Il 2024 segna un’escalation drammatica di violenze contro i bambini coinvolti nei conflitti armati nel mondo. Un report pubblicato il 19 giugno dal segretario generale delle Nazioni Unite mette in luce dati inediti e preoccupanti. Più di 41mila episodi di abusi – tra cui uccisioni, mutilazioni e stupri – sono stati registrati nei primi sei mesi dell’anno, raggiungendo il picco massimo degli ultimi trent’anni. Questo aumento sostanziale mostra come i diritti fondamentali dei minori vengano ignorati in diverse aree di crisi globale.
Violazioni gravi e diffuse: cosa racconta il rapporto onu sui bambini nei conflitti
Il rapporto Onu racconta una situazione allarmante, con un incremento del 25% delle violazioni rispetto all’anno precedente. Questi dati non riguardano solo un’area geografica, ma numerosi paesi entrati in conflitto attivo. Tra i più colpiti, in particolare, ci sono Israele e la Palestina, con un’attenzione speciale alla Striscia di Gaza. Seguono realtà come la Repubblica democratica del Congo, la Somalia, la Nigeria e Haiti, territori dove il diritto internazionale è spesso calpestato in modo sistematico. I minori muoiono, vengono mutilati o subiscono violenze che compromette ogni loro possibilità di crescita serena. Il rapporto evidenzia che migliaia di bambini sono stati privati di assistenza umanitaria e che circa 7.400 sono stati reclutati per combattere in conflitti armati. Le scuole sono diventate obiettivi frequenti di attacchi, con un aumento del 44% rispetto al 2023, mentre stupri e altre violenze sessuali registrano un +34%. La complessità di queste violazioni si aggrava in quei casi dove bambini subiscono più forme di abuso contemporaneamente, un fenomeno cresciuto del 17%. L’uso di armi esplosive in contesti urbani ha causato danni devastanti alle comunità, specialmente alle nuove generazioni che vivono costantemente sotto la minaccia di bombardamenti e ordigni inesplosi.
La detenzione dei minori nei conflitti: un rischio aggiunto per i diritti dei bambini
Un aspetto particolarmente grave sottolineato nel report riguarda i bambini arrestati e detenuti a causa della loro presunta o reale partecipazione a gruppi armati. Sono almeno 3.018 i minori privati della libertà, un numero destinato a impattare profondamente sui loro diritti e sulla loro integrità fisica e psicologica. Le condizioni di detenzione spesso espongono questi bambini a torture, maltrattamenti e violenze sessuali. Paesi come Israele, Palestina, Nigeria, Iraq, Somalia e Libia hanno il maggior numero di casi segnalati. L’invito dell’Onu è quello di adottare alternative alla detenzione che tengano conto dell’età e delle capacità di recupero dei minori, garantendo programmi di reinserimento sociale una volta liberati. La carcerazione, infatti, aggrava la loro vulnerabilità, lasciandoli esposti a ulteriori abusi e limitando l’accesso a ogni possibilità di supporto o educazione.
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Conflitti e diritto allo studio: milioni di bambini tagliati fuori dalla scuola
Il rapporto mette in rilievo quanti bambini perdono la possibilità di frequentare la scuola per via dei conflitti e dell’uso militare degli istituti scolastici. In molti paesi, l’istruzione viene interrotta o negata. Il Sudan, ad esempio, conta oltre 17 milioni di bambini che non possono accedere a un percorso scolastico. La situazione in Afghanistan si distingue per una forma di esclusione particolarmente dura: 2,2 milioni di ragazze sono private del diritto a istruirsi da ormai tre anni, dopo il divieto alle scuole secondarie femminili. La perdita dell’educazione rappresenta una sottrazione importante per quei bambini che dovrebbero invece crescere in un ambiente protetto. Più che mai in situazioni di guerra, la scuola dovrebbe essere un rifugio, ma spesso diventa un altro teatro di violenze. La rappresentante speciale dell’Onu per i bambini nei conflitti, Virginia Gamba, sottolinea come la mancata tutela del diritto allo studio sottragga loro non solo opportunità, ma spensieratezza e dignità.
Qualche segnale positivo: liberazioni e impegni internazionali per i bambini soldato
Nonostante i dati drammatici, il rapporto registra anche qualche risultato incoraggiante. Nel 2024, quasi 16.500 bambini associati a gruppi armati hanno ricevuto protezione e supporto alla reintegrazione. Dal 2005, più di 200mila minori sono stati liberati da ruoli militari o paramilitari. A questa attività si sommano circa 40 impegni presi da parti in conflitto per migliorare la situazione. Questi sforzi si inseriscono nell’ambito della Convenzione sui diritti dell’infanzia, che quest’anno celebra il suo trentacinquesimo anniversario, e del Protocollo opzionale che vieta il reclutamento dei bambini soldato. Dalle parole di Virginia Gamba emerge un appello forte: è necessario agire subito per interrompere la spirale di sofferenza senza ulteriori ritardi.