Negli ultimi mesi i lavoratori dell’azienda Emmegi, situata a Cassano d’Adda nel milanese, hanno denunciato condizioni di lavoro difficili a causa delle alte temperature presenti nei capannoni. Le proteste si sono concretizzate in uno sciopero che ha visto il coinvolgimento diretto dei dipendenti e dei sindacati, in particolare la Fiom, evidenziando una situazione di disagio che si trascina ormai da settimane.
Le condizioni di lavoro nei capannoni e la protesta dei lavoratori
I dipendenti della Emmegi hanno segnalato temperature fino a 36,5 gradi all’interno dei capannoni in cui operano. Questi ambienti vicino ai 40° rendono il lavoro faticoso e a volte rischioso per la salute. Già da qualche mese, i lavoratori hanno avviato una mobilitazione continua, culminata con uno sciopero giovedì mattina dedicato proprio al tema del caldo estremo. La critica principale riguarda l’assenza di adeguate condizioni climatiche per svolgere le attività, che secondo i dipendenti impediscono di lavorare serenamente e in sicurezza.
La produzione di scambiatori di calore, attività principale dell’azienda, si svolge in ambienti chiusi con scarsa ventilazione. L’elevata temperatura sembra compromettere l’efficienza della manodopera e la sicurezza, un aspetto messo in evidenza dai lavoratori ma anche dai sindacati coinvolti. Lo sciopero, non il primo legato a questa problematica, ha fatto emergere una crescente tensione tra i dipendenti e l’azienda, con il rischio di far degenerare ulteriormente il clima nel luogo di lavoro.
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La versione dell’azienda e il confronto sui dati termici
L’azienda Emmegi ha risposto alle accuse sostenendo che le condizioni di lavoro rispettano i limiti previsti dalla normativa vigente. Secondo la direzione, le temperature in capannone hanno raggiunto al massimo i 32 gradi, una soglia ritenuta accettabile per le attività svolte. Questa differenza di dati termici con quelli forniti dai lavoratori alimenta il confronto acceso tra le parti. Da un lato c’è una Fiom che parla di situazioni “impossibili da sopportare” per il caldo torrido, dall’altro l’azienda che respinge le critiche e si assicura di essere in regola.
Le misurazioni della temperatura al centro della disputa non sono state ancora ufficialmente validate da enti esterni né confermate da ispezioni pubbliche note. Lo scontro si concentra sul riconoscimento o meno di un rischio reale per i dipendenti, un fatto cruciale per capire se servano interventi immediati a tutela della salute sul posto di lavoro.
Le norme regionali sul lavoro e il dibattito sulle condizioni nei capannoni industriali
L’attenzione sulle temperature in ambiente lavorativo non riguarda solo la Emmegi. Nelle ultime settimane la Regione Lombardia ha emesso un provvedimento diretto a limitare le attività lavorative all’aperto durante le ore più calde della giornata, soprattutto per cantieri e agricoltura. Il decreto punta a evitare che il caldo estremo provochi problemi di salute ai lavoratori impegnati fuori.
I sindacati hanno però sottolineato come il disagio colpisca anche molti capannoni industriali. L’iniziativa regionale, per loro, andrebbe estesa anche ai luoghi chiusi dove i sistemi di aerazione o raffrescamento non garantiscono una temperatura adeguata. La discussione sulle condizioni di lavoro nei reparti interni prende così corpo sul fronte politico e sindacale, con richieste di maggior controllo e interventi mirati. La vicenda Emmegi si inserisce proprio in questo contesto più ampio, diventando un caso simbolo delle difficoltà che alcuni lavoratori affrontano nei mesi più caldi dell’anno all’interno di fabbriche e stabilimenti.
Il confronto acceso tra diritto alla sicurezza e rispetto delle normative
Quel che emerge è un confronto acceso tra diritto alla sicurezza sul posto di lavoro e rispetto delle normative esistenti, con i lavoratori che spingono per una revisione delle regole e maggior tutela dall’ambiente interno troppo caldo. La mobilitazione di Cassano d’Adda continua a far sentire la sua voce in attesa di sviluppi.