Dal concertone del primo maggio 2025 a roma è nata una polemica che ha coinvolto la band milanese patagarri, dopo aver cantato lo slogan “palestina libera” sulle note di “haga nagila”, una canzone della tradizione ebraica. La scelta ha scatenato la reazione dura della comunità ebraica romana e di alcuni politici come maurizio gasparri. Gli artisti hanno poi risposto chiarendo le motivazioni dietro quella performance, sostenendo di aver voluto soprattutto portare attenzione sulla sofferenza civile nel conflitto mediorientale.
Il contesto del concerto e la reazione della comunità ebraica
Il primo maggio 2025, durante l’evento musicale di piazza san giovanni a roma, i patagarri hanno eseguito “haga nagila” modificandone il testo originale, inserendo lo slogan “palestina libera”. Una scelta che ha sorpreso e irritato molte persone. La comunità ebraica della capitale ha espresso il proprio sdegno per l’uso di un canto tradizionale ebraico associato a un messaggio politico così controverso. L’episodio ha sollevato un acceso dibattito sui social e sulla stampa, coinvolgendo anche esponenti politici come maurizio gasparri, che ha definito inaccettabile l’iniziativa musicale.
Un simbolo contestato
Questa reazione sottolinea il delicato rapporto tra simboli culturali e posizioni politiche nei conflitti internazionali. L’utilizzo di “haga nagila”, che di solito celebra la gioia e la comunità ebraica, per trasmettere un messaggio contro la situazione in medio oriente, ha diviso pubblico e critici. Diverse voci hanno evidenziato come questa interpretazione possa risultare offensiva o strumentalizzata, mentre la band ha voluto chiarire che la loro iniziativa non voleva attaccare nessuna popolazione ma solo segnalare una tragedia umana.
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La replica dei patagarri: musica per unire, non per dividere
La band ha usato le proprie stories su instagram per spiegare il senso della loro esibizione. Hanno evidenziato di essere persone sensibili alla morte e alla distruzione, e di aver sempre cercato con la loro musica di costruire ponti tra culture diverse, non divisioni. La loro scelta di suonare “haga nagila” – una melodia ebraica che rappresenta tradizionalmente la gioia della convivenza – ma senza il testo originale, nasce dalla volontà di sottolineare come quella gioia non esista più nella regione mediorientale.
Sofferenza civile al centro
I patagarri hanno voluto raccontare la sofferenza dei civili, soprattutto palestinesi, che pagano il prezzo più alto nel conflitto. La band cita dati di rapporti internazionali che mostrano le conseguenze tragiche della guerra sui morti, feriti e mutilati di questa comunità. Hanno dichiarato che la loro testimonianza non è altro che un richiamo a fatti oggettivi. Per questo rispondono a chi definisce la loro performance “macabra” con la constatazione che quel vero macabro rimane il bombardamento di ospedali e la morte di migliaia di civili innocenti, soprattutto bambini.
Il messaggio contro la retorica dell’antisemitismo
I patagarri denunciano infine la difficoltà di esprimere critiche o richieste di pace senza essere accusati di antisemitismo o di fomentare divisioni. Definiscono questa situazione una “trappola retorica”, dove persino chi desidera la fine della violenza viene etichettato come colpevole di generare odio. La band invita a riflettere sulle parole giuste per chiedere che la guerra cessi, che i bambini non muoiano più e che gli ospedali siano risparmiati.
Ribadiscono che chiedere rispetto per la vita civile non equivale a volere la fine di nessun popolo, e denunciano “sofismi insopportabili” ai quali sono stati sottoposti durante le polemiche. Per loro è importante mettere fine alla spirale di violenze e accuse, che si alimentano a vicenda mentre la sofferenza continua ad allargarsi. Il loro intervento richiama l’attenzione su un dramma umano che spesso resta confinato nelle cronache lontane, ma che ha un impatto profondo sulle persone coinvolte ogni giorno.