L’Ilva di Taranto torna al centro del dibattito nazionale. Negli ultimi giorni, esperti e rappresentanti dell’industria siderurgica hanno spiegato come lo stabilimento resti una questione aperta sul piano economico, industriale e strategico. Il destino dell’impianto ha conseguenze che vanno oltre il lavoro locale, toccando la sicurezza degli approvvigionamenti nazionali e il rapporto con le politiche ambientali. Le parole di Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, sono emerse in occasione del convegno “Siderurgia 2050”, mettendo in evidenza le criticità tuttora irrisolte.
Ilva come asset strategico della difesa nazionale
Antonio Gozzi ha insistito sulla rilevanza che l’Ilva riveste in termini di sicurezza nazionale. Ha sottolineato che mantenere attivo lo stabilimento dovrebbe far parte della difesa del paese, paragonandolo a un asset militare. Nel suo discorso ha evidenziato che l’aumento delle spese per la difesa non ha senso se poi le materie prime essenziali, come lamiere d’acciaio, vengono acquistate dall’estero senza un piano chiaro di sostegno alla produzione interna. Questo ha un impatto diretto soprattutto su settori chiave come Fincantieri, la grande cantieristica italiana.
Rischio di dipendenza dall’estero
Il riferimento di Gozzi riguarda la possibilità che la chiusura o il ridimensionamento dell’Ilva porti a una dipendenza da fornitori esterni, spesso asiatici, mettendo l’Italia in una posizione di debolezza strategica. L’acciaio prodotto a Taranto, infatti, è parte integrante di molte filiere industriali vitali. Inoltre, ha insistito sul fatto che lo stabilimento oggi produce 5 milioni di tonnellate con lo stesso numero di dipendenti – circa diecimila – impiegati ai tempi in cui la produzione era doppia. Questo squilibrio, a suo dire, è insostenibile e richiede una revisione urgente dei modelli produttivi.
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Ambiente e produzione: la differenza tra ambientalizzazione e decarbonizzazione
Un altro punto toccato da Gozzi riguarda la questione ambientale, tema sempre più centrale nelle industrie pesanti. L’Ilva ha infatti avviato interventi per ridurre le emissioni inquinanti, posizionandosi tra gli stabilimenti più “ambientalizzati” d’Europa. Tuttavia, l’impianto non si è ancora spostato verso una vera decarbonizzazione, ovvero la riduzione significativa delle emissioni di CO2 legate ai processi produttivi.
Miglioramento vs riduzione reale
Spesso si confonde il miglioramento nella gestione degli inquinanti locali con una riduzione reale delle emissioni climalteranti. Questo elemento diventa fondamentale nel dibattito pubblico e politico, considerando la spinta europea e globale verso una siderurgia “verde”. Eppure, Ilva mantiene ancora una produzione che coinvolge combustibili fossili e tecniche tradizionali, con un impatto ambientale che va tenuto sotto controllo e migliorato.
Ilva e il ruolo della siderurgia nell’industria italiana contemporanea
Luigino Pozzo, alla guida di Confindustria Udine, ha rilanciato l’urgenza di sostenere la siderurgia italiana con scelte lungimiranti e coraggiose. Ha ricordato che Ilva sta perdendo 3 milioni di euro al giorno ed ha abbandonato la produzione di bramme, concentrandosi solo sulla laminazione. Questa trasformazione, secondo Pozzo, mette in crisi la solidità industriale dello stabilimento.
Dipendenza e sovranità produttiva
Ha messo in guardia contro il rischio che l’Italia diventi dipendente dall’acciaio asiatico, con tutti i rischi geopolitici che ciò comporta, soprattutto nel contesto di tensioni tra Stati Uniti e Cina. Non si tratta solo di una questione economica, ma anche di un elemento cruciale per la sovranità produttiva del paese. Pozzo ha dunque proposto di recuperare un asset complesso e delicato, pieno di difficoltà ma ancora centrale per la manifattura italiana.
Le sfide economiche e sociali legate alla tenuta dell’Ilva
Il futuro dell’Ilva si gioca anche sul piano occupazionale e sociale, temi che coinvolgono migliaia di famiglie e l’intero territorio di Taranto. Lo stabilimento ha una storia complessa, fatta di crisi ma anche di percorsi di bonifica ambientale. La gestione del personale, la produttività e la necessità di innovare modelli industriali sono nodi che tornano a emergere con forza.
Le perdite economiche, le trasformazioni tecnologiche e la pressione per rispettare standard ambientali sempre più rigidi aumentano la tensione. Il rischio è che la mancanza di decisioni chiare possa provocare un declino irreversibile, con pesanti conseguenze per l’economia locale e nazionale. La siderurgia resta un settore delicato ma vitale, e ogni scelta presa sul futuro dell’Ilva avrà un effetto a catena su molteplici livelli.