Il dibattito sul termovalorizzatore continua a dividere il Partito democratico. A Roma, il sindaco dem Roberto Gualtieri ha dato il via alla fase di lavori dell’impianto di Santa Palomba anche con ricorsi al Tar, mentre in altri territori la contrarietà è netta e si allarga da Genova a Lodi, passando per Sicilia e Umbria. Le tensioni riflettono difficoltà tra le pressioni europee, le alleanze politiche con M5s e Avs e il ruolo che il tema rifiuti assume nel rapporto con l’opinione pubblica.
Il caso di roma e santa Palomba tra partenza lavori e dissenso provinciale
A Roma il termovalorizzatore di Santa Palomba ha superato diverse fasi burocratiche per partire con i lavori, nonostante un iter complesso e ricorsi presentati al Tar da gruppi contrari. Il primo cittadino Roberto Gualtieri, espressione diretta del Pd cittadino, ha insistito nell’avanzare il progetto che dovrebbe contribuire a smaltire una parte significativa dei rifiuti della capitale. Questa scelta, tuttavia, non ha mancato di suscitare critiche, soprattutto nella provincia romana, dove comuni come Pomezia hanno manifestato forti lamentele riguardo all’impianto.
Tensioni politiche e sociali a roma
Il conflitto interno si evidenzia nella ruvidezza delle reazioni da parte di attori politici ed esponenti della società civile. Molti sottolineano la discrepanza tra l’esigenza di gestire i rifiuti senza ulteriori discariche e la preoccupazione per l’impatto ambientale e sociale dell’inceneritore. A Roma si registrano alleanze e tensioni, in primis sull’equilibrio da mantenere con M5s e Avs, partiti che storicamente si mostrano più restii nei confronti degli inceneritori. Questo confronto incide sulle strategie a livello nazionale e può indebolire una linea unica del Pd sul tema.
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Il termovalorizzatore di Santa Palomba tratteggia una situazione complessa nel capoluogo, dove la necessità di smaltire rifiuti si scontra con diffidenze diffuse e un quadro politico interno non uniforme. Gualtieri resta il punto fermo di questa scelta, anche se la polemica difficilmente si placherà nel breve periodo.
Genova, umbria e nord italia: i no che emergono nel pd al termovalorizzatore
Al di fuori di Roma, la situazione appare molto diversa. A Genova, la candidata sindaca per Pd e M5s Silvia Salis ha chiarito fin da mesi la sua contrarietà al progetto del termovalorizzatore di Scarpino. Il suo ragionamento si fonda sulla mancata valorizzazione della raccolta differenziata, che nella città ligure resta tra le più basse in Italia. Salis ha criticato l’idea di un impianto sovradimensionato, che rischierebbe di trascurare investimenti sul fronte culturale e sociale necessari a incrementare la raccolta e il riciclo, più efficaci nel lungo termine per gestire i rifiuti.
Posizioni critiche in diverse regioni
Questa posizione, ricalcata anche da esponenti locali, evidenzia una frattura con la linea di Roma e con esponenti del centrodestra che attaccano la scelta di Salis accusandola di volersi accodare ai Cinque Stelle. La critica, tuttavia, rimane concentrata sul valore della differenziata e sulla necessità di puntare a un modello più green e di minor impatto.
Nella regione Umbria, la presidente dem Stefania Proietti ha espresso un netto no agli inceneritori, definendoli “opere inutili e costose”. Il Pd umbro ha reagito in modo critico verso la proposta dell’ultima giunta di destra, puntando sul principio delle tre r: riciclare, riutilizzare e ridurre i rifiuti alla fonte.
Analoghe tensioni si osservano al nord. In Lombardia, dove è presente un terzo dei termovalorizzatori italiani, si registra una contrarietà importante in aree come Lodi e Bergamo. Roberta Vallacchi, consigliera regionale dem, ha contestato l’ampliamento dell’impianto di Castiraga Vidardo per rifiuti pericolosi, affermando che il Lodigiano non deve diventare una discarica. A Bergamo, gli amministratori locali hanno espresso parere negativo sull’inceneritore di Montello, ricordando il rischio di peggiorare la qualità dell’aria in una zona già compromessa. Anche in Piemonte, con la segreteria locale di Asti, il Pd si è opposto a trasformare il territorio in “pattumiera”.
In queste regioni crescono insomma le richieste di ridare priorità a politiche di raccolta differenziata e riciclo, ponendo in discussione l’idea di ampliare o costruire nuovi termovalorizzatori.
La posizione nazionale del pd e le pressioni europee sul ciclo dei rifiuti
Dal punto di vista nazionale il Pd appare diviso e in difficoltà a definire un indirizzo chiaro sul termovalorizzatore. La segretaria Elly Schlein deve mediare fra posizioni del partito, alleanze con M5s e Avs e indicazioni provenienti da Bruxelles. L’Europa richiede di superare le discariche, limitandole al massimo al 10 per cento dei rifiuti, oggi attestati intorno al 18 per cento nel nostro paese. Questo pone la necessità di gestire i rifiuti non riciclabili, e i termovalorizzatori rappresentano una delle vie possibili.
Un parlamentare dem ha spiegato che alcune realtà regionali hanno scelto di adottare tecnologie avanzate per smaltire i rifiuti residui, citando la Lombardia dove l’energia prodotta dagli inceneritori alimenta il teleriscaldamento. In Toscana e Emilia Romagna gli impianti sono parte consolidata del sistema di raccolta e trattamento. Diverso è il caso di Livorno, dove si parla di chiudere l’inceneritore per aprire un impianto di ossicombustione.
L’approccio nazionale cerca quindi di coniugare il rispetto degli obblighi europei con le pressioni interne dei territori e della base politica. Una visione unitaria sembra lontana, con tensioni che si fanno sentire soprattutto in vista delle prossime scadenze elettorali e delle sfide ambientali. Il termovalorizzatore si conferma così un tema delicato e divisivo per il Pd, fra realtà locali distanti e l’ambizione di ridisegnare i sistemi di gestione dei rifiuti in Italia.