I quattro italiani della delegazione lgbt bloccati a tel aviv in attesa di rientrare per il conflitto con l'iran

I quattro italiani della delegazione lgbt bloccati a tel aviv in attesa di rientrare per il conflitto con l’iran

una delegazione europea lgbt, con quattro italiani guidati da marco volante, è bloccata a tel aviv in un hotel-bunker per la chiusura dello spazio aereo israeliano causata dalle tensioni con l’iran.
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Una delegazione europea di attivisti LGBT, tra cui quattro italiani, è bloccata a Tel Aviv in un hotel bunker a causa delle tensioni con l’Iran e della chiusura dello spazio aereo, mentre attende di poter rientrare in sicurezza dopo una visita istituzionale in Israele. - Gaeta.it

Una delegazione europea di attivisti Lgbt, composta da una quarantina di persone tra cui quattro italiani, è rimasta bloccata a Tel Aviv dal 9 giugno, giorno del loro arrivo in Israele. Invitati dal ministero degli Esteri israeliano per una visita istituzionale, il loro soggiorno si è complicato a causa dell’esplosione delle tensioni con l’Iran e la chiusura dello spazio aereo. Ora, la delegazione è ospitata in un hotel dotato di bunker e attende di poter tornare a casa, mentre si svolgono le operazioni diplomatiche per organizzare il rientro in sicurezza.

La vita quotidiana nell’hotel-bunker e le misure di protezione contro gli attacchi missilistici

Il rifugio scelto per la delegazione è un albergo sulla costa di Tel Aviv, vicino al mare. La struttura è attrezzata con bunker antiaerei pensati per proteggere gli ospiti da eventuali attacchi. L’atmosfera, pur sotto minaccia, mantiene tratti di normalità: i delegati possono uscire in piscina e fare brevi passeggiate in spiaggia, persino frequentare qualche pub nei dintorni, anche se sempre con la consapevolezza del pericolo imminente.

I missili cadono in territorio israeliano, e i rumori degli impatti sono chiaramente avvertiti dagli ospiti dell’hotel. Per la sicurezza viene utilizzata un’applicazione sui telefoni personali che segnala in tempo reale i livelli di allarme. Il sistema prevede tre fasi: il primo livello impone di non allontanarsi troppo dal bunker, il secondo invita a prepararsi all’ingresso, e il terzo indica che si dispone di un solo minuto per ripararsi. Quando suona la sirena, tutti devono entrare rapidamente nel rifugio sotterraneo.

Questa routine mette alla prova la concentrazione e la capacità di mantenere la calma, ma il gruppo ha stabilito un equilibrio tra paura e abitudini quotidiane. In effetti, durante le ore diurne, la vita va avanti come può, mentre le sirene interrompono ogni attività per qualche minuto. Lo scenario non è semplice, ma l’hotel garantisce un certo grado di sicurezza e protezione dalle bombe e dai missili.

Testimonianze dirette della delegazione e il valore umano della visita in un contesto di crisi

Marco Volante ha raccontato come la visita, nonostante tutto, abbia avuto un grande significato personale e collettivo per lui e per gli altri partecipanti. Era la sua prima volta in Israele e quel viaggio si era aperto con momenti intensi, come l’incontro a Gerusalemme con gruppi Lgbt e visite guidate che hanno favorito un confronto diretto con la realtà locale, sia sociale che culturale.

La delegazione ha avuto anche l’opportunità di visitare una zona colpita da una tragedia recente, risalente al 7 ottobre. Qui hanno incontrato una giovane sopravvissuta che ha raccontato quanto avvenuto quel giorno, portando un racconto vivo e toccante che ha lasciato un impatto profondo su tutti i presenti. Questo episodio ha aggiunto un’ulteriore consapevolezza al percorso della delegazione.

Quando sono arrivati a Tel Aviv, il contesto già teso è esploso nella guerra. Gli attacchi hanno cambiato rapidamente lo scenario e l’obbligo di rimanere chiusi in albergo ha segnato un’interruzione brusca dei programmi iniziali. Nonostante il confino forzato, i partecipanti hanno mantenuto il contatto tra loro e hanno affrontato insieme la situazione, dimostrando una resistenza collettiva che li ha aiutati a sopportare l’attesa.

Le esperienze raccontate sottolineano il valore della presenza in loco anche in momenti difficili, permettendo agli attivisti di comprendere meglio le dinamiche del conflitto e mantenere un legame diretto con i protagonisti di una realtà complessa e dolorosa.

La presenza italiana nella delegazione gaynet e il quadro del blocco a tel aviv

Tra i circa cento partecipanti alla missione, provenienti da varie parti del mondo come Nord, Centro e Sud America, oltre che dall’Australia, ci sono quattro italiani che costituiscono la rappresentanza nazionale all’interno di GayNet, un’organizzazione europea dedicata ai diritti Lgbt. A guidare il gruppo italiano è Marco Volante, membro della segreteria di GayNet e socio del gruppo politico Sinistra per Israele, che ha raccontato i dettagli della situazione.

Il gruppo è arrivato in Israele su invito ufficiale e ha iniziato la visita con incontri ufficiali e momenti di confronto con attivisti locali Lgbt, oltre a visitare siti simbolici. Tuttavia, a causa della crescente tensione con l’Iran, culminata con la chiusura dello spazio aereo, il loro ritorno si è complicato. Da venerdì scorso la delegazione è bloccata a tempo indeterminato in un hotel di Tel Aviv, luogo scelto per la sua protezione, anche grazie alla presenza di bunker.

Con loro c’è anche una rappresentate dell’ambasciata israeliana a Roma, incaricata di accompagnare e supportare i visitatori. Le autorità israeliane stanno gestendo la sicurezza e stanno facendo il possibile per organizzare il rientro. Volante ha assicurato che, nonostante l’incertezza sulla durata del blocco, il gruppo si trova in una zona considerata la più sicura nei dintorni.

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