La guerra in Ucraina, iniziata nel 2022, inizia a mettere in crisi il sostegno dei Paesi confinanti, che da anni forniscono aiuti e ospitano rifugiati. I cambiamenti politici in Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania, Moldova e Ungheria riflettono un progressivo indebolimento della solidarietà verso Kiev. Le principali cause sono la stanchezza per le conseguenze della guerra, questioni economiche interne e la crescita del populismo. Questi eventi stanno ridisegnando equilibri fondamentali nell’area e potrebbero influenzare le future decisioni a livello europeo e internazionale.
La Polonia: tra tensioni politiche e sostegno divergente all’ucraina
In Polonia, le elezioni hanno evidenziato un cambio di rotta nella leadership politica, nonostante il Partito Diritto e Giustizia rimanga al centro della scena. Karol Nawrocki, eletto presidente, ha manifestato posizioni più critiche verso le aspirazioni ucraine di entrare nella Nato e nell’Unione europea, mettendosi in contrapposizione rispetto al premier Donald Tusk, che invece sostiene ferocemente Kiev. Nawrocki ha richiamato alla memoria i massacri della Volinia, accusando l’Ucraina di “ingratitudine” nei confronti del sostegno polacco durante la guerra.
Nonostante queste tensioni, la maggioranza della politica polacca continua a offrire il proprio supporto, avendo facilitato l’esodo di milioni di rifugiati dall’Ucraina. Tuttavia, le dispute commerciali e le contrapposizioni storiche restano difficili da superare. La vittoria elettorale del PiS nel 2023 lascia una situazione di stallo, dove il sostegno ufficiale non viene abbandonato, ma i motivi di frizione crescono, alimentando un clima di incertezza sulle future scelte di Varsavia.
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L’ungheria e i possibili cambiamenti di linea con l’avvicinarsi delle elezioni del 2026
In Ungheria, il partito di Viktor Orban, al potere dal 2010 con una politica filorussa, potrebbe subire una battuta d’arresto con le elezioni previste per aprile 2026. Peter Magyar, leader del movimento Tisza, ha guadagnato consensi e guida i sondaggi. Sebbene abbia visitato Kiev dopo l’attacco all’ospedale di Okhatdyt, Magyar mantiene posizioni non chiaramente schierate con l’Ucraina.
Per vincere, il suo partito deve attirare gli elettori storici di Fidesz, che negli ultimi quindici anni sono stati abituati a una narrazione filorussa. I risultati del voto non sono certi, anche perchè le elezioni in Ungheria, pur libere, non sono riconosciute come totalmente giuste. Alcuni esperti ipotizzano che Magyar potrebbe trasformare la sua posizione in un sostegno esplicito a Kiev per distinguersi da Orban, ma al momento resta un punto di domanda. Questo possibile cambiamento racconta la fragilità politica interna legata al conflitto ucraino.
Romania e moldova: la resistenza riconquistata ma il populismo cresce
In Romania, la vittoria di Nicusor Dan alle presidenziali ha confermato l’orientamento filo-occidentale del Paese. Dan si trova però di fronte al compito di formare un governo stabile dopo le dimissioni di Marcel Ciolacu, il premier pro Ucraina. Se la nuova coalizione sarà composta da partiti europeisti, la Romania resterà fedele a Nato, Ue e Kiev. Ma il ruolo dell’estrema destra cresce visibilmente.
L’Alleanza per l’unione dei Romani ha raddoppiato i suoi consensi passando dal 9 al 18 percento e ora è il secondo partito in Parlamento. Le sue posizioni sono nettamente contrarie all’aiuto militare e umanitario all’Ucraina, con un sostegno che alcuni sondaggi recenti indicano in ulteriore crescita, oltre il 30 per cento.
Anche in Moldova, dopo il voto presidenziale del novembre 2024 che ha visto la sconfitta del candidato filorusso, la partita non è chiusa. La presidente Maia Sandu, sostenuta dal partito Agisciunea e Solidarietà, di orientamento filo europeo, mantiene la maggioranza parlamentare. Però deve affrontare la sfida elettorale di settembre contro una coalizione guidata da Aleksandr Stoianoglo, che spinge per una politica più neutrale.
Qualora questa coalizione riuscisse a imporsi, la Moldova ridimensionerebbe il suo percorso verso l’Unione europea, mantenendo un atteggiamento più cauto verso Mosca. Restare neutrali significherebbe al momento sospendere o rallentare l’integrazione pro occidentale.
Slovacchia e repubblica ceca: dai fronti pro ucraini al populismo di governo e opposizione
In Slovacchia, il populista Robert Fico, rieletto premier nel 2023, ha invertito la rotta del Paese nei confronti del conflitto. Fino a poco tempo fa, Bratislava era stata tra i primi a fornire aerei militari, sistemi di difesa e altre forniture a Kiev. Ora la posizione slovacca si avvicina a quella di Budapest, adottando una linea più fermamente filorussa, con il blocco degli aiuti militari e minacce di veto sulle prossime sanzioni europee contro Mosca.
Fico ha persino incontrato Putin a Mosca e partecipato ad eventi di propaganda russa, come la parata del 9 maggio in Piazza rossa, mentre altri leader europei hanno scelto di non presenziare. Tuttavia, la sua posizione incontra resistenze anche all’interno della sua stessa coalizione. Il presidente slovacco, Peter Pellegrini, ha criticato apertamente questa linea dura e anticipato una visita a Kiev, provando a riportare il dialogo aperto con l’Ucraina.
Per la Repubblica Ceca, il sostegno a Kiev è stato rilevante fin dall’inizio, soprattutto per l’accoglienza di 400mila rifugiati dal 2022 e la partecipazione nel programma di consegna di munizioni. Ma le elezioni fissate per ottobre prospettano un cambio di governo. Il partito populista Ano, guidato dall’ex premier Andrej Babis, mentre attualmente è all’opposizione, potrebbe tornare alla guida del Paese.
Ano punta a diminuire l’impegno nei confronti dell’Ucraina, opponendosi all’assistenza che, secondo loro, penalizza le famiglie ceche. Il braccio destro di Babis ha commentato perfino che, se al governo, metterebbe fine al programma per le munizioni inviate in Ucraina. La nuova coalizione al potere probabilmente includerà l’Spd di estrema destra e il gruppo comunista Stacilo!, entrambi contrari alle politiche filo Occidente del governo attuale.
La fine di un ciclo politico aperto nel 2022 lascia molti interrogativi sul futuro della solidarietà europea verso l’Ucraina, con Paesi chiave che spingono verso posizioni più neutrali o addirittura vicine a Mosca. Gli sviluppi interni di ogni singolo Stato influenzeranno l’equilibrio regionale e potrebbero rimodellare il corso della crisi, rendendo la situazione sempre più fluida e complessa.