Il procuratore gratteri attacca il ministro nordio sulle intercettazioni e denuncia la crisi degli investigatori italiani

Il procuratore gratteri attacca il ministro nordio sulle intercettazioni e denuncia la crisi degli investigatori italiani

Nicola Gratteri critica le posizioni del ministro Carlo Nordio sulle intercettazioni, evidenziando l’importanza degli strumenti investigativi nella lotta alla mafia e la crisi di motivazione nelle nuove generazioni delle forze dell’ordine.
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Nicola Gratteri critica il ministro Nordio sulle intercettazioni, sottolineando il loro ruolo fondamentale nelle indagini antimafia, e denuncia la diminuzione di motivazione tra i giovani investigatori e la mediocrità nella gestione politica della lotta alla mafia. - Gaeta.it

La recente polemica scatenata dal ministro Carlo Nordio sulle intercettazioni ha riacceso il dibattito sulla lotta alla mafia e sul ruolo cruciale degli strumenti investigativi. Nicola Gratteri, procuratore capo di Napoli, ha espresso forti critiche sulle posizioni del ministro e ha fatto emergere alcune criticità che riguardano il mondo delle forze dell’ordine e della magistratura in Italia. Le sue parole, pronunciate in occasione del festival Trame dedicato ai libri sulle mafie, offrono uno spaccato profondo della situazione attuale tra impegno giudiziario e realtà politica.

La spesa per le intercettazioni e il valore nelle indagini antimafia

Nicola Gratteri ha commentato con nettezza le dichiarazioni di Carlo Nordio, che ha chiesto un ritorno ai pedinamenti ritenendo eccessivo l’uso delle intercettazioni. Il procuratore di Napoli ha sottolineato che l’idea di ridurre le intercettazioni ignorerebbe il fatto che sono uno strumento essenziale e, paradossalmente, il loro costo viene compensato dai risultati ottenuti. Ha ricordato come la procura di Napoli investa circa cinque milioni di euro all’anno proprio in attività di intercettazioni, cifra che risulta la più alta in Italia. Questa spesa, secondo Gratteri, si traduce in un guadagno per lo Stato, poiché molte indagini fondamentali richiedono l’ascolto ambientale e telefonico per smantellare strutture criminali radicate soprattutto nella sfera mafiosa.

L’intervento di Gratteri ha evidenziato il paradosso di chi chiede tagli senza tenere conto del peso che queste strategie investigative hanno nel contrasto a gruppi criminali che prosperano proprio grazie all’invisibilità e alla capacità di infiltrarsi nel potere locale e nazionale. In questo senso, le intercettazioni si mostrano spesso più efficaci dei pedinamenti, che risultano più costosi e meno pratici nelle indagini contemporanee. La critica non riguarda solo il costo, ma la comprensione del valore concreto di questa misura, che ha permesso a molti processi importanti di andare avanti.

Il cambiamento nelle nuove generazioni delle forze dell’ordine

Gratteri ha poi sollevato un tema delicato sulla motivazione e la dedizione dei giovani che entrano nelle squadre investigative. In passato, ha ricordato, c’era un forte desiderio di appartenere a queste unità, con i giovani che si impegnavano a fondo per ottenere un posto nelle squadre mobili, a volte facendosi notare con grande determinazione. Oggi, ha detto il magistrato, questa energia sembra essere diminuita. La disponibilità al sacrificio e l’attaccamento al lavoro originale sembrano essersi smorzati nel tempo.

Questa trasformazione del sentimento verso il lavoro nelle forze dell’ordine non deriva solo da motivi legati alla carriera ma ha radici più profonde. Probabilmente la mancanza di una strategia chiara e di riconoscimenti forti ha fatto calare l’interesse verso questo tipo di impegno. Gratteri sottolinea che la preparazione degli agenti e dei magistrati è certamente migliorata da un punto tecnico, con un livello di competenza più alto rispetto al passato, ma la voglia di rischiare e la spinta ideale paiono oggi meno evidenti.

La riduzione dell’impulso a entrare in queste squadre e portare avanti indagini contro la criminalità organizzata rischia di minare la capacità di azione in uno scenario dove, invece, la presenza sul campo e la passione per il lavoro rappresentano una vera e propria arma contro le mafie radicate in varie regioni d’Italia.

Mediocrità nella gestione politica e la mancanza di visione nelle cariche istituzionali

Nel suo discorso durante il festival Trame, poco dopo aver parlato delle intercettazioni e dei giovani investigatori, Gratteri ha lanciato un duro giudizio sul modo in cui il Paese viene amministrato nelle sue più alte cariche. Il magistrato ha osservato che spesso chi ricopre ruoli di responsabilità non possiede una reale consapevolezza del significato delle proprie mansioni né una visione d’insieme sugli obiettivi da raggiungere.

Questa mancanza di chiarezza e di competenza diffusa, secondo Gratteri, produce effetti di confusione e inefficienza che saltano agli occhi anche di chi è abituato a frequentare tali ambienti. Il magistrato ha definito questa situazione come una “mediocrità” che si è diffusa in molti settori di governo. Non si tratta solo di incapacità, ma di un problema sistemico che compromette la gestione pubblica e la direzione delle iniziative più rilevanti.

La leadership e le sfide nella lotta alla mafia

In particolare, in un contesto complesso come quello della lotta contro la criminalità organizzata, manca una leadership con un progetto chiaro e strumenti coordinati. Chi guida dovrebbe comprendere le responsabilità in modo pieno e agire di conseguenza per dare risultati, invece spesso prevale un’improvvisazione problematica che rallenta i processi. Per chi combatte sul campo ogni giorno la mafia, questa carenza pesa notevolmente e rende più difficile il compito già molto difficile della giustizia.

L’estratto del discorso di Gratteri nel festival Trame riafferma come la lotta contro le mafie non può prescindere da strumenti investigativi solide e scelte politiche attente. Al netto delle polemiche, rimane aperta la sfida di tenere alta l’attenzione e il sostegno verso chi si impegna nella difesa dello Stato di diritto.

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