromessa la sua competitività a causa dell’incremento dei costi imposto dalle tariffe doganali. Il settore farmaceutico, invece, mostra una possibile perdita superiore ai 289 milioni di euro. Si tratta di un peso notevole, dato il ruolo centrale di questa industria anche per quanto riguarda l’occupazione e gli investimenti in ricerca nella regione.
Leggi anche:
Anche il comparto agroalimentare risulterebbe colpito, sebbene le quantità esportate verso gli Stati Uniti siano inferiori rispetto agli altri due settori. Prodotti tipici, spesso a elevato valore aggiunto, rischiano di perdere quote di mercato importanti. Questa voce non incide solo sul bilancio commerciale, ma anche sull’immagine della regione come territorio di eccellenze enogastronomiche apprezzate a livello globale. Le ripercussioni di questi dazi, insomma, investirebbero direttamente aziende che rappresentano la dimensione produttiva e culturale del Lazio.
La situazione a roma: export, perdite potenziali e il peso delle industrie locali
Roma, come cuore produttivo e commerciale della regione, presenta dati che rispecchiano la situazione più ampia del Lazio ma con elementi propri. L’export capitolino verso gli Stati Uniti ha superato i 771 milioni di euro nei primi tre mesi del 2025. Applicare un dazio del 30% significherebbe un impatto economico stimato di 231 milioni di euro.
Anche qui sono i settori aerospaziale e farmaceutico a risentire in modo più significativo della misura tariffaria. L’aerospazio a Roma potrebbe perdere circa 80 milioni di euro di valore esportato, mentre la farmaceutica si troverebbe davanti a una decurtazione di oltre 60 milioni di euro. Queste cifre evidenziano come le imprese locali, spesso legate alla rete internazionale di fornitori e clienti, vedrebbero aggravarsi il loro posizionamento competitivo.
Agroalimentare e tradizione culinaria
Oltre a questi comparti, il settore agroalimentare ha un valore simbolico ed economico rilevante per la capitale. Le esportazioni di prodotti tipici non solo contribuiscono alla bilancia commerciale ma consolidano il ruolo di Roma come riferimento mondiale per la tradizione culinaria italiana. Le difficoltà che questa filiera potrebbe affrontare con dazi elevati comprometterebbero un patrimonio che si costruisce nel tempo. Complessivamente, l’impatto sul tessuto imprenditoriale locale si presenta complicato, considerando l’interconnessione tra settori manifatturieri, servizi e territorio.
Le imprese tra opportunità e sfide: la prospettiva della camera di commercio di roma
Pietro Abate, segretario generale della Camera di commercio di Roma, sottolinea la dimensione umana e produttiva dietro alle cifre esposte. Le aziende coinvolte sono realtà che investono in innovazione, sviluppano prodotti per il mercato internazionale e si occupano di formazione professionale. Un aumento dei dazi creerebbe un ostacolo netto al loro lavoro, riducendo la capacità di competere negli Stati Uniti, uno dei mercati più rilevanti per qualità e volumi di esportazioni.
Secondo Abate, alcune accuse mosse dagli Stati Uniti verso l’Europa su presunte barriere commerciali appaiono infondate. Viene citato come esempio il settore automobilistico, in particolare i grandi suv americani, che non rispondono ai bisogni dei consumatori europei né alle politiche ambientali. Sulla regolamentazione digitale, sottolinea che il Digital Services Act europeo è pensato per proteggere i diritti dei cittadini online, evitando situazioni di monopolio nel settore digitale. Questi elementi contribuiscono a smontare la narrazione di ostacoli protezionistici.
La visione della Camera di commercio evidenzia inoltre l’importanza di difendere regole chiare senza cedere a logiche di rendita. Non si tratta di rigettare i confronti con partner commerciali, ma di mantenere principi giuridici che garantiscono equilibrio e trasparenza negli scambi internazionali. Per le imprese di Roma e del Lazio questa difesa è cruciale per garantire continuità e possibilità di sviluppo anche sui mercati più difficili.
Nuove strategie per affrontare le tensioni commerciali: diversificare mercati e alleanze
Nel contesto attuale il messaggio chiave della Camera di commercio di Roma è rivolto a governo e imprenditori: serve guardare oltre l’attuale scenario di tensione. L’Europa, e di riflesso le aziende di Roma e del Lazio, non possono limitarsi a dipendere da un solo mercato, per quanto importante. L’idea è di ampliare le collaborazioni e i rapporti commerciali puntando su continenti come Asia, Africa e America Latina. Queste aree non sono più mercati emergenti ma già protagonisti dell’economia mondiale.
Il quadro politico degli Stati Uniti pesa anche sulla definizione delle politiche commerciali. L’esempio di Trump, definito interlocutore “muscolare e imprevedibile”, ricorda la necessità di un approccio pragmatico. L’Europa deve evitare di cadere in un confronto fine a se stesso, soprattutto se basato su antagonismi ideologici. Serve invece un metodo capace di sostenere la dignità degli interessi europei e allo stesso tempo di mantenere canali di dialogo aperti.
Una politica commerciale pragmatica significa reagire alle minacce, proteggere il lavoro e i prodotti nazionali, ma anche tornare al tavolo delle trattative appena possibile. L’obiettivo è riuscire a governare la complessità delle relazioni internazionali senza perdere terreno e senza rinunciare a un confronto basato su regole condivise. Nel caso del Lazio e Roma, questa strategia diventa strategica per salvaguardare l’economia locale.