Il tribunale europeo conferma la tutela delle aree di pesca profonda vietando gli attrezzi di fondo

Il tribunale europeo conferma la tutela delle aree di pesca profonda vietando gli attrezzi di fondo

La Corte dell’Unione europea conferma il divieto della Commissione europea sull’uso di attrezzi da pesca a contatto con il fondale nell’Atlantico nord-orientale, tutelando ecosistemi marini vulnerabili e respingendo i ricorsi della Spagna.
Il Tribunale Europeo Conferma Il Tribunale Europeo Conferma
La Corte UE ha respinto i ricorsi di Spagna e pescatori contro il divieto di pesca a contatto col fondale in aree protette dell'Atlantico nord-orientale, confermando la tutela degli ecosistemi marini vulnerabili basata su valutazioni scientifiche. - Gaeta.it

La Corte dell’Unione europea ha deciso di respingere i ricorsi avanzati dalla Spagna e da alcune associazioni di pescatori contro il regolamento della Commissione europea. Questo provvedimento assegna lo status di protezione a specifiche aree di pesca in acque profonde dell’Atlantico nord-orientale, vietando l’uso degli attrezzi da pesca a contatto diretto col fondale. La sentenza riguarda questioni cruciali legate alla conservazione degli ecosistemi marini vulnerabili, ma anche alle difficoltà che emergono per chi esercita attività ittica in queste zone.

La decisione del tribunale e la valutazione scientifica alla base del regolamento

Il Tribunale europeo ha esaminato tutte le richieste di revisione del regolamento. Tra le principali, la Spagna e le associazioni di pescatori chiedevano che gli effetti di ogni singolo tipo di attrezzo di pesca fossero valutati separatamente, ipotesi ritenuta essenziale per capire l’impatto reale sul mare e i costi implicati per chi esercita la pesca. Al contrario, il tribunale ha ritenuto corretta la valutazione complessiva condotta dalla Commissione.

Il giudizio si è basato sui dati scientifici messi a disposizione dal Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare , organo noto per le sue competenze. I giudici hanno confermato che la metodologia seguita dalla Commissione non presenta evidenze di errori o debolezze palesi. Questo significa che l’approccio è stato giudicato adeguato in termini di rigore e oggettività, pur senza entrare nel merito della valutazione di ogni strumento di pesca singolarmente.

Il tribunale ha inoltre respinto le obiezioni sulla legittimità del regolamento e le questioni relative alla base normativa. Non è stata ritenuta sproporzionata la misura che vieta la pesca a profondità superiori ai 400 metri, dato che mantiene spazi di pesca aperti altrove. Inoltre, non è stata dimostrata l’assenza di effetti dannosi degli attrezzi fissi che comunque restano soggetti a divieto nelle aree protette.

Impatti e possibilità di ricorso dopo la sentenza

L’esito della sentenza ha fatto chiarezza sull’applicabilità del regolamento e sulle responsabilità degli Stati membri e operatori della pesca riguardo la tutela degli habitat marini profondi. Il divieto risulta confermato e, secondo i giudici, trova fondamento nelle necessità di preservare ambienti marini a rischio.

Nonostante la decisione sfavorevole, Spagna e associazioni possono presentare ricorso in appello, ma soltanto riguardo gli aspetti di diritto. Il termine utile per questa azione è fissato a due mesi e dieci giorni dalla notifica della sentenza. Questo lascia aperta una possibilità legale limitata, ma non consente una revisione completa degli elementi scientifici o pratici già valutati.

La designazione delle aree protette e il divieto degli attrezzi di fondo

Il regolamento contestato individua porzioni di mare note per ospitare forme di vita marine delicate, come i coralli d’acqua fredda e le montagne sottomarine, che rischiano di subire danni gravi dall’uso di attrezzi che si trascinano o si fissano al fondale. Tra questi strumenti figurano reti a strascico, palangari, nasse e trappole. La scelta di definire le aree protette si basa su rilevamenti e studi scientifici mirati a evitare danni irreversibili a habitat importanti per l’equilibrio biologico e la biodiversità marina.

La Commissione aveva stabilito in particolare che la pesca con attrezzi che toccano il fondale fosse vietata a profondità superiori ai 400 metri, lasciando quindi libere di operare zone più superficiali per non penalizzare completamente l’attività dei pescatori. La definizione di “zone notoriamente” o “probabilmente” caratterizzate dalla presenza di ecosistemi vulnerabili è stata oggetto di contestazioni, proprio perché inciderebbe sull’attività di pesca commerciale in un’area di interesse economico rilevante.

Change privacy settings
×