Il fenomeno del precariato nella scuola resta uno dei problemi centrali del sistema educativo in Italia. L’alto numero di supplenti, soprattutto negli insegnamenti di sostegno, crea difficoltà nella continuità didattica e si accompagna a un modello di reclutamento incerto e discontinuo. Le dichiarazioni di Vito Carlo Castellana, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, durante il XXI congresso nazionale a Roma, offrono un quadro critico e alcune soluzioni per ridurre la precarietà nel settore.
Le criticità nel reclutamento e la situazione degli insegnanti di sostegno
Una delle anomalie principali riguarda la gestione dei posti di sostegno. Castellana ha evidenziato come quasi la metà di questi posti siano occupati da precari, con numerose supplenze in deroga che andrebbero invece stabilizzate. La trasformazione dei posti in organico di diritto rappresenterebbe un passo indispensabile per garantire maggiore stabilità. Il sistema attuale, che cambia spesso il metodo di reclutamento, mantiene alta l’incertezza tra chi insegna e compromette la qualità dell’insegnamento.
Il coordinatore della Gilda degli Insegnanti ha sottolineato come la convocazione obbligatoria dei genitori per confermare i docenti di sostegno sia solo un palliativo. Questa norma esiste per garantire una continuità didattica, ma non risolve il problema alla radice. In molti casi infatti, i posti restano vacanti perché non ci sono assunzioni stabili, e gli insegnanti titolari cambiano molto spesso sede o vengono sostituiti da supplenti. Un docente di ruolo ha un contratto stabile e non è spostato continuamente, rendendo più semplice un percorso educativo coerente per gli studenti disabili.
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Il doppio canale e le graduatorie esistenti come soluzione temporanea
Per Castellana il modello da seguire nel breve periodo prevede un doppio canale di reclutamento: utilizzare le graduatorie dei concorsi già in vigore, evitando di indurne di nuovi finché non si esauriscono le graduatorie attuali. Contemporaneamente si attingerebbe alle graduatorie della Gps, che comprendono gli insegnanti specializzati e abilitati, per completare le immissioni in ruolo.
Questo approccio punta a un uso più efficace delle risorse umane già presenti nel sistema e limita la frammentazione del reclutamento. Solo una volta esaurite queste liste, si potrebbe procedere a bandire nuovi concorsi veri e propri, come succede in altri paesi. Tale strategia ambisce a interrompere l’uso ricorrente di nuove chiamate, che generano confusione e instabilità sul territorio nazionale.
Il legame tra precariato, formazione e costi per gli insegnanti
Castellana ha poi toccato un altro aspetto rilevante: quella che chiama “un anomalia” legata al meccanismo stesso che tiene in vita il precariato. Spesso, dopo aver superato un concorso, gli insegnanti sono obbligati ad acquisire crediti formativi universitari a pagamento per poter lavorare. Il docente sostiene spese personali per qualificarsi e ottenere il diritto di insegnare. Questa condizione trasforma il percorso professionale in un “bancomat”, dove non solo il sistema dipende da contratti precari, ma anche i lavoratori pagano per poter esercitare la propria professione.
Il meccanismo crea un circolo vizioso in cui la scuola e il precariato si intrecciano strettamente, mantenendo un sistema dove l’instabilità non dipende solo dalla volontà politica, ma anche da problemi strutturali legati alla formazione obbligatoria e ai costi che ricadono sugli insegnanti.
Il dibattito a roma sul futuro del personale docente
Il dibattito a Roma ha evidenziato che, senza una trasformazione radicale nel modo di assumere il personale e nel riconoscere i diritti di chi insegna, il precariato resterà una piaga difficile da rimuovere. Alcune delle proposte emerse cercano di delineare un percorso per ridurre l’incertezza attorno all’occupazione dei docenti, garantendo continuità educativa e un sistema più equilibrato per insegnanti e studenti.