il colonnello paralimpico carlo calcagni porta speranza ai detenuti di reggio emilia con il progetto liberi art

il colonnello paralimpico carlo calcagni porta speranza ai detenuti di reggio emilia con il progetto liberi art

Carlo Calcagni, ex colonnello dell’esercito italiano e atleta paralimpico, incontra i detenuti di Reggio Emilia per condividere un messaggio di resilienza, speranza e il potere trasformativo dell’arte nel carcere.
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Il colonnello Carlo Calcagni, ex militare e atleta paralimpico, ha incontrato i detenuti di Reggio Emilia per condividere un messaggio di resilienza, speranza e rinascita attraverso lo sport e l’arte, sottolineando il valore della libertà interiore e del cambiamento. - Gaeta.it

Il colonnello Carlo Calcagni, ex militare italiano e atleta paralimpico, ha incontrato i detenuti degli istituti penitenziari di Reggio Emilia per un confronto all’interno del progetto culturale “Liberi Art“. Il suo racconto si apre con un messaggio di resilienza e speranza, nato da un’esperienza personale di grave invalidità e ripresa sportiva. Questo evento ha messo in luce il valore trasformativo dell’arte e del dialogo dentro le mura del carcere, offrendo nuove prospettive ai reclusi.

il percorso di carlo calcagni: dalla missione di pace alla pedana paralimpica

Carlo Calcagni è stato colonnello dell’esercito italiano impegnato in missioni di pace, dove ha contratto gravi patologie invalidanti a causa dell’esposizione all’uranio impoverito. Questa condizione ha cambiato radicalmente la sua vita, costringendolo a confrontarsi ogni giorno con dolore e limitazioni fisiche. Nonostante questo, Calcagni ha scelto di riscoprire la bicicletta, una vecchia passione che è diventata il suo strumento di rinascita.

La rinascita attraverso lo sport paralimpico

Dal momento in cui ha ripreso ad allenarsi, si è affermato come atleta paralimpico di alto livello, conquistando diversi record e medaglie. Il suo impegno sportivo è diventato una forma di testimonianza: dimostra che le difficoltà fisiche non cancellano l’identità della persona. Calcagni racconta che ogni traguardo raggiunto rappresenta un modo per “rialzarsi dopo la caduta, mantenere salda una speranza che va oltre la sofferenza”. Nel suo discorso ai detenuti, collega questo spirito di resilienza anche all’Anno Santo, simbolo di rinnovamento e fede che sta attraversando l’Italia.

la parola di calcagni ai detenuti: “non siamo la nostra sofferenza”

Durante l’incontro intitolato “Il dono della vita”, il colonnello ha stabilito subito un legame con i reclusi aprendo il dialogo sul senso di prigionia. Ha paragonato la percezione del suo corpo malato alla condizione di detenzione vissuta da chi lo ascoltava. Entrambi, ha detto, sono imprigionati in forme diverse: Calcagni in un corpo che gli infligge dolore, i detenuti in una restrizione fisica della libertà.

Ha poi spostato l’attenzione su un concetto chiave della sua esperienza: “la vera libertà non si trova fuori ma dentro, nella mente e nello spirito di ciascuno”. Ha spiegato che si può scegliere di non arrendersi anche quando la realtà appare pesante, trasformandola in speranza con consapevolezza e amore. Questo messaggio è stato accolto con attenzione, ribadendo il potere del cambiamento anche in situazioni critiche. Calcagni ha incoraggiato a guardare la sofferenza senza identificarvisi, per ritrovare un senso che va oltre la condizione mostrata.

scambio umano e simboli di rinascita tra detenuti e calcagni

L’incontro ha avuto momenti di scambio molto intensi. I detenuti hanno chiesto al colonnello della sua vita e del suo passato militare, curiosi e coinvolti nel suo racconto. Hanno voluto omaggiarlo con manufatti realizzati nel laboratorio artistico del carcere: tra questi una miniatura di elicottero, simbolo della sua esperienza in volo, un quadro intitolato “L’immortale” e un delfino intagliato in legno, figura particolarmente significativa per Calcagni.

L’uomo ha spiegato che il delfino rappresenta forza, gioia e rinascita, perché “sa vivere il cambiamento del mare, che può diventare tempesta o culla”. Ricevere un simbolo così bello da mani segnate dalla sofferenza è stato per lui un gesto carico di significato. L’opera artistica si è trasformata in metafora tangibile della forza emotiva possibile anche in contesti difficili, dimostrando quanto l’arte possa farsi strumento di comunicazione e di speranza dentro le carceri.

Il valore trasformativo dell’arte

Carcere e la parola ricerca: un invito a vivere oltre le mura

Carlo Calcagni non è nuovo a incontri in carcere e dice di essere sempre colpito dall’umanità che trova tra i detenuti. Ha riconosciuto nelle persone rinchiuse una forte voglia di confronto, ascolto e di riscattare la propria storia. Una necessità di essere riconosciuti come esseri umani, non come numeri o oggetti marginali della società.

Durante l’incontro ha proposto un gioco di parole che rallegra la sua esperienza e quella dei detenuti: “carcere è anagramma di cercare”. Ricerca continua di un senso, di una strada, di una verità anche dentro la sofferenza. Ha invitato a non fermarsi mai nella ricerca di emozioni, passioni e nella capacità di donarsi senza aspettarsi nulla in cambio. Ha sottolineato l’importanza del perdono verso sé stessi e gli altri come strategia per costruire un nuovo equilibrio.

Il colonnello ha ribadito che, se un tempo il suo compito era salvare vite con l’elicottero, oggi lo fa con il racconto della sua storia. Questa testimonianza punta a far capire che “vale la pena rialzarsi ogni volta, senza mai rassegnarsi”. L’incontro con i detenuti è stato per lui un modo per restituire qualcosa della forza che ha trovato nonostante tutto.

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