Il fenomeno migratorio a Trieste mantiene un ritmo costante tra il 2024 e il 2025, almeno stando ai numeri ufficiali, ma la situazione reale appare più complessa. Alla pur lieve diminuzione degli sbarchi si accompagna un aumento dei migranti “invisibili”, quelli che sfuggono ai controlli e vivono nascosti in città. La gestione di questi flussi presenta criticità importanti, con ritardi nelle procedure di accoglienza e un ostello pensato per loro che resta incompleto e inutilizzabile. Questi dati emergono dal monitoraggio dell’Ics, Consorzio italiano di solidarietà, diffusi durante la Giornata mondiale dei rifugiati.
La flessione degli arrivi non corrisponde a una diminuzione reale dei migranti in transito
Secondo i dati ufficiali a Trieste, gli sbarchi sono passati da 16.052 migranti nel 2023 a 13.419 nel 2024, con una riduzione intorno al 15-16%. Nel primo trimestre del 2025, poi, i dati indicano 2.971 persone intercettate. A prima vista, potrebbe sembrare un calo significativo, ma l’analisi sul campo di chi opera nel settore racconta un’altra realtà. Gianfranco Schiavone, responsabile dell’Ics, evidenzia che questa flessione non è una vera diminuzione, ma piuttosto la spia di un fenomeno migratorio meno visibile.
Le rotte sempre attive e l’aumento dell’invisibilità
Le rotte balcaniche, frequentate dai migranti diretti verso l’Europa, non si sono prosciugate. Anzi. Il traffico di persone è solo diventato più rapido, organizzato da reti criminali che sanno come far passare i migranti senza farsi notare dalle forze dell’ordine. Si parla dunque di un incremento della invisibilità, che rende più difficile valutare con precisione il flusso. Il dato italiano si può mettere a confronto con quello sloveno, paese di confine che registra simili difficoltà nel rilevare i passaggi irregolari. Questa situazione impedisce di avere numeri certi e obbliga a considerare i dati alla luce di una movimentazione sotterranea.
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Composizione del flusso e presenza di gruppi vulnerabili tra i migranti a trieste
I migranti intercettati presentano caratteristiche diverse tra loro. Nel 2024, 8.355 erano uomini soli, 2.218 minori non accompagnati, 422 nuclei familiari e 539 donne adulte sole. Questi numeri indicano che una parte significativa del movimento riguarda soggetti vulnerabili, soprattutto minori senza la protezione di un adulto. Il tema della tutela di questi ragazzi resta cruciale e richiede interventi mirati e tempestivi. Particolare attenzione deve esserci anche per le donne sole, spesso esposte a rischi maggiori durante la traversata e l’arrivo.
I nuclei familiari rappresentano una quota minore del totale, ma sono comunque presenti e necessitano di forme di accoglienza adatte a gruppi con esigenze specifiche, come spazi idonei e servizi di supporto. La presenza così articolata nel flusso rende la gestione ancora più complessa, poiché ogni categoria di migrante ha bisogno di un’assistenza differenziata e di percorsi di accesso adatti. Questo spiega parte delle difficoltà riscontrate nelle strutture e nelle procedure.
Gruppi vulnerabili e necessità di percorsi specifici
Le particolari esigenze di minori non accompagnati e donne sole richiedono interventi specializzati. La presenza di nuclei familiari, sebbene più ridotta, impone la disponibilità di spazi adeguati e servizi dedicati.
Lentezze e disorganizzazione istituzionale nella gestione dei migranti a trieste
Uno dei nodi più critici è la lentezza e la disorganizzazione che caratterizzano la risposta istituzionale. Schiavone denuncia che le procedure, spesso, arrivano a durare almeno quindici giorni più del necessario. In questo lasso di tempo le persone rimangono senza alcuna assistenza, senza neanche poter accedere ai servizi base. Queste condizioni lasciano i migranti alla mercé di sé stessi, costretti a cercare riparo in luoghi di fortuna o spazi abbandonati in città.
L’ex Porto Vecchio, zona semi-deserta e industriale, è citato come luogo dove molti di loro trovano rifugio momentaneo. Questi spazi, lontani da centri di accoglienza e dai servizi, aumentano il rischio di marginalizzazione e di condizioni di vita degradate. L’assenza di un coordinamento rapido genera così situazioni di abbandono che possono sfociare in emergenze sociali e umanitarie.
Rifugi improvvisati e marginalizzazione
Gli spazi abbandonati come l’ex Porto Vecchio diventano luoghi di rifugio, ma al contempo aumentano i rischi legati alla mancanza di assistenza e sostegno.
I problemi legati all’ostello per migranti: una struttura incompleta e inutilizzabile
Un ulteriore problema è rappresentato dall’ostello destinato a ospitare i migranti appena arrivati. La struttura avrebbe dovuto alleviare la pressione sui centri di accoglienza già attivi in città. Invece, i lavori di adeguamento e sistemazione non sono stati compiuti, e l’ostello resta in condizioni precarie e inutilizzabile. Questo crea un vuoto nell’accoglienza che si riflette direttamente sul numero di persone lasciate senza un luogo dove sostare in maniera dignitosa.
La mancata realizzazione di interventi edilizi e organizzativi nel vicino ostello conferma la carenza di coordinamento tra le diverse istituzioni coinvolte nel processo di accoglienza. Senza queste risorse, i migranti che arrivano a Trieste faticano a trovare un punto di riferimento, restano più esposti e più invisibili alla rete di assistenza. Nell’attuale contesto, questa carenza aggrava le difficoltà di chi si trova già in una condizione di estrema vulnerabilità.