Il voto referendario in Italia si confronta da anni con una soglia minima difficile da superare, che ne condiziona la validità democratica. Per i referendum abrogativi, la Costituzione impone il raggiungimento del 50% più uno degli aventi diritto al voto, una soglia che appare insormontabile nelle ultime tornate elettorali. Questo dato mette in discussione la rappresentatività diretta e apre riflessioni sul ruolo di questa forma di partecipazione popolare.
La soglia minima per la validità del referendum abrogativo in italia
Secondo la legge costituzionale italiana, un quesito abrogativo è valido solo se vota almeno metà più uno degli elettori iscritti nelle liste elettorali. In numeri concreti, si tratta di superare circa 26 milioni di votanti su un totale di poco più di 51 milioni di aventi diritto. L’obiettivo è garantire che ogni decisione abbia un’effettiva condivisione popolare e non rappresenti il parere di una minoranza. Nel corso della storia repubblicana, però, raggiungere questa soglia è stato spesso complicato, con ripercussioni sul significato politico e legale dei referendum stessi.
I dati indicano come solo poco più della metà delle consultazioni popolari abrogative, su 72 affrontate finora, abbia effettivamente superato il quorum. In particolare, i referendum hanno raggiunto il numero minimo di votanti solo 39 volte, mentre in 33 occasioni non si è arrivati a questa soglia necessaria. Questo andamento fa capire come la partecipazione e l’interesse del cittadino siano invece spesso insufficienti per modificare norme attraverso questo strumento di democrazia diretta.
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Il confronto storico: dai referendum più partecipati a quelli con minore affluenza
Tra i referendum che hanno superato il quorum si ricordano quelli tra il 1974 e il 1995. Il primo è stato quello sul divorzio, una consultazione che all’epoca segnalò l’impegno della popolazione verso scelte sociali decisive. Ancora, il referendum sulla privatizzazione della Rai nel 1995 rappresenta una delle ultime grandi occasioni in cui la soglia è stata ampiamente raggiunta. Solo nel 1990 il referendum sulla caccia fece eccezione alle affluenze alte registrate in quegli anni.
Dal 1997, invece, la situazione cambia drasticamente. I referendum abrogativi non riescono quasi mai a coinvolgere un numero sufficiente di votanti per essere validi. Tra quelli più noti, per esempio, il voto sulla carriera dei magistrati o l’ultima consultazione sul Csm nel 2022, tutte con percentuali di partecipazione lontane dal quorum. L’unica eccezione in questo lungo periodo è stato il referendum del 2011 sull’acqua pubblica, che raccolse una partecipazione superiore al 54%, dimostrando come alcuni temi possano ancora mobilitare l’opinione pubblica e superare la barriera fissata dalla legge.
La persistente crisi di partecipazione e il record negativo dell’ultima tornata elettorale
L’edizione più recente dei referendum, quella del 2022, si è distinta per un calo storico della partecipazione. Con un’affluenza intorno al 20%, risulta il referendum con la minore partecipazione di sempre in Italia. Questo dato segna una cesura significativa rispetto al passato e apre interrogativi sul grado di fiducia e interesse dei cittadini verso gli strumenti referendari.
Prima di questa tornata, le percentuali più basse erano quelle del referendum del 2009 sul premio di maggioranza, che registrò un 23,3% di affluenza. A seguire, si collocano il referendum del 2003 sull’articolo 18 e quello del 2005 sul GPA, ambosfermando sotto il 26%. Per alcune consultazioni consecutive, quindi, si osserva una tendenza costante alla mancanza di coinvolgimento, con ripercussioni sul ruolo dei referendum come mezzo effettivo di decisione politica.
L’attesa sui dati definitivi del voto
L’attesa, a livello politico e sociale, è rivolta verso i dati definitivi del voto riguardante il lavoro e la cittadinanza. Questi risultati potranno confermare ulteriormente le dinamiche di partecipazione o rappresentare un cambiamento rispetto alle tendenze recenti. In ogni caso, i numeri segnano una sfida per il referendum nella forma attuale, chiamando a riflettere sulle condizioni in cui può mantenere la sua efficacia e legittimità.