Nel quartiere romano del Trullo, è stata inaugurata Casa “Beata Anuarite”, una struttura dedicata all’accoglienza di donne vittime di violenza o in condizioni di particolare difficoltà. L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra la Caritas diocesana di Roma, le suore Francescane ausiliarie laiche missionarie dell’Immacolata e l’Associazione Laicale Missionaria. L’obiettivo è offrire un luogo sicuro dove poter rafforzare l’autonomia e superare traumi, partendo da un supporto concreto e personalizzato.
Una struttura di accoglienza per donne in semiautonomia nel quartiere trullo
Casa “Beata Anuarite” è pensata come una soluzione abitativa in semiautonomia con sei posti disponibili. È attiva dal 2020 e si trova in una parte di Roma segnata da diverse realtà sociali complesse. Le ospiti trovano supporto per acquisire indipendenza abitativa, economica e relazionale. All’interno della casa le donne possono completare percorsi formativi o lavorativi, costruire relazioni e creare una rete sociale di supporto sul territorio.
Un sostegno per superare il trauma
L’intento è quello di aiutare chi ha affrontato violenza o sfruttamento a ricostruire la propria vita, accompagnandole nel superamento del trauma. Al momento Casa “Beata Anuarite” ha accolto 23 donne, 11 solo nel 2024, con una permanenza media di circa dieci mesi. Le nazionalità delle ospiti sono varie, in prevalenza nigeriane, con presenza anche di donne provenienti da Repubblica Democratica del Congo, Senegal, Costa d’Avorio, Somalia, Etiopia, Burkina Faso, Iraq, Tunisia e Siria.
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una dedica alla beata Clementina Anuarite, simbolo di resistenza e fede
La struttura prende il nome da Beata Clementina Anuarite, una giovane suora originaria dell’attuale Repubblica Democratica del Congo. Clementina faceva parte della congregazione delle Suore della Sacra Famiglia e lavorava come insegnante. Nel 1964, durante un periodo di violenze e instabilità politica nel suo paese, fu rapita insieme ad altre consorelle da milizie ribelli.
Resistette con fermezza a un tentativo di abuso, un gesto che le costò la vita. Il suo sacrificio rappresenta una testimonianza di difesa della propria identità, fede e dignità in un momento storico drammatico. L’intitolazione di questa casa alle sue memorie vuole ricordare soprattutto la lotta per i diritti delle donne e il valore della libertà religiosa e personale. La struttura ospita donne rifugiate, vittime di tratta o sfruttamento, spesso costrette a fuggire dai propri paesi per motivi legati al genere, alla religione, all’opinione politica o alla loro appartenenza sociale.
l’inaugurazione con il cardinale Baldo Reina e le realtà promotrici
La cerimonia di inaugurazione si è svolta alla presenza del cardinale vicario di Roma, Baldo Reina, accompagnato dal direttore della Caritas diocesana di Roma, Giustino Trincia, suor Michela Russo, presidente delle Francescane ausiliarie laiche missionarie dell’Immacolata, e suor Clementina Iezzi, già presidente dell’Associazione Laicale Missionaria.
Durante il suo intervento, il cardinale Reina ha sottolineato come la casa rappresenti un’espressione concreta della “fantasia dell’amore” citata da Papa Francesco. Ha spiegato che questo sentimento parte dalla compassione e si traduce in gesti di cura e solidarietà, paragonandolo all’azione del Buon samaritano. Ha evidenziato come questa realtà sia cresciuta grazie all’impegno di chi ha saputo ascoltare e accogliere il bisogno di aiuto di queste donne, trasformandolo in un progetto che dà spazio a tutti e che si fonda sul sostegno reciproco.
Un luogo per ricostruire fiducia e progettare il futuro
La struttura offre quindi non solo un tetto, ma un ambiente in cui ricostruire fiducia, progettare il futuro e trovare nuovi strumenti per affrontare una realtà spesso difficile e dolorosa. In questo modo il lavoro quotidiano di chi opera nella casa si lega a una visione di solidarietà che ha radici profonde nella comunità locale e nella Chiesa di Roma.