Le dinamiche demografiche influenzano profondamente l’economia e la società italiana, soprattutto per quanto riguarda il ricambio generazionale nelle imprese e la struttura delle famiglie. Il rapporto annuale ISTAT del 2025 mette in luce una trasformazione che riguarda sia l’invecchiamento della popolazione, sia i mutamenti nei modelli familiari. Questi fenomeni condizionano il lavoro, l’occupazione e le condizioni abitative di molte fasce di età , rendendo più complesso il passaggio tra generazioni all’interno delle attività economiche e nella vita quotidiana degli italiani.
Il rischio di mancato ricambio nelle imprese di piccole dimensioni
Una delle criticità emerse riguarda il rapporto tra lavoratori più anziani e giovani addetti nelle imprese italiane. Quasi un terzo delle imprese presenta un rapporto superiore a 1,5 tra dipendenti con almeno 55 anni e quelli con meno di 35. Questo squilibrio è particolarmente accentuato nelle micro imprese con meno di tre addetti, dove oltre il 35% delle aziende registra questa situazione. In questi casi, spesso il lavoro corrisponde all’autoimpiego e alla gestione di servizi di piccola scala. Man mano che le imprese crescono e si avvicinano ai 50 dipendenti, il fenomeno si riduce nettamente, fino a coinvolgere meno del 4% nelle realtà più grandi tra quelle considerate ancora piccole.
Un settore produttivo a rischio
Questo quadro dipinge un settore produttivo dove la dinamica generazionale è a rischio, soprattutto tra le imprese più piccole e meno strutturate. Il rallentamento del passaggio di consegne può creare problemi di continuità , innovazione e sviluppo. La presentazione del rapporto ISTAT alla Camera dei deputati da parte del presidente Francesco Maria Chelli ha sottolineato come la sopravvivenza più lunga delle persone abbia cambiato la composizione della popolazione. Più generazioni convivono insieme nello stesso periodo, ma nelle aziende questa convivenza non è entrata ancora nei meccanismi di lavoro in modo equilibrato.
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La popolazione italiana sempre più anziana, con nascite in calo e turn over migratorio
Il dato di fondo riguarda un invecchiamento costante della popolazione. Circa un quarto degli italiani ha 65 anni o più, con oltre 4,5 milioni di ultrasettantenni. Nel 2024, le nascite si sono fermate poco sopra le 370 mila, mentre il tasso di fecondità è sceso a 1,18 figli per donna. Senza un ricambio naturale, il contributo delle migrazioni resta cruciale. Nel 2024 si sono registrate 435 mila persone che hanno varcato i confini italiani per stabilirsi qui, mentre un numero sempre più alto ha acquisito la cittadinanza.
Il saldo migratorio aiuta a contenere la diminuzione della popolazione, ma la fuga di cervelli pesa in modo significativo. Negli ultimi dieci anni, il paese ha perso quasi 100 mila laureati tra i 25 e i 34 anni, i quali sono emigrati all’estero in cerca di opportunità . Questo fenomeno limita la presenza di giovani qualificati sul mercato del lavoro interno e riduce il potenziale di sviluppo economico e innovazione.
La trasformazione delle famiglie: sempre più nuclei piccoli e composizioni diverse
Le famiglie italiane diventano più strette e variegate. Questo processo si manifesta con l’aumento delle persone che vivono da sole, la crescita delle unioni libere e delle famiglie formate da un solo genitore o ricostituite. Le famiglie composte da un solo individuo superano il 33% del totale, mentre le coppie con figli rappresentano meno del 30%. Nelle fasce più anziane, la solitudine è frequente, con quasi il 40% degli over 75 che vive da solo, per lo più donne.
Questi cambiamenti rispecchiano le difficoltà di giovani e adulti nell’ottenere autonomia abitativa ed economica e la rilettura culturale sui modelli di convivenza e relazioni familiari. La formazione della famiglia e la decisione di avere figli si sono spostate a età più avanzate o rinviate, incidendo sulle prospettive demografiche a lungo termine. L’indagine evidenzia inoltre come quasi 6 milioni di persone si trovino in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza più alta tra gli stranieri, i giovani e le famiglie con minori, specie nel Sud Italia.
Nuovi modelli di relazione familiare
L’ingresso nella vita adulta appare molto diverso rispetto al passato. L’abbandono della famiglia d’origine avviene spesso tramite convivenza non ufficializzata, con un calo dei matrimoni e una maggiore diffusione di unioni libere. Anche la genitorialità è posticipata e, in certi casi, evitata del tutto. Il calo delle nascite è il più marcato degli ultimi decenni, mentre si registra una maggiore instabilità nelle relazioni coniugali.
Questi elementi segnano una trasformazione profonda nei rapporti familiari, che si ridisegnano nelle forme e nei tempi. Le donne nate negli anni Trenta del secolo scorso, residenti nelle diverse aree d’Italia, hanno avuto in media da due a tre figli, un dato storicamente più alto rispetto alle nuove generazioni. Lo scenario attuale conferma un modello di fecondità bassa e tardiva, che influenza la composizione della popolazione e la sua evoluzione, con riflessi su economia e servizi sociali.