Le tensioni commerciali tra Stati Uniti ed Europa riguardano da vicino le aziende e il mercato globale. Il presidente Trump ha rilanciato minacce di tariffe fino al 30%, ma la credibilità di queste misure appare discutibile. L’Europa si trova a dover definire una linea chiara e decisa per difendere le proprie esportazioni e i propri interessi economici. Vediamo cosa emerge dalle dichiarazioni di Lorenzo Bini Smaghi, economista e presidente di Société Générale, che spiega i retroscena e le possibili mosse.
L’impatto reale dei dazi al 30% sul commercio europeo
Le dichiarazioni di Trump che paventano l’introduzione di dazi fino al 30% sull’import-export con l’Europa avrebbero conseguenze serie. Un aumento di questa portata colpirebbe duramente il flusso commerciale tra due pesi massimi economici e avrebbe ricadute negative sull’intera economia mondiale. Bini Smaghi definisce questa operazione più come una tattica negoziale che una minaccia concreta. Per ora i mercati non sembrano prendere sul serio l’ipotesi di tariffe così elevate, supponendo un aggiustamento finale più modesto, intorno al 10%.
La percezione però non deve far abbassare la guardia. Anche un 10% di dazi andrebbe a colpire inesorabilmente le esportazioni europee, danneggiando settori produttivi e occupazionali. Questo livello già comporterebbe conseguenze economiche negative e difficilmente potrebbe essere accettato senza reazioni. Intanto, la strategia di Trump pare delineata: non si tratta di una richiesta isolata, ma della prima di una serie di pressioni commerciali che l’Europa deve guardare con attenzione.
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Lo scenario negoziale tra europa e stati uniti
Il tentativo di Trump sembra puntare a dividere i tavoli delle trattative: commercio, fiscalità e difesa vengono trattati separatamente per ottenere vantaggi mirati. L’ha confermato la recente decisione europea di aumentare le spese militari e di accettare esenzioni riguardo la tassazione minima globale sulle multinazionali americane. Ma la controparte americana non ha frenato, e la lettera che minaccia i dazi al 30% ne è la prova.
Secondo Bini Smaghi, gli europei non devono puntare a soddisfare le richieste di Trump, perché questo alimenterebbe un circolo vizioso. La presidenza americana sembrerebbe disposta a fare richieste successive, incrementando la pressione su vari settori, dalla tecnologia all’agricoltura. L’obiettivo di Trump rimane mantenere e rafforzare la supremazia americana in settori strategici come quello tecnologico, anche a scapito delle imprese europee.
Quali sono le prospettive sulle misure di ritorsione europee
Bruxelles ha già preparato una lista di prodotti e settori su cui applicare dazi di risposta in caso di tariffe americane. A differenza degli Stati Uniti, l’Europa adotta un approccio selettivo, impostando contromisure solo su prodotti per cui il mercato europeo offre alternative e meno dipendenza. Questa strategia mira a limitare i danni all’economia europea, colpendo invece aziende americane fortemente esposte.
Esempi di questo tipo di azioni sono già avvenuti negli anni passati, con tariffe su motociclette Harley Davidson o prodotti agricoli come soia e jeans di alta gamma. L’approccio europeo si basa su interventi mirati, capaci di far male in modo asimmetrico agli Stati Uniti senza danneggiare troppo i consumatori o produttori europei.
Il ruolo della chiarezza nelle trattative commerciali
Il punto cruciale nella gestione di questa crisi sta nella chiarezza dei propri obiettivi. La confusione faticosa tra la richiesta di dazi zero e la disponibilità a un 10% invia segnali contraddittori. Trump utilizza proprio queste ambiguità per rilanciare ulteriori richieste e mettere ulteriormente sotto pressione l’Europa. La Cina ha dimostrato di adottare posizioni più ferme nei confronti degli USA, mentre l’Europa sembra oscillare.
Per questo europeo serve un atteggiamento risoluto e la capacità di mostrare le proprie carte, forse anche rischiando di ‘mettere la pistola sul tavolo’. Solo così può limitare le richieste USA e cercare un accordo più equilibrato.
La questione delle big tech e l’impatto fiscale
Un tema centrale e particolarmente delicato riguarda la tassazione sulle grandi aziende tecnologiche. Trump ha ridotto le tasse sulle imprese per rafforzare i giganti americani del settore e adesso cerca di impedire all’Europa di applicare imposte simili alle aziende straniere. La decisione europea di escludere le big tech dalla tassazione minima globale ha lasciato molti perplessi. Per l’equità fiscale e l’equilibrio della competizione, sarebbe opportuno rivedere questa esclusione finché non si raggiunge un’intesa internazionale definitiva.
La battaglia sulle tasse sulle multinazionali è uno snodo economico e politico che coinvolge da vicino le strategie di potere globale tra USA, Europa e altri attori.
L’europa deve diversificare i mercati per evitare ricatti commerciali
La reazione dell’Europa alle minacce commerciali non può limitarsi alla difesa dalle tariffe americane. L’ampia apertura verso nuovi mercati è un passaggio necessario. La ratifica dell’accordo con il Mercosur rappresenta un primo passo per ampliare le opportunità commerciali. Anche l’Asia va considerata con attenzione per sviluppare nuovi accordi e contrappesare la pressione di USA e Cina.
L’Europa deve ragionare in termini di ‘de-risking’, cioè ridurre la propria dipendenza sia dagli Stati Uniti che dalla Cina. Entrambe le potenze usano strumenti commerciali come tariffe, sussidi e minacce per tentare di ottenere vantaggi politici ed economici. La strategia europea mira a aumentare la propria autonomia e capacità di scelta negli scambi internazionali.
Negoziare con gli stati uniti: la forza di una posizione unitaria
La tentazione di vari paesi europei di trattare singolarmente con Washington può rappresentare un errore strategico. L’economia americana è molto più grande di quella italiana o di altre economie europee di medie dimensioni. Una trattativa bilaterale rischierebbe di condurre a condizioni poco favorevoli.
Il surplus commerciale europeo con gli Stati Uniti, tra i più alti a livello mondiale, conferma l’importanza di una risposta europea unita e coordinata. Solo così si può sostenere una posizione di forza nelle trattative e proteggere i propri interessi senza subire pressioni separate che indebolirebbero la capacità di negoziazione.
Le limitazioni del quantitative easing e il ruolo della bce
Il ministro degli Esteri italiano ha suggerito un nuovo quantitative easing per sostenere le imprese europee, un’idea che solleva domande sul ruolo attuale della Banca Centrale Europea. Bini Smaghi ricorda che la BCE ha come mandato fondamentale la stabilità dei prezzi, obiettivo già raggiunto con tassi di interesse bassi.
Gli interventi di quantitative easing servono soprattutto in situazioni di deflazione, quando i prezzi tendono a calare su larga scala. Al momento la situazione economica non sembra rientrare in questo quadro, dunque attivare ulteriori misure di questo tipo potrebbe non essere adatto. Il ruolo della BCE resta delicato e legato a una gestione attenta della politica monetaria in un contesto internazionale complesso.